2022-09-11
Alla faccia dell’unità. Nell’Ue fan tutti da sé ma Roma sonnecchia
Mentre noi aspettavamo Bruxelles, Francia, Germania e Paesi dell’Est si sono mossi in autonomia (e in concorrenza tra loro).La riunione del Consiglio europeo dei ministri dell’Energia di venerdì ha discusso, tra le altre cose, la proposta della Commissione europea di un tetto al prezzo del gas russo. È importante chiarire che in tema di price cap sul tavolo non c’erano altre proposte: l’unica mozione di cui si è discusso è stata questa. Il sostegno raccolto però ha riguardato solo tre Paesi su 27, probabilmente i tre Paesi baltici. Lo sappiamo perché, al termine della riunione, il ministro italiano, Roberto Cingolani, parlando con i giornalisti, ha detto che durante l’incontro 15 Paesi si sono detti «chiaramente a favore di un price cap generalizzato», tre vorrebbero applicarlo al solo gas russo, tre hanno chiesto di vedere innanzitutto un’analisi di impatto e infine cinque altri Paesi sono «contrari o neutrali».Il fatto che 15 Stati membri si siano detti a favore di un price cap generalizzato significa che ora la Commissione dovrà preparare una proposta in tal senso, da sottoporre agli Stati membri. L’idea italiana di un tetto al prezzo con un meccanismo di rimborso delle differenze potrebbe quindi essere presa in considerazione. Al di là della sonora bocciatura di Ursula von der Leyen, che segna uno stacco netto tra Commissione e Stati membri, è interessante rilevare che ancora una volta l’Unione europea è certamente europea ma ben poco, o per nulla, un’unione. Lo scetticismo della Germania e il sostanziale disinteresse di altri Paesi, tra cui la Francia, ha radici nelle vicende degli ultimi mesi. L’Ungheria ha da poche settimane rinegoziato con Gazprom un accordo per ricevere gas, poiché dal primo ottobre non avrebbe avuto più disponibilità di materia prima. La Bulgaria sta trattando con Lukoil per garantirsi carburanti quando l’embargo sul petrolio russo inizierà il 5 dicembre. Inoltre, dopo aver subito l’interruzione delle forniture, il presidente bulgaro ad interim, Rumen Radev, ha detto che una trattativa con Gazprom è un’opzione aperta per rifornire il Paese di gas. Soprattutto dopo che il contratto firmato negli Stati Uniti in primavera dal suo predecessore, Kiril Petkov, ha portato due metaniere cariche di Lng americano a un prezzo che si è scoperto altissimo («scioccante», nelle parole di Radev).La Francia è relativamente poco interessata al gas, tanto da frenare sull’idea di un gasdotto che porti il gas dalla Spagna alla Germania, ma il suo sistema elettrico è in grave crisi. Con più di metà del parco di centrali elettriche nucleari fuori servizio, Emmanuel Macron ha deciso di nazionalizzare di nuovo Edf, ha rilanciato gli investimenti sul nucleare e ha messo un tetto alle bollette dei cittadini. Cosa che sta provocando un’alterazione dei flussi di energia elettrica verso la Francia, tenendo alti i prezzi negli altri Paesi. Trasformazione cui contribuisce anche la Spagna, che assieme al Portogallo ha introdotto autonomamente e senza troppi riguardi per Bruxelles un tetto al costo del gas per i produttori termoelettrici. Questo dispositivo, che sta effettivamente abbassando di più del 10% il prezzo elettrico spot spagnolo, è stato possibile dato il sostanziale isolamento elettrico della penisola iberica dal resto del continente. Ma, come abbiamo già rilevato, nella zona dell’unica frontiera interconnessa, cioè quella francese, sta provocando incentivi a sovra-produrre per esportare.La Germania è andata a caccia di Lng in giro per il mondo e si è aggiudicata una merce rarissima, ben cinque navi Fsru, ovvero rigassificatori galleggianti (l’Italia ne ha acquistate tre). Ha salvato con denaro pubblico un paio di grosse utility e, mentre aderisce obtorto collo agli obblighi dell’alleanza atlantica, non ha mai tagliato quel filo diretto con Mosca che esiste da decenni. Germania e Francia hanno poi siglato un accordo di mutuo soccorso energetico, che dovrebbe garantire gas alla prima ed energia elettrica alla seconda.L’Olanda sin qui ha fatto molto bene una sola cosa, e cioè gli affari propri, come La Verità ha documentato, opponendosi a qualunque riforma delle regole dei vari mercati e addirittura diminuendo la produzione di gas. Un po’ tutti i Paesi dell’Unione, insomma, si sono mossi autonomamente, spesso addirittura in concorrenza. Chiedere conferma di questo all’Emiro del Qatar, che dalla scorsa primavera ha registrato un inusuale picco di inattesi visitatori dall’Europa. Il Qatar, del resto, dispone della terza riserva mondiale di gas, stimata in 24.000 miliardi di metri cubi, come dire che può vendere gas a ritmi attuali per i prossimi 130 anni. Un amico che tutti oggi in Europa vorrebbero avere, insomma.E l’Italia? Sin qui ha fatto i compiti a casa, eseguendo quanto era stato deciso a Bruxelles. Ma Roma ha perso mesi preziosi, prima sugli stoccaggi, su cui è partita con grave ritardo, di cui ci si accorgerà quando sarà chiaro a tutti quanto è costato stoccare il gas in questo modo. In seguito, altro tempo il governo ha perso attendendo che sui prezzi del gas l’Unione europea trovasse una soluzione che in realtà non vuole o non può trovare. Vedremo quale sarà la proposta di tetto al prezzo del gas che sarà veicolata la settimana prossima. Ma senza un poderoso appoggio finanziario comune, ad esempio attraverso emissioni di titoli acquistati dalla Bce, difficilmente il famoso tetto funzionerà. Sappiamo però che la Bce è impegnata a cercare di abbassare l’inflazione (sic). L’aporia europea è sempre più manifesta: se le tensioni sui prezzi del gas non dovessero placarsi, per l’euro si avvicinerebbe il momento della verità.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)