2018-12-26
Trump vuole la superiorità nei cieli. Il nuovo segretario della Difesa arriva da Boeing
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Le recenti dimissioni rassegnate dal segretario dalla Difesa, James Mattis, hanno portato un certo subbuglio alla Casa Bianca. Non apprezzando particolarmente le critiche mosse alla sua politica estera, il presidente americano, Donald Trump, ha accelerato l'uscita di scena del generale. E ha scelto come sostituto il suo vice, Patrick Shanahan. Proviene dal colosso dell'aerospazio e potrebbe condividere la nuova linea di dominio aeronautico del globo. «Sono lieto di annunciare che Patrick Shanahan, vice segretario alla Difesa molto talentuoso, assumerà il titolo di Segretario alla Difesa facente funzione dal primo gennaio 2019. Patrick ha una lunga lista di successi mentre ricopriva il ruolo di vice, e in precedenza in Boeing. Sarà un grande!», ha twittato baldanzoso il magnate. Insomma, Trump prova ad accelerare i tempi, per cercare di stabilizzare una situazione abbastanza tumultuosa in seno all'esecutivo americano. Ma le polemiche non accennano ancora a placarsi. Soprattutto da parte dello stesso presidente che, sabato scorso, non ha risparmiato qualche velenosa frecciatina al segretario dimissionario. «Quando il presidente Obama licenziò ingloriosamente Jim Mattis, io gli ho dato una seconda possibilità», ha scritto Trump. «Alcuni pensavano che non avrei dovuto, io pensavo che avrei dovuto. Rapporto interessante, ma ho anche dato tutte le risorse che non ha mai avuto veramente. Gli alleati sono molto importanti, ma non quando approfittano degli Stati Uniti». Inoltre, anche dalle parti del Congresso non mancano i mugugni. Soprattutto svariati senatori repubblicani non hanno infatti digerito l'annunciata dipartita di Mattis. E adesso gli occhi sono puntati sul suo sostituto: una figura che non risulta troppo nota. Ex manager di Boeing, venne scelto nel 2017 come vice segretario alla Difesa, non senza stupore da parte dei più, anche perché (come altri componenti dell'amministrazione) si trattava di un personaggio legato al big business e privo di esperienza politica. Tuttavia il suo processo di conferma al Senato non risultò particolarmente problematico: nonostante un diverbio con il senatore John McCain, alla fine la sua nomina venne ratificata ad ampia maggioranza. In questi due anni, Shanahan ha tenuto un profilo piuttosto basso e ha preferito occuparsi dell'organizzazione interna al Pentagono, anziché di politica internazionale: nella fattispecie, si è concentrato sull'ottimizzazione dei processi gestionali, con particolare attenzione all'aggiornamento tecnologico. Inoltre, sembra sia ferrato anche su questioni relative al budget: un elemento che starebbe molto a cuore al presidente. Senza trascurare che – secondo i beninformati – Shanahan intratterrebbe ottimi rapporti sia con lo stesso Trump che con il vicepresidente, Mike Pence. Il punto è tuttavia capire che cosa implicherà questa novità. Premesso che si tratta – almeno ad oggi – di un ministro pro tempore, la sua ascesa al vertice del Pentagono potrebbe avere delle ripercussioni importanti. Senza trascurare i dubbi che aleggiano su questa promozione. Secondo alcuni, il fatto di aver scelto una figura fondamentalmente digiuna di politica internazionale si spiegherebbe con l'intento del presidente di controllare direttamente il Pentagono. Non sono stati infatti pochi gli attriti consumatisi negli ultimi mesi tra la Casa Bianca e Mattis (dalla politica mediorientale ai respingimenti sul confine con il Messico). In quest'ottica, insomma, Shanahan potrebbe essere maggiormente incline ad accettare la linea geopolitica di Trump: una linea, improntata a logiche di Realpolitik e (tendenzialmente) isolazionista. Eppure la spiegazione potrebbe essere molto più complessa, se si riflette soprattutto sulla provenienza aziendale del nuovo capo del Pentagono: Boeing. In altre parole, non è affatto escludibile che la nomina di Shanahan possa preludere a un ulteriore rafforzamento dei legami intercorrenti tra il governo americano e i colossi dell'industria bellica. Del resto, si tratta di una questione atavica. Già Dwight Eisenhower, nel discorso di commiato del 1961, mise in guardia gli americani dal crescente potere incarnato da quello che definì il «complesso militare-industriale e politico». Un potere che, nel corso dei decenni successivi, si è progressivamente consolidato. Sino ad oggi. Basti pensare che, nel 2017, Boeing è risultato il secondo principale contractor del governo americano per un giro d'affari complessivo di 23 miliardi di dollari, mentre in testa alla classifica si è piazzata Lockheed Martin con 50 miliardi. In tutto questo, la spesa complessiva che Washington ha destinato alla Difesa nel 2017 è stata di 610 miliardi di dollari (fondamentalmente in linea con quella degli ultimi anni). Insomma, il peso di questo universo industriale resta vivo nelle scelte del governo americano: si pensi soltanto che, quando Trump firmò un accordo sulle armi dal valore di 110 miliardi di dollari a maggio del 2017 con l'Arabia Saudita, il principale beneficiario fu proprio Lockheed Martin (grazie soprattutto all'intermediazione del genero presidenziale, Jared Kushner). E comunque, al di là dei singoli accordi commerciali, l'influenza di questi colossi sembra in grado di far sentire la propria voce addirittura nelle strategie internazionali approntate dalla Casa Bianca. Non è del resto un mistero che questi giganti non abbiano per esempio mai visto di buon occhio i tentativi di distensione portati avanti da Barack Obama e Donald Trump nei confronti della Russia.In questo senso, si assiste evidentemente a una divergenza tra la «dottrina Trump» (che vorrebbe lasciarsi alle spalle le logiche della Guerra Fredda) e l'industria bellica (che da quelle logiche ha invece tutto da guadagnare). Il presidente, sotto questo aspetto, ha dovuto tenere un atteggiamento altalenante, oscillando tra posizioni contrapposte. Ecco: la promozione di Shanahan potrebbe dirci forse qualcosa di questo complicato rapporto. E ci dirà soprattutto quanto Trump sarà capace di resistere alle pressioni esterne. Quelle pressioni, per intenderci, che stanno cercando di normalizzarlo. Potrebe anche essere che avendo scelto una politica estera basata sul predominio dell'aria, la provenienza di Shanahan da Boeing possa voler dire qualcosa. media2.giphy.com
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Ursula von der Leyen (Ansa)
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L’area tra Varese, Como e Canton Ticino punta a diventare un laboratorio europeo di eccellenza per innovazione, finanza, sviluppo sostenibile e legalità. Il progetto, promosso dall’associazione Concretamente con Fabio Lunghi e Roberto Andreoli, prevede un bond trans-frontaliero per finanziare infrastrutture e sostenere un ecosistema imprenditoriale innovativo. La Banca Europea per gli Investimenti potrebbe giocare un ruolo chiave, rendendo l’iniziativa un modello replicabile in altre regioni d’Europa.