2022-09-02
Turchia, Olanda, Nato: guardiamoci da chi finge di esserci amico oltre che dallo zar
Gli alleati curano il loro orto: Recep Tayyip Erdogan fa affari con Mosca, Mark Rutte sfrutta la crisi del metano e Jens Stoltenberg pensa già da banchiere.Mai come di questi tempi vale il proverbio che recita: «Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io». Credo che non ci siano dubbi su chi debba essere considerato il nemico: da sei mesi a questa parte il pericolo pubblico che mette a repentaglio la stabilità mondiale e la nostra economia si chiama Vladimir Putin. Quanto agli amici per cui chiedere aiuto a nostro Signore affinché ci protegga, beh sono molti di più di quanto ci si immagini. All’interno dell’Unione europea o della Nato, e dunque al nostro fianco nella difesa dell’Ucraina e contro il dispotismo russo, ci sono infatti Paesi che si fanno gli affari propri e che sfruttano cinicamente il vantaggio offerto dalla guerra in Ucraina. Vi chiedete a chi io mi stia riferendo? Beh, da questo punto di vista c’è l’imbarazzo della scelta. Comincio dalla Turchia, nazione che da lungo tempo fa parte dell’Alleanza atlantica e dovrebbe essere il nostro avamposto nell’Asia minore, con influenza sul Medio Oriente. Fin dai primi giorni del conflitto si era capito che il Sultano di Ankara, al secolo Recep Tayyip Erdogan, non aveva alcuna voglia di dichiarare guerra a Mosca. Lo zar del Cremlino è un compagno di merende del Califfo che governa sul Bosforo; dunque, quest’ultimo non aveva intenzione di disturbare le mire espansionistiche dell’altro. E infatti all’Onu si è ben guardato dal votare le sanzioni alla Russia, preferendo astenersi. Voltandosi dall’altra parte quando si è trattato di schierarsi a favore della libertà degli ucraini, Erdogan si è tenuto le mani libere, continuando a trafficare con Mosca. Al di là delle sue uscite pubbliche, come la dichiarazione a favore della restituzione a Kiev della Crimea conquistata dai russi otto anni fa, sono i numeri che parlano chiaro. Già, quelli, a differenza di tanti capi e capetti di Stato, non mentono. Dunque, mentre il Pil della Germania è a crescita zero, quello della Francia si attesta allo 0,5 e l’Italia sta attorno al 2,9 per cento, il Prodotto interno lordo della Turchia nel secondo quadrimestre è salito al 7,7 per cento, tutto ciò mentre il valore della lira turca rimane fiacco, anzi al ribasso. Vi chiedete quale sia la ricetta che sta facendo rialzare la produzione e l’export turco? La risposta è semplice: mentre noi abbiamo imposto l’embargo ai prodotti diretti in Russia, rinunciando a fare affari con Putin, Ankara se ne sbatte. Infatti, qualsiasi imprenditore alla canna del gas o privo di scrupoli, usa la Turchia per operazioni di triangolazione con Mosca, magari anche aprendo una succursale a Istanbul. Risultato, l’economia del Sultano rifiata, la nostra boccheggia.Ma Erdogan non è solo. Prendete per esempio quel bellimbusto di Jens Stoltenberg, ovvero il segretario della Nato. Politico di terza fila, che in passato andava in brodo di giuggiole per i gruppi antimperialisti e marxisti-leninisti, dopo aver contestato gli Stati Uniti si è riconvertito, divenendo primo ministro della Norvegia e in seguito fedele interprete della strategia americana in Europa. Come segretario dell’Alleanza atlantica è tra i più determinati nel sostenere l’Ucraina, costi quel che costi: soprattutto agli altri. Già, perché mentre propugna la linea dura, Stoltenberg ha già pronta un’ambita poltrona che lo ripagherà di tutti gli sforzi sostenuti. A febbraio di quest’anno, in vista della scadenza del suo mandato alla Nato, l’ex primo ministro è stato nominato governatore della Banca di Norvegia. In pratica, appena lascerà il quartiere generale di