2023-12-13
Tusk premier, progressisti in estasi. Un camaleonte utile solo per Berlino
Il giubilo per il neo primo ministro polacco è immotivato. Non ha vinto le elezioni e guida una maggioranza tenuta insieme dall’odio per i conservatori. La sua sbandierata politica europeista è, in realtà, più filo tedesca.A leggere certi giornali e a sentire certi commentatori (alcuni anche accademici) sembra di essere all’alba di una nuova età dell’oro. È questo l’effetto che ha fatto a molti il ritorno di Donald Tusk alla premiership polacca: un incarico che il diretto interessato aveva già ricoperto dal 2007 al 2014. La vulgata è che, grazie a lui, sarebbe finalmente al tramonto il dominio di Diritto e giustizia: partito tacciato di essere reazionario e oscurantista, se non addirittura autoritario. «Questo è un giorno davvero meraviglioso, non solo per me ma per tutti coloro che hanno creduto profondamente per molti anni che le cose sarebbero migliorate, che avremmo scacciato l’oscurità e il male», ha dichiarato il nuovo premier. Eppure, al di là della retorica, bisognerebbe forse guardare la situazione nella sua complessità.Cominciamo col ricordare che Tusk non ha vinto le ultime elezioni polacche. Ad arrivare primo, nonostante una flessione nei consensi, era stata proprio la coalizione di Diritto e giustizia con il 35,4% dei voti. Di contro, la coalizione di Tusk, Coalizione civica, si era attestata al secondo posto col 30,7%. L’attuale premier è riuscito a ottenere l’incarico mettendo assieme i voti dei vari schieramenti avversi ai conservatori: dai socialdemocratici di Nuova sinistra ai centristi di Coalizione polacca, passando per gli ambientalisti di Polonia 2050. Si tratta, dunque, di una maggioranza eterogenea, che trova come suo principale collante quello dell’opposizione a Diritto e giustizia.In secondo luogo, il nuovo premier dovrà fare i conti con alcuni pezzi delle istituzioni che restano ancorati ai conservatori. Da questo punto di vista, non sarà facile la sua coabitazione con il presidente polacco, Andrzej Duda, che è un esponente di Diritto e giustizia. Non è, infatti, escluso che il capo dello Stato possa ricorrere ai suoi poteri costituzionali per mettere i bastoni tra le ruote all’agenda parlamentare del premier. Un ulteriore elemento da considerare è che, lunedì, la Corte costituzionale polacca ha definito come contrarie alla legge fondamentale del Paese le multe comminate a Varsavia dalla Corte di giustizia europea per il mancato rispetto delle sue sentenze.Tuttavia, tralasciando i problemi interni che il nuovo premier dovrà affrontare, la questione più interessante è forse un’altra. I suddetti giornali e commentatori che oggi esultano per il ritorno di Tusk tendono generalmente a definirsi pro Ucraina. A prima vista, non sembrerebbe esserci contraddizione, visto che ieri il neo premier ha assicurato appoggio a Kiev, dichiarando: «Dobbiamo parlare con una sola voce riguardo all’Ucraina, anche questo deve unirci. L’attacco all’Ucraina è un attacco a tutti noi». Va, tuttavia, ricordato che in Polonia il sostegno granitico a Kiev contro Mosca è stato garantito proprio dal governo guidato da Diritto e giustizia: una formazione politica atlantista e favorevole a rafforzare i rapporti transatlantici. Tusk, di contro, è storicamente vicino a quell’asse franco-tedesco che ha sempre mal digerito la linea severa finora assunta da Varsavia nei confronti di Mosca. È pur vero che, negli scorsi mesi, i rapporti tra Polonia e Ucraina si erano incrinati sulla questione cerealicola. Tuttavia lo stesso Tusk ieri ha detto: «Dobbiamo rimanere assertivi quando si tratta degli interessi, tra gli altri, degli agricoltori polacchi».D’altronde, prescindendo dalle dichiarazioni di facciata, sono i fatti a contare. Come riportato a ottobre da Telewizja Polska, Tusk, da premier, contribuì di fatto a far naufragare l’Eis: uno scudo missilistico americano che, promosso dall’allora presidente statunitense George W. Bush, era al contrario temuto da Mosca. Nel 2010, Euobserver riferì, inoltre, che il governo di Tusk aveva finalizzato un accordo sul gas con la Russia. Era invece il 2014, quando il Guardian riportò che, da premier, il diretto interessato aveva allontanato Varsavia dall’anglosfera, portandola più vicina ad Angela Merkel: la cancelliera tedesca nota per aver reso Berlino maggiormente legata a Pechino e Mosca. Quando, poi, divenne presidente del Consiglio europeo, la situazione non migliorò. Nel 2018, incontrando l’allora premier cinese Li Keqiang a Pechino con Jean-Claude Juncker, Tusk disse: «Abbiamo appena concluso un proficuo incontro in cui abbiamo concordato di sviluppare ulteriormente il partenariato strategico Ue-Cina». Come se non bastasse, sempre nel 2018, criticò l’allora presidente americano Donald Trump per essersi ritirato dal controverso accordo sul nucleare iraniano, che era fortemente supportato proprio dalla Russia. Tusk lanciò strali contro Trump anche per i suoi dazi alla Cina e promise di difendere Parigi in caso di tariffe americane contro i vini francesi.Certo: in passato non sempre Tusk è andato d’accordo con la Merkel e si è ultimamente reinventato come falco antirusso. Resta però il fatto che, a livello geopolitico, il nuovo premier maschera sotto il cappello dell’«europeismo» una politica filotedesca che è fondamentalmente alternativa all’atlantismo di Diritto e giustizia. Senza trascurare Nuova sinistra che, come abbiamo detto, sostiene il governo Tusk. Questo partito adesso si professa energicamente filo-ucraino. Tuttavia, nel 2021, l’Alleanza della sinistra democratica - una delle formazioni che quello stesso anno confluì in Nuova sinistra - invocava una partnership tra Varsavia e Mosca sulla base degli interessi economici. D’altronde, Nuova sinistra fa capo al Pse: una realtà che, in passato, non era esattamente ostile alla Russia.Insomma, dirsi graniticamente filo-ucraini ed esultare al contempo per Tusk non è qualcosa di troppo lineare dal punto di vista logico. È chiaro che alcuni gioiscono perché le difficoltà di Diritto e giustizia indeboliscono Giorgia Meloni in sede europea: il nuovo esecutivo polacco ripropone, infatti, l’abbraccio tra l’ala sinistra del Ppe e il Pse. L’ascesa di Tusk, però, rafforza quell’asse franco-tedesco che, al di là del colore dei governi italiani, non ha quasi mai agito in armonia con il nostro interesse nazionale. Ecco perché oggi, da gioire, c’è ben poco.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.