2022-04-21
L’Ue prepara il suicidio. La Germania resiste
Olaf Scholz (Getty Images)
Verso il sesto giro di sanzioni: gas e petrolio. Berlino spaccata dalle pressioni Usa sull’invio di armi.Olaf Scholz è criticato da Usa e avversari interni perché accusato di scarso entusiasmo nel sostegno a Kiev e di non aver fornito armi pesanti. Battaglia sull’embargo su petrolio e gas: industriali e sindacati contrari.Lo speciale contiene due articoli.Ormai ci siamo. È solo questione di tempo. Petrolio e gas importati dalla Russia erano entrati nel mirino della Commissione Ue già in occasione della discussione del quinto pacchetto di sanzioni il 6 aprile scorso. A giudicare dai molteplici commenti succedutisi nelle ultime 24 ore, è ormai certo che il sesto pacchetto di sanzioni riguarderà il petrolio russo. Resta solo da determinare il come ed il quando, ed è proprio su questi due aspetti - niente affatto marginali - che si sta giocando una complessa partita diplomatica sia internamente alla Ue che nei rapporti tra Bruxelles e Kiev, le cui pressioni in questo senso non sono da tempo un mistero. La deputata ucraina Maria Mezentseva, in audizione davanti alla commissione Affari esteri dell’europarlamento, ieri ha parlato di «modello Italia», per evidenziare il piglio deciso di Roma nell’affrancarsi dalla fornitura russa di gas e petrolio. Il fatto che ormai sia stata imboccata con decisione la strada dell’embargo sul petrolio è stato confermato, sempre nella stessa audizione, anche da Ivo Schmidt, della Dg Energia della Commissione Ue, secondo il quale «il petrolio sarà sicuramente parte del sesto pacchetto delle sanzioni. L’impatto sarebbe enorme sulla Russia, secondo esportatore dopo l’Arabia Saudita nel mondo […] bisogna tenere conto delle specificità degli Stati membri, delle dipendenze che hanno in termini energetici, per evitare impatti sproporzionati una volta che saranno introdotte le sanzioni».A ulteriore conferma del fatto che la discussione sull’embargo del petrolio russo sia salita di livello, e sia ormai nella fase in cui si stanno declinando le modalità operative, è arrivata la visita del presidente del Consiglio europeo Charles Michel a Kiev, che ha visto in cima all’agenda dei colloqui con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky proprio il prossimo pacchetto di sanzioni. Al termine, Zelensky, ove mai non fosse stato già chiaro nei giorni scorsi, ha ribadito la richiesta di embargo totale sulle fonti energetiche russe da adottarsi con il prossimo pacchetto di sanzioni.Nelle stesse ore il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, insieme al ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e all’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, hanno cominciato la loro missione in Angola e Congo alla ricerca di fornitori alternativi di gas. Ma, stando alla stessa nota ufficiale della Farnesina, ciò che riusciranno a portare a casa da Luanda, sarà la firma di una dichiarazione d’intenti che fornirà la cornice giuridica sia per attività di sviluppo del settore del gas naturale sia per progetti congiunti a favore della decarbonizzazione e transizione energetica dell’Angola. Scenario analogo a quello che si prospetta a Brazzaville dove firmeranno altri accordi, con una dichiarazione d’intenti sulla cooperazione rafforzata in ambito energetico tra Italia e Congo. Come si vede, si tratta in ogni caso di soluzioni efficaci nel medio-lungo periodo, mentre l’embargo al gas russo rischia di scattare tra poche settimane, evidenziando così una sfasatura cronologica tra problema e soluzione che ancora non trova risposta. La momentanea indisposizione del presidente Mario Draghi è giunta provvidenziale a sollevarlo dall’imbarazzo di tornare a Roma con generiche dichiarazioni di intenti.Le sanzioni in preparazione non si fermano al petrolio. Stando alle fonti riportare dalle Reuters, si sta ragionando sull’esclusione dal circuito Swift dei due giganti del credito russo Sberbank e Gazpromneft, lo stop all’importazione del combustibile per le centrali nucleari (essenziali per gli impianti di Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), l’oscuramento di ulteriori canali di notizie russi, la sospensione dei visti per i russi, e l’aggiunta di altre personalità ed aziende vicine al Cremlino, alla lista dei soggetti già banditi all’inizio della guerra.Nessuna di queste proposte è stata ancora formalizzata - riferiscono fonti della Commissione - ed è in corso una attenta e dettagliata valutazione di impatto da parte della Commissione che non si è ancora impegnata per una data entro cui definire la proposta. È noto che, sin dal precedente pacchetto di sanzioni, è stata la Germania a opporsi a Paesi come Polonia e Paesi baltici, che volevano immediatamente imporre l’embargo sul petrolio. Ora pare che la linea di difesa della Germania - alla quale la Russia fornisce circa 1/3 del petrolio in arrivo - sia arretrata sui tempi graduali da adottarsi per l’embargo. Una strategia già adottata in occasione del blocco degli acquisti di carbone, che prevedono un periodo transitorio prolungato dai tedeschi fino ad agosto.Di fronte a questa deriva ormai inarrestabile che sta portando a togliere ai russi una rilevante fonte di reddito, la prudenza della Commissione è emblematica del fatto che una cosa è impedire agli europei di mangiare vodka e caviale, ben altro è privare la manifattura di input essenziali. Tanto più che nessuno ha risposte certe sul rapporto costi/benefici a favore di chi sanziona e, soprattutto, sull’efficacia di tali misure al fine di terminare la guerra. E se la prolungassero?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ue-prepara-suicidio-germania-resiste-2657189616.