2021-09-10
Tutti contro Sala per la fiera milanese dell’utero in affitto (ma lui tace ancora)
Proteste dai gruppi pro vita e dagli esponenti del centrodestra Critiche anche da Bazoli, nipote dem del suocero del sindaco«Stanno dipingendo Milano come una Gotham City. Ma che film è?». La risposta oggi è scontata: il suo. Quello di Giuseppe Sala, che a luglio si lamentava per le critiche del centrodestra e a settembre aggiunge alla realistica narrazione il più surreale dei capitoli: il festival dell’utero in affitto, la cessione di sovranità sull’altare dell’ideologia transgender. Se il sindaco arcobaleno rivincerà le elezioni, nel maggio 2022 dentro la città della concretezza, nel cuore della diocesi più estesa d’Europa, potrebbe andare in scena «Un sogno chiamato bebè». È immaginabile il fremito di eccentricità dell’amministrazione a trazione piddina: accanto al Salone del Mobile e alla Design Week, ecco la Fiera della procreazione artificiale, delle adozioni per le coppie gay. Con rischi imbarazzanti, a Bruxelles si possono scegliere i bambini più confacenti al gusto estetico, occhi ton-sur-ton con il rivestimento del divano. L’evento sta sollevando un putiferio, l’edizione parigina appena conclusa rimanda proprio a Milano (coming soon) e il silenzio di Sala accresce i toni della protesta. Ha cominciato l’associazione Pro Vita, con il battagliero Matteo Forte, capogruppo di Milano Popolare a palazzo Marino: «Sarebbe interessante sapere con quali autorità hanno preso contatto gli organizzatori della fiera, questo Salone dell’utero in affitto». Il presidente del Family Day, Massimo Gandolfini, sollecita a fermare l’iniziativa: «Chiediamo al sindaco Sala di proibire la vergognosa fiera sulla fecondazione artificiale. Il salone è la cornice di tutte le più ignobili pratiche di mercificazione; in passato fra i servizi offerti appariva perfino quello della scelta dei caratteri somatici del nascituro. Questa è eugenetica, i bambini non si comprano». Il salto a piedi uniti dentro la bioetica è già diventato un incendio nazionale. Giorgia Meloni: «Giù le mani dai bambini e dalle donne, la maternità surrogata è un abominio. Chiedo ufficialmente al sindaco di dichiarare l’indisponibilità ad accogliere l’evento altrimenti Fratelli d’Italia darà battaglia affinché lo scempio venga fermato». Il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia ha presentato un’interrogazione al ministero della Salute perché intervenga ad annullare tutto. «Si eviti in Italia qualsiasi azione illegale che faccia riferimento ad una pratica che facendo leva sulla voglia di genitorialità sfrutta persone deboli, in questo caso soprattutto donne, e non ha alcun rispetto per la vita di bambini, trattati come un prodotto da banco». Anche la Lega milanese è in campo con il commissario provinciale Stefano Bolognini e Francesco Migliarese, candidato e segretario del Centro aiuto alla vita Mangiagalli: «È incomprensibile il prolungato silenzio del sindaco Sala su una pratica non solo eticamente vergognosa ma anche vietata dalla legge italiana», spiegano in un comunicato congiunto. «Anziché ospitare una folle fiera, Milano deve aspirare a diventare città modello nell’aiuto alle donne che desiderano diventare madri». Incalza Carlo Fidanza (Fratelli d’Italia): «La sinistra italiana si straccia le vesti di fronte ai soprusi che il regime talebano compie sulle donne afghane. Dimostri di dare valore anche alla dignità delle donne occidentali, letteralmente calpestata da pratiche come l’utero in affitto». Mentre la stampa mainstream tace fino a sera, sale sulle barricate anche la ministra per il Sud, Mara Carfagna, che un anno fa propose una legge per rendere reato il ricorso alla surrogazione di maternità anche se effettuata all’estero: «Gli organizzatori probabilmente non sanno che la propaganda della maternità surrogata in Italia è un reato. Non credo che il Comune, la magistratura e le pubbliche autorità possano consentire una manifestazione di questo genere. Sarebbe bene che il sindaco Sala chiarisse subito se è stato in qualche modo autorizzato il raduno, e nel caso provveda a revocare l’autorizzazione». Il riferimento a un possibile reato chiama implicitamente in causa il prefetto di Milano, Renato Saccone, che dovrà verificare il perimetro di legalità della manifestazione. In Italia l’articolo 12 della legge 40 punisce con il carcere e con una multa «chiunque in qualsiasi forma realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità».La società dei diritti trasformata in società dei desideri da un allegro progressismo da luna park, non ha limiti. Dietro «Un sogno chiamato bebè» ci sono associazioni radical della sinistra femminista militante, sigle come «Liberamente mamma», Babble, In-fertility, Conneggs, PrideAngel. Come si evince dagli sponsor che supportano la fiera, comandano le cliniche straniere. Da tempo dietro il fenomeno che surrettiziamente sta prendendo piede nel nostro Paese, proliferano società che commerciano in ovuli, centri che arruolano donne disperate fra Stati Uniti, Cipro e Ucraina. L’anno scorso durante il lockdown 46 bambini rimasero fermi a Kiev come pacchi in transito, in attesa che il mercato si sbloccasse. Scene da Far West dell’era digitale. Lo sconcerto è trasversale, il mondo che fa riferimento al sempre sobrio cattolicesimo lombardo (1.108 parrocchie, pievi millenarie) è in subbuglio e nel Pd non tutti si mordono la lingua per opportunismo elettorale. A Milano la fibrillazione è forte e potrebbe avere ricadute sulla campagna elettorale. Alfredo Bazoli, capogruppo in commissione Giustizia Camera, evidenzia la «mercificazione del corpo delle donne, della maternità, dei bambini, destinati a diventare un prodotto da acquistare sul mercato. Penso che un partito come il mio, attento alla libertà delle donne, ai valori umani mai sacrificabili sull’altare del mercato, non possa che sposare senza riserve una intransigente opposizione a questa deriva». È il nipote di Giovanni Bazoli, banchiere di Dio e suocero di Sala. Altro che Gotham City. Per il sindaco, grane in coalizione e grane in famiglia.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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