2024-04-28
Zelensky bombarda ancora il petrolio russo
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Nonostante gli Usa chiedano di non colpire infrastrutture energetiche per non far schizzare i prezzi delle materie prime, Kiev lancia droni sulle raffinerie oltre confine. Mosca attacca 4 centrali elettriche. Parigi e Berlino firmano l’accordo per il nuovo tank europeo.Hamas boccia la tregua con Israele. Mossa cinese: ospiterà i colloqui tra i responsabili del blitz del 7 ottobre e i rivali di Fatah.Lo speciale contiene due articoli.La nuova fornitura di armi da parte di Washington è stata accolta a Kiev con un grande sospiro di sollievo. Come spiegavamo nel dettaglio ieri, i 61 miliardi di aiuti stanziati dal Congresso non saranno sufficienti a ribaltare le sorti del conflitto ma, perlomeno, permetteranno alle forze armate ucraine di resistere all’avanzata dell’esercito russo e di strappare condizioni meno svantaggiose quando - prima o poi - si apriranno i negoziati di pace.Dopo mesi di ritirate, logoramento, mancanza di uomini e di mezzi, adesso sembra che le truppe di Kiev si siano effettivamente rianimate. Non a caso, nella notte di ieri, si sono subito distinte per un attacco di droni contro siti strategici del nemico: un aeroporto militare e due raffinerie petrolifere nella regione di Krasnodar, città russa che si trova nel Caucaso occidentale e, quindi, a ridosso del confine con l’Ucraina. Fonti russe hanno anche riferito di un incendio scoppiato in una raffineria nel distretto di Slavjansk, a circa 80 chilometri da Krasnodar: a causa delle fiamme, l’impianto ha dovuto parzialmente sospendere la produzione.Questi attacchi, giova ricordarlo, non piacciono per nulla a Washington. Che, per non causare gravi strappi diplomatici con il Cremlino, intende circoscrivere le azioni belliche alle sole zone occupate dell’Ucraina. Del resto, è stato proprio per questo atteggiamento temerario da parte di Kiev che gli Stati Uniti avevano ritardato la fornitura degli Atacms, i potenti missili americani che l’esercito di Volodymyr Zelensky ha ricevuto solo lo scorso marzo. Dato che la gittata degli Atacms può raggiungere i 300 chilometri, non è escluso che anche in futuro gli ucraini tentino azioni simili su territorio russo, laddove il Pentagono vorrebbe che queste armi balistiche fossero usate esclusivamente in Crimea per danneggiare le linee di rifornimento del nemico.Ad ogni modo, se Kiev ha rialzato la testa, Mosca non è rimasta a guardare. Sempre nella notte di ieri, infatti, le forze armate di Vladimir Putin hanno sferrato un massiccio attacco missilistico contro diverse zone dell’Ucraina. Stando alle fonti militari e civili di Kiev, i russi hanno lanciato complessivamente 34 missili, di cui 21 sarebbero stati abbattuti. «Il nemico ha utilizzato vari tipi di missili, compresi missili balistici, e sono state colpite le regioni di Kharkiv, Kherson, Dnipro, Zaporizhzhia, Leopoli e Ivano-Frankivsk», ha fatto sapere l’esercito ucraino. Che poi ha precisato che «diverse persone sono rimaste ferite, ma finora non è stata segnalata alcuna vittima». La società elettrica Dtek, inoltre, ha affermato che sono state danneggiate quattro delle sue centrali termoelettriche.Il riacutizzarsi di queste scaramucce belliche, ovviamente, non aiuta le possibili trattative di pace. A confermarlo è stato ieri Dmitry Peskov, il portavoce del Cremlino: «Al momento non ci sono i prerequisiti per i negoziati, perché tutti comprendono e conoscono la posizione dell’Ucraina sul rifiuto di qualsiasi trattativa. Pertanto, l’operazione militare speciale continua», ha dichiarato Peskov alla Tass. D’altronde, ha chiarito il portavoce del Cremlino, è «ben nota» la posizione di Putin sulla questione: «L’ultima volta che ne ha parlato è stato durante una conversazione con il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko», il quale aveva identificato negli accordi di Istanbul del marzo 2022 la base per ogni futura trattativa. L’intesa, risalente al marzo 2022, era stata raggiunta nella capitale turca dai rappresentanti delle due nazioni belligeranti. In seguito, però, gli ucraini decisero di non firmarla. Sempre ieri, dopotutto, il premier ucraino Denys Shmyhal ha annunciato che l’Australia fornirà a Kiev droni e lanciamissili portatili per decine di milioni di dollari: ulteriore segno che l’Ucraina, in questa fase, non ha intenzione di scendere a patti.Nel frattempo, con i venti di guerra che non accennano a placarsi, Francia e Germania proseguono le loro manovre per non farsi trovare impreparati in caso di necessità. L’altro ieri, infatti, Parigi e Berlino hanno siglato un importante accordo per la progettazione e la produzione del sistema Mgcs, che è stato ribattezzato il «carro armato del futuro». Il nuovo mezzo corazzato, che dovrebbe essere pronto nel 2040, sostituirà i Leopard 2 tedeschi e i Leclerc francesi che sono attualmente in dotazione ai due eserciti. I negoziati, aperti nel 2012, sono stati lunghi e piuttosto travagliati ma venerdì si è infine arrivati all’intesa ufficiale: le due nazioni europee contribuiranno in eguale misura al finanziamento del progetto, mentre i costruttori francesi e tedeschi si divideranno i compiti.L’accordo franco-tedesco è stato salutato da alcuni osservatori come un embrione di cooperazione europea nella politica di difesa. Anche qualora si trattasse di una semplice intesa bilaterale, i ministri della Difesa di Parigi e Berlino hanno comunque espresso grande soddisfazione: «Non c’è scenario in cui i due eserciti non siano impegnati globalmente contro lo stesso avversario o comunque nelle stesse condizioni di addestramento congiunto», ha dichiarato ad esempio il ministro francese Sebastien Lecornu, che hai poi sottolineato l’importanza dell’accordo dal punto di vista sia politico che economico.Gli ha fatto eco Boris Pistorius, il ministro della Difesa tedesco: «Dobbiamo sviluppare le migliori soluzioni nel settore degli armamenti in Europa, certamente non a breve termine - che non avrà successo - ma a medio e lungo termine», ha affermato Pistorius. Che poi ha ribadito: «Le soluzioni migliori sono quelle che provengono dall’Europa».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ucraina-petrolio-russia-droni-2668010949.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="hamas-boccia-la-tregua-con-israele-nave-centrata-da-missili-degli-huthi" data-post-id="2668010949" data-published-at="1714289361" data-use-pagination="False"> Hamas boccia la tregua con Israele. Nave centrata da missili degli Huthi Gli Huthi hanno rivendicato ieri pomeriggio l’attacco alla petroliera «Andromeda Star» che è stata colpita due volte da missili multipli al largo della costa dello Yemen. Nel primo attacco l’equipaggio a bordo ha avvertito un’esplosione vicino alla nave, come riportato da Maritime trade operations (l’agenzia di sicurezza del Regno Unito), mentre l’attacco successivo effettuato con due missili ha causato danni alla nave. Attualmente registrata alle Seychelles, la nave stava viaggiando da Primorsk, in Russia, a Vadinar, in India. Sempre a proposito di mare, secondo quanto riportato dal ministero degli Esteri iraniano, citato dal sito dell’agenzia Reuters, l’Iran ha rilasciato i 25 membri dell’equipaggio della nave portacontainer «Ariel» di Msc, battente bandiera portoghese e sequestrata il 13 aprile dai Guardiani della rivoluzione nello stretto di Hormuz. La nave fu sequestrata poco dopo l’attacco di Israele contro una palazzina nei pressi del consolato iraniano a Damasco nel quale sono morte tredici persone, tra cui il generale delle guardie rivoluzionarie iraniane Mohammad Reza Zahedi. Nel frattempo, Hamas sta esaminando l’ultima controproposta israeliana in vista di una possibile tregua dei combattimenti a Gaza e del rilascio di ostaggi: «Oggi Hamas ha ricevuto la risposta ufficiale dall’occupazione sionista alla nostra posizione, consegnata ai mediatori egiziani e qatarioti lo scorso 1 aprile», ha dichiarato il numero due di Hamas nella striscia di Gaza Khalil al Hayya, aggiungendo che «il movimento esaminerà questa proposta e fornirà la sua risposta una volta completato lo studio». I dettagli di questa controproposta per la tregua non sono stati resi noti, ma la stampa israeliana ipotizza che all’inizio della prossima settimana potrebbe avvenire il rilascio dei primi 20 ostaggi su un totale di 33 che sarebbero ancora in vita. Ieri Haaretz ha riportato che Hamas ha diffuso un video che mostra due ostaggi a Gaza. Si tratta di Keith Samuel Siegel, rapito nella sua casa a Kfar Azza, e Omri Miran, sequestrato nel kibbutz Nahal Oz. A proposito di una possibile intesa, un alto funzionario di Hamas ha parlato (a condizione di anonimato), al quotidiano libanese Al Mayadeen, vicino a Hezbollah, e ha detto che ci sono scarse possibilità che l’ultima proposta di Israele per un accordo sugli ostaggi venga accettata da Hamas «senza emendamenti sostanziali». Visto quanto accaduto fino a oggi, è bene essere prudenti sulle reali intenzioni di Hamas. Tuttavia, se non ci sarà una rapida risposta positiva da parte del gruppo jihadista, scatterà l’operazione di terra a Rafah. Al netto delle trattative, intanto, la guerra continua: tra venerdì e sabato le Idf hanno colpito circa 25 obiettivi terroristici a Gaza, come comunicato dal portavoce militare. Il capo di Stato maggiore israeliano, Herzi Halevi, che sarebbe sul punto di dimettersi, ha informato il gabinetto di sicurezza che centinaia di terroristi si stanno arrendendo a Gaza, come riportano i media nazionali. Secondo quanto riportato dall’emittente Channel 12, la decisione sul passo indietro di Halevy arriverà nel «futuro prossimo», e attualmente sarebbero in corso discussioni sul nome del suo successore. Inoltre, diversi alti ufficiali dell’esercito si stanno consultando con i propri avvocati in previsione delle indagini sulla mancata reazione all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Questa notizia sul probabile passo indietro di Halevy segue le dimissioni rassegnate il 22 aprile dal capo dell’intelligence israeliana, Aharon Haliva, che si è assunto la responsabilità dei fallimenti nella sicurezza. Infine, la Cina ospiterà colloqui tra Hamas e i suoi rivali di Fatah, come riportato dai due gruppi stessi e confermato da un diplomatico con sede a Pechino. Non c’è dubbio che con questa mossa a sorpresa la Cina entra a gamba tesa nel bel mezzo della guerra nella Striscia di Gaza. Vedremo cosa ne ricaverà.