2022-01-13
Una «regia unica» dietro la frode. Ecco chi sono i big sott’inchiesta
Nei guai l’ex ad del gruppo oggi controllato dagli Agnelli, il direttore generale e i vertici delle risorse umane. Le mail incastrano una dirigente: continuava ad autorizzare le note spese dopo il demansionamento fittizio.I quattro indagati che avrebbero orchestrato le truffe per Gedi, a leggere gli atti dell’accusa, sono pezzi da 90. C’è la pluricitata (nel decreto di sequestro, dove il suo nome compare 55 volte) Monica Mondardini, ex ad di Gedi e già presidente del Cda della Manzoni spa, la concessionaria pubblicitaria del gruppo, romagnola, 61 anni, ha cominciato a occuparsi di editoria nel lontano 1985 con il gruppo editoriale Fabbri, poi in Hachette e, dal 2009 al gruppo Espresso, poi diventato Gedi, del quale è stata amministratore delegato fino ad aprile 2018. C’è una voce col suo nome perfino nell’enciclopedia Treccani, dove viene indicata come dirigente d’azienda italiana. Ha continuato a lavorare per il Gruppo Cir, del quale è amministratore delegato. E c’è Corrado Corradi, 60 anni, direttore generale di Gedi, divisione stampa nazionale, incarico che ricopre dal 2011. Sul sito web di Gedi (nel gruppo è entrato nel 1991) è presente la sua biografia. Il terzo uomo è Roberto Moro, 64 anni, capo delle risorse umane, proviene da Fiat. È entrato nel gruppo Espresso nel 2000, da responsabile del personale della capogruppo e di Kataweb. I tre risultano domiciliati presso Gedi, dove ricevono le notifiche. Romeo Marrocchio, 56 anni, è l’unico dei quattro che ha lasciato il gruppo. Fino al 31 dicembre 2017 era il vice responsabile delle risorse umane. Poi è passato al Gruppo 24 Ore, dove ricopre la carica di responsabile del personale della direzione generale commerciale. Anche lui proveniva da Fiat auto, dove per un decennio si è occupato di relazioni sindacali e del contenzioso giuslavoristico. Il gip Andrea Fanelli nella parte finale del decreto parla «dell’esistenza di un’unica regia in capo ai quattro», alla base «del sistema fraudolento». Ci sono altri 13 manager Gedi che la Procura, a vario titolo, considera coinvolti nella truffa. Quattro di loro risultano essere ancora dirigenti del gruppo anche con il nuovo assetto societario. Massimo Ghedini è ad della Manzoni, stessa azienda in cui Giulio Enrico Pozzetto è ancora a capo delle risorse umane. Fabiano Begal compare sul sito aziendale come ad di Gedi news, mentre Carlo Ottino è indicato a capo delle radio del gruppo. Altri due si sono rimessi sul mercato: Fabio Domenico Vaccarono, che per un periodo è stato vice presidente di Google Italia, mentre Marco Moroni è rimasto nel settore dell’editoria, andando a sedere sulla poltrona di amministratore delegato di Class Editori. Tre di loro invece ricoprono il doppio ruolo di presunti autori della truffa e di prepensionati, Francesco Artioli, già direttore generale di Seta spa, un tempo editrice dei quotidiani Alto Adige e Trentino, Alessandro Rocca, dirigente del gruppo Gedi demansionato e prepensionato, e Roberto Coccia, già responsabile del settore contenzioso del Gruppo Espresso, poi a capo dell’ufficio del personale. In totale i prepensionati indagati sono 80. Ben 16 sono ex dirigenti, demansionati o trasferiti per poter accedere al beneficio dell’assegno anticipato.Il caso più emblematico per i magistrati è quello di Barbara Laura Giulia Rossi, dirigente della concessionaria di pubblicità del gruppo, la Manzoni. La donna era direttore del settore Amministrazione finanza e controllo, ma dall’1 maggio 2014 era stata declassata a quadro. Una beffa proprio nel giorno della festa dei lavoratori. Nell’accordo di conciliazione, annotano i magistrati, viene spiegato che il demansionamento «sarebbe stato causato dalla grave crisi economica del settore, che avrebbe portato a un “riassetto organizzativo” della società finalizzato al contenimento dei costi, con la necessaria conseguenza di sopprimere la di lei posizione lavorativa di direttore». Posizione che, però, secondo quanto accertato, non solo non sarebbe mai stata soppressa, ma formalmente affidata a una dipendente che fino a quel giorno era nella struttura della Rossi. E, così, le toghe hanno annotato: «La stessa Direzione risultava affidata a Paola Bietti, la quale […] era “sottoposto” della stessa Rossi». Che pur non essendo più a capo della struttura avrebbe però continuato ad approvare le note spese, anche della Bietti, come risulta da cinque mail acquisite dagli ispettori del lavoro e tutte inviate nell’estate del 2014, dopo il passaggio a quadro della Rossi.La donna negli otto mesi da funzionario ha portato a casa una media di 22.780 euro lordi al mese, contro i 14.165 precedenti. Certo pure negli anni precedenti, anche grazie alle stock option, non le era andata male: nel 2012, aveva dichiarato 203.000 euro di reddito e 218.000 l’anno successivo. Nel 2014 ha mantenuto benefit rilevanti, quali l’auto e il cellulare aziendale, l’assicurazione vita, infortuni e sanitaria «nonché la prosecuzione della facoltà di sottoscrizione dei piani di stock option e di conversione dei piani di stock grant fino al perdurare del rapporto di lavoro dipendente».Nonostante la conciliazione, prima del prepensionamento a 58 anni, nel gennaio del 2015, la manager ha incassato un ulteriore «incentivo all’esodo» da 651.000 euro, a cui ha aggiunto una transazione da 14.000.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.