2025-06-08
Da Trump-Musk alla guerra dei Leoni. A destra si ruggiscono tutti addosso
Negli Usa, la zuffa tra prime donne alla Casa Bianca fa traballare l’universo Maga. Intanto, in Italia, una più modesta disputa familiare vede un giovane dirigente azzurro sconfessato dal padre vannacciano.Da quando è stato eletto un Papa che ha deciso di chiamarsi Leone, altri leoni più bellicosi sono scesi in campo per sbranarsi tra di loro. C’è una storia grande che riguarda un Paese grande, Great America. E c’è una storia piccola che riguarda un Paese piccolo, ma solo di statura, l’Italia. Sto parlando del leone Donald Trump e del leone Elon Musk, e da noi, nel nostro piccolo, del conflitto pubblico tra Leoni padre, di nome di Silvio, e Leoni figlio di nome Simone, seguace di un altro più famoso Silvio, defunto. Storie diverse, imparagonabili, le due, sia per le dimensioni che per le motivazioni, ma che in vario modo ci toccano, e ci riguardano.Dunque, la storia grande, quella stars and stripes, riguarda l’uomo più potente del mondo contro l’uomo più ricco del mondo. Scontro tra Titani. Entrambi leonini, abituati a esercitare il ruolo di re della foresta, esuberanti, un po’ pazzi, e uso la modica quantità nel definirli, per pura cortesia. Prima sodali, e grandi alleati, poi i rapporti sono precipitati, degenerati, fino alla rottura, qualche insulto, poi la probabile tregua. Li vedevi, il Lion President che parlava, seduto o al microfono, e il Lion Magnate che restava in piedi come un passante o un imbucato nella Sala Ovale o sul palcoscenico, spesso con un figlio a cavacece sul collo, cercando di attirare su di sé l’attenzione. Un’immagine spiazzante, che non aveva precedenti, curiosa e assai informale. Però quando li vedevi in faccia, li sentivi parlare, ma soprattutto conoscevi i loro curriculum e i loro temperamenti, la previsione sorgeva spontanea, anche senza bisogno di chetamina: ma quanto potranno durare insieme i due? Da una parte l’uomo che guida il mondo nel nome della Grande America e curiosamente annuncia di volersi dedicare al suo Paese e non al ruolo di arbitro mondiale ma tra paci che non si fanno, guerre che continuano, dazi che si annunciano, oggi più che mai è lui a dare la carte al mondo, e tutti anche magari per litigare devono vedersela con lui. Altro che ritorno a casa, in versione domestic, casereccia.Dall’altra c’è un uomo che sta cambiando il mondo coi suoi satelliti, che vuole conquistare i pianeti, modificare il cervello umano, l’imprenditore più geniale e inquietante che ci sia sulla faccia della terra e forse nello spazio. Come pensate che potessero sopravvivere a lungo insieme? C’è poi da considerare un altro fattore, sicuramente decisivo. Da quando Musk è sceso in campo politico ha avuto solo guai, odio universale, linciaggi e boicottaggi, mal di Tesla paurosi (dai giganti della concorrenza fino ai Fratoianni). insomma ha capito che la politica non fa per lui, gli procura solo guai, soprattutto nella posizione di parafulmini di Trump. Fosse almeno lui il presidente della Repubblica... Il mondo tifa perfino contro i suoi razzi, oltre che contro le sue auto e i suoi satelliti, tanto è l’odio planetario che ha accumulato. Poi c’è chi gli morde le caviglie anche nel suo stesso campo, pensate a Steve Bannon che vorrebbe cacciarlo perché extracomunitario, sudafricano e imbucato negli States. Insomma, era inevitabile. Certo, queste alleanze che si rovesciano, fanno molto male, e Trump non solo ha mezzo mondo e tre quarti d’Occidente contro, ma persino i suoi presunti amici, Putin, Netanyau e Musk, gli stanno creando guai a non finire. E magari dovrà rivalutare gli europei, i sudamericani e persino i cinesi e gli iraniani.Non so come finirà, ma la previsione di molti è che il dissenso clamoroso rientrerà ma poi la freddezza subentrerà e non farà bene a entrambi per risalire la china. Alcuni prevedono o meglio sperano che la vicenda possa persino compromettere Trump e c’è chi invoca il terzo incomodo, il più silenzioso e felpato gattone, che sta lì acquattato nel suo ruolo di vice, J.D.Vance. Però non era possibile pensare che due Titani potessero durare a lungo in amicizia, uno seduto e l’altro in piedi, prima o poi sarebbe avvenuta una collisione.Ora dopo aver parlato dei Gulliver, trasferiamoci a Liliput, e rientriamo nel piccolo di casa nostra. Dunque, un giovane Leoni fa il suo discorsetto alla kermesse di Forza Italia; un discorsetto che non rispecchia certamente la posizione politica del governo e dei partiti che lo sostengono, e soprattutto dei loro elettori, inclusi quelli di Forza Italia. Ma che magari non dispiace a Marina e Piersilvio Berlusconi, oltre che al nuovo alleato, Fedez. Attacca Vannacci ma in realtà sta attaccando suo padre, che la pensa come il generale, è paracadutista e si riconosce in Dio, patria e famiglia. Antichi dissapori, conflitti trascinati nel tempo, il ragazzo dice dall’infanzia, si concretizzano in un parricidio appena dissimulato: si parla a nuora per parlare a suocera.Suo padre decide di esplicitare il conflitto latente e di rispondergli pubblicamente, dalle colonne del Tempo; forse fa male, o forse no, non sono in grado di dire. Ma il risultato è che il Leoni padre difende Vannacci e attacca il Leoni figlio a mezzo stampa. Insomma i leoni si sbranano in pubblico senza pietà, il cucciolo attacca il vecchio leone, poi il padre Leone attacca il cucciolo. Parricidio rituale contro sacrificio rituale del figlio, entrambe figure contemplate nella storia sacra e nella mitologia, oltre che nella psicanalisi e in altri ambiti più vicini a noi. Sono conflitti assai frequenti e molti di noi padri ne sanno qualcosa, dolorosamente. Ruotano intorno a famiglie sfasciate, o maltenute insieme, genitori separati, figli coccolati ma sbandati, a volte viziati e soprattutto fragili e perciò aggressivi. Stiamo allevando una generazione di vetro, più trasparente e più frangibile delle precedenti, ma quando i figli vanno in pezzi le loro schegge poi feriscono. Non stabiliamo la regola che i figli progressisti, liberal e radical attaccano i padri conservatori, tradizionalisti e nazionalisti; a volte i conflitti sono a ruoli invertiti, i padri sono vecchi sinistrorsi, i figli sono giovani destrorsi. Ognuno ha diritto alle sue opinioni, anche se quelle del giovane Leoni andrebbero meglio coltivate nel versante opposto a quello in cui milita; mi sembra più vicino alla Schlein che al mite monarchico Tajani o al vecchio missino Gasparri. Berlusconi probabilmente non sarebbe stato con nessuno dei due, né col padre né col figlio ma avrebbe cercato di sedurli, di fare gag e avrebbe invitato il ragazzo a guardare più le ragazze che i Vannacci.Comunque la partita doppia dei leoni, quella americana e quella nostrana, è una partita interna all’emisfero destro della politica italo-occidentale, e per questo tocca ancor più chi si riconosce in questo versante. Indica che ