2020-10-24
Un audio infiamma il caso Azzolina: «Segnali positivi contro i ricorsi»
Il concorso per presidi in cui fu promosso anche il ministro è finito al Consiglio di Stato: molti candidati erano impreparati. Il dibattimento dovrebbe restare segreto, invece filtrano indiscrezioni sfavorevoli ai ricorrenti. Un audio scuote l'albero delle polemiche sul concorso 2018-19 per presidi, cui ha preso parte anche Lucia Azzolina, ministro grillino dell'Istruzione. E nuove denunce sono in arrivo sul tavolo delle Procure che indagano sul concorso. Se veritiero, infatti, l'audio proietterebbe ombre inquietanti sulla vicenda giudiziaria che da quell'esame è scaturita. I risultati del concorso sono stati infatti contestati da molti tra i bocciati, che hanno presentato un esposto e così aperto sei inchieste penali, in corso in altrettante città, da Roma a Catania. I mancati presidi hanno fatto ricorso anche al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, e chiesto l'annullamento del concorso. L'elenco delle irregolarità denunciate, basate su 400 elaborati di vincitori resi pubblici dall'ex ministro Lorenzo Fioramonti, è lungo: molti punteggi sembrano «gonfiati», e voti positivi sarebbero stati dati a risposte mai scritte. Inoltre, i candidati della Sardegna sono stati avvantaggiati dall'anomalo ritardo di due mesi con cui s'è svolta la loro prova scritta. E tre commissari avrebbero violato le regole e agito in conflitto d'interessi: prima dell'esame, infatti, hanno svolto corsi di formazione dei candidati, con l'evidente rischio di favoritismi. Nel 2019 il Tar ha accolto buona parte delle lamentele e - fatto inusitato - ha annullato il concorso, ordinando la pubblicità di tutti gli elaborati dei vincitori, che sono migliaia. Ma il ministero della Pubblica istruzione s'è rifiutato e s'è opposto anche all'annullamento davanti al Consiglio di Stato. Il supremo organo della giustizia amministrativa nel luglio 2019 ha sospeso gli effetti della sentenza del Tar, rinviando al 15 ottobre 2020 l'udienza per decidere sul merito della questione. Da quel momento, la polemica sullo scandalo del concorso presidi ha continuato a montare perché s'è scoperto che Lucia Azzolina ha svolto l'esame in Sardegna ed è tra i vincitori. All'epoca, Azzolina era un semplice deputato in commissione Cultura. Ma da allora ha fatto una veloce carriera: nel settembre 2019 è divenuta sottosegretario alla Pubblica istruzione e dal gennaio 2020 è ministro. Il problema, insomma, è che da quasi un anno il ministero della Pubblica istruzione nega ogni trasparenza su un concorso vinto dal suo più alto rappresentante. Azzolina, per di più, è stata pubblicamente accusata di scarsa preparazione da uno dei suoi stessi esaminatori d'esame, il filologo Massimo Arcangeli. Il quale pochi giorni fa ha confermato alla Verità che all'orale il futuro ministro aveva meritato «zero in informatica e 5 su 12 in inglese», aggiungendo di non aver mai «incontrato candidati tanto impreparati» nella sua lunga esperienza.Il 15 ottobre, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha tenuto udienza per ascoltare le due parti, gli avvocati dei presidi bocciati e l'avvocatura dello Stato per conto del ministero. Da allora i giudici sono riuniti nel segreto della camera di consiglio per il verdetto finale sull'annullamento del concorso. Ed è a questo punto che scoppia il caso dell'audio. Il file è stato «postato» domenica scorsa sull'applicazione di messaggistica pubblica Telegram di un gruppo collegato al sindacato Dirigentiscuola. Presieduta da Attilio Fratta, Dirigentiscuola dal 2019 è schierata a fianco del ministero nel tentativo di bloccare i ricorsi dei presidi bocciati al Tar e al Consiglio di Stato. Alcuni concorrenti bocciati sono entrati in possesso dell'audio, e hanno immediatamente presentato nuovi esposti perché, sostengono, apre squarci su possibili interferenze indebite sulla decisione. Secondo gli esposti, infatti, nell'audio si sente la voce di Fratta che spiega quanto starebbe accadendo nella camera di consiglio della sesta sezione del Consiglio di Stato. In teoria, e per legge, dovrebbe essere chiusa, segreta, blindata. Invece Fratta informa il gruppo su «messaggi che io ricevo, e che chiaramente sono in via riservata e non li posso dire». Specifica anche che lui non parla «con l'ultimo arrivato, eh?», e che le sue fonti sarebbero «il capo dipartimento» e «l'avvocato che segue il ricorso da parte dell'Avvocatura»: insomma, i vertici della Pubblica istruzione e l'avvocato dello Stato, i diretti avversari dei ricorrenti. «Loro», prosegue Fratta, «vedono la cosa in senso positivo: hanno avuto segnali di fumo…». Fratta suggerisce prudenza, ma avverte che «i segnali sono po-si-ti-vi». Infine invita tutti alla riservatezza, «perché ci sono un sacco di nemici», ma spiega che «al ministero stanno tranquilli. Chiaro? Non posso andare oltre, mi sono già spinto molto soltanto per tranquillizzarvi…». Se le dichiarazioni di Fratta dovessero corrispondere al vero, segnalerebbero una fuga di notizie a dir poco anomala. Proprio la sesta sezione del Consiglio di Stato nel luglio 2016 (sentenza numero 3303) ha stabilito che «il principio di segretezza esclude che le parti abbiano il diritto di essere informate non solo del contenuto, ma anche delle modalità di svolgimento della decisione, sotto il profilo temporale o del numero delle camere di consiglio che si rendono necessarie per completare la deliberazione». La sentenza ha sottolineato che «la segretezza evidentemente vale non solo nei confronti del pubblico, ma soprattutto nei confronti delle parti, al fine di assicurare la libertà della decisione». Si vedrà. Le nuove denunce, intanto, già planano sul tavolo degli inquirenti. E la polemica sul concorso-scandalo e sul ministro Azzolina, inevitabilmente, cresce.
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