Bruxelles diventerà l’Ignazio Visco di Oslo. Fin qui la faccenda è nota, meno conosciuto è un aspetto che in qualche modo lo ricollegherà alla guerra e alle sue conseguenze quando indosserà il doppiopetto del banchiere. L’ex direttore di Gavi Alliance, fondazione creata da Bill Gates per diffondere i vaccini (sì, ha fatto anche questo), con la Banca di Norvegia controllerà il fondo sovrano del Regno, ossia quell’istituzione che sta facendo soldi a palate con l’aumento del prezzo del gas. Come è noto, Oslo estrae e vende metano e i guadagni li reinveste nelle Borse di mezzo mondo. Beh, quest’anno, grazie all’aumento del prezzo del gas, il fondo si metterà in tasca un centinaio di miliardi, che per un Paese con cinque milioni di abitanti, fa 20 mila euro a testa. Insomma, Jena Stoltenberg quando mollerà la poltrona della Nato per quella più comoda della Banca di Norvegia, si troverà un bel tesoretto da gestire. Ovviamente sulla pelle dei cittadini europei condannati a pagare bollette mostruose. Il premier polacco, Mateusz Morawiecki, in un’intervista ha detto che è giusto indignarsi con la Russia, ma forse un po’ di indignazione la dovremmo riservare anche a chi, con la guerra, sta guadagnando. Tra questi ovviamente bisogna citare l’Olanda, altro Paese che si sta arricchendo con il gas (che estrae ed esporta) e con le transazioni registrate alla Borsa di Amsterdam. Il premier dei Paesi Bassi, Mark Rutte, infatti è il più tenace oppositore di qualsiasi proposta che miri a imbrigliare il prezzo del metano. Ovvio, no? Finora, grazie all’instabilità dei mercati a seguito dell’invasione, il suo Paese ha fatto affari d’oro. Prova ne sia che l’Olanda, pur essendo destinataria dei fondi del Pnrr, al momento non ne ha fatto richiesta. Infatti, perché indebitarsi con l’Europa, dovendo magari sottostare anche a delle regole, quando si possono fare soldi facili speculando sul prezzo del gas? L’elenco degli amici di cui guardarsi può proseguire con gli Stati Uniti, che avrebbero dovuto darci il gas liquido a prezzo scontato, ma a quanto pare lo vendono allineando le quotazioni al mercato di Amsterdam mentre è già in viaggio nell’Oceano. Infatti, prima di arrivare a destinazione cambia prezzo più di una volta. Infine, tra gli amici da cui chiedere al buon Dio di guardarci, segnalo alcuni ministri, come il tanto lodato Roberto Cingolani. Da responsabile della transizione ecologica ci ha più volte rassicurato, dicendo che il Paese non rischiava alcun blackout. Peccato che ieri ci abbia fatto capire come, invece della transizione, ci aspetti la glaciazione. L’unica decisione di fronte alla drammatica situazione che vede aziende e famiglie in difficoltà a pagare le bollette è infatti la limitazione di un grado di riscaldamento e la riduzione di un’ora del funzionamento dei caloriferi. C’è un modo per definire scelte che sono inconsistenti e non risolvono il problema: pannicelli caldi. Vista la situazione, qui siamo ai pannicelli freddi. Consigliati però quando qualcuno prende un colpo di sole.
Foto Pluralia
La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
Continua a leggereRiduci
Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane (Ansa)
«Non esiste al mondo un prodotto così diffuso e delle dimensioni del risparmio postale», ha dichiarato Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, a margine dell’evento «Risparmio Postale: da 150 anni la forza che fa crescere l’Italia», a cui ha presenziato anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Come l’ha definito il Presidente della Repubblica, si tratta di un risparmio circolare: sono 27 milioni i risparmiatori postali», ha spiegato ai giornalisti Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti.
Donald Trump e Xi Jinping (Ansa)