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="germania-sullorlo-della-crisi-politica-scholz-e-troppo-morbido-con-putin" data-post-id="2657189616" data-published-at="1650532286" data-use-pagination="False"> Germania sull’orlo della crisi politica: «Scholz è troppo morbido con Putin» Il governo tedesco si trova in un momento molto difficile. La maggioranza semaforo che lo sostiene, composta dai tre partiti alleati socialdemocratici, liberali e verdi, è alle prese con le forti pressioni americane per un immediato embargo su petrolio e gas proveniente dalla Russia. Il cancelliere Olaf Scholz ha sinora respinto questa ipotesi, ma la sua posizione si va facendo via via più difficile. Scholz è criticato aspramente, in Germania come all’estero, dai partiti e dall’opinione pubblica perché accusato di scarso entusiasmo nel sostegno all’Ucraina, per non aver fornito armi pesanti all’Ucraina e per rifiutare l’embargo su petrolio e gas. Nei giorni scorsi il Cancelliere ha tenuto una conferenza stampa in cui ha ribadito la posizione del suo governo: gli 80 milioni di euro di armamenti già inviati all’Ucraina sono tutto ciò che può fare la Germania, no all’embargo su gas e petrolio, la Russia non vincerà la guerra. La conferenza stampa, definita «vuota» da gran parte della stampa, ha ottenuto l’effetto di rafforzare le critiche di immobilismo. Le pressioni incrociate sul governo sono molto forti: da una parte gli Usa e l’opinione pubblica, dall’altra il complesso finanziario-industriale tedesco e i militari. Nei giorni scorsi, Bdi, la potente associazione degli industriali teutonici, e Dgb, la confederazione dei sindacati, in una nota congiunta hanno invitato il Cancelliere a resistere alle pressioni, paventando una disastrosa de-industrializzazione della Germania nel caso di un avvio dell’embargo. Nelle settimane passate erano scesi in campo gli amministratori delegati di grandi aziende come Basf e Thyssenkrupp, rilasciando interviste allarmate sul tema dell’embargo. A ciò ha risposto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha parlato due giorni fa alla Bbc e non ha certo risparmiato le critiche: «Non capiamo come si possano fare affari sul sangue, purtroppo alcuni Paesi lo stanno facendo, Paesi europei... Sappiamo che la proposta di embargo sul petrolio è bloccata da Ungheria e Germania». Intanto, per non sbagliare, il governo tedesco ha stanziato nelle scorse settimane circa 100 miliardi di euro per aiuti alle imprese colpite dalle conseguenze della guerra e delle sanzioni. Aiuti finanziari assai corposi che saranno veicolati anche attraverso la Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW), la banca pubblica tedesca. Un primo pacchetto da 20 miliardi di euro è stato sottoposto immediatamente all’esame della Commissione europea, cui spetta di valutare la coerenza con il quadro temporaneo di crisi adottato dalla Commissione il 23 marzo 2022 (che sospende le norme restrittive sugli aiuti di stato). Martedì scorso, con tempi da centometrista, la Commissione ha approvato lo schema tedesco da 20 miliardi, riconoscendolo in linea con le condizioni europee, cioè limiti di ammontare (400.000 euro a soggetto) e di tempo (non oltre il 31 dicembre 2022). Sul fronte degli aiuti militari monta, intanto, la polemica. Il fondo da 100 miliardi per gli armamenti annunciato a febbraio da Scholz, non ancora operativo, arriva dopo decenni di disinvestimento nelle forze armate. Proprio ieri il vicecapo di Stato maggiore della Difesa tedesco, il generale di corpo d’armata Markus Laubenthal, ha risposto seccamente all’ambasciatore ucraino Andriy Melnyk, secondo cui la Germania, se volesse, potrebbe consegnare subito alcune delle sue armi pesanti all’Ucraina, per aiutarla a contrastare l’invasione russa. In una intervista televisiva, il generale ha negato tale possibilità, evidenziando che tali armamenti (in particolare, i mezzi da combattimento per fanteria Marder, richiesti espressamente da Kiev) sono necessari alle forze armate tedesche, che soffrono già di carenza di armi e materiali. Intervistato dall’Ansa ieri, l’ambasciatore tedesco in Italia Viktor Elbling ha detto che la Germania ha fornito armi importanti a Kiev e che né la Germania né l’Italia possono uscire dalla dipendenza dal gas russo dall’oggi al domani. «Sono sicuro che già quest’anno faremo un passo importante per ridurre sensibilmente questa dipendenza, e nei prossimi anni vogliamo ridurla a zero», ha concluso l’ambasciatore. Critiche a Scholz arrivano però anche dall’interno della coalizione «Ampel». Mentre si diffonde la voce che una nuova visita del ministro degli Esteri Annalena Baerbock a Kiev, dopo quella di gennaio, sia stata impedita dallo stesso Scholz, alcuni deputati verdi e la stessa Baerbock sposano la linea intransigente ispirata dagli Usa e chiedono di inviare più armi all’Ucraina. A Kiel, nella Germania settentrionale, durante una manifestazione elettorale locale, il vicecancelliere Robert Habeck, presidente del partito dei verdi, ha dovuto affrontare dure contestazioni da parte dei militanti, che lo hanno accusato di essere un «guerrafondaio». Il sospetto è che presto o tardi il governo tedesco dovrà allinearsi ai desideri di Washington. Gli americani, infatti, sono intenzionati ad avere una netta separazione dello spazio europeo da quello russo, con la Russia confinata in una sorta di castigo perenne e l’Europa militarmente più attrezzata, sotto il diretto ed esclusivo coordinamento Nato. Raggiungere questo obiettivo però significa quasi certamente per gli Usa la necessità di disciplinare i riottosi tedeschi. Ci aspettano dunque mesi di tensioni nei rapporti diplomatici tra Usa e Germania.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
Elbano De Nuccio, presidente dei commercialisti (Imagoeconomica)
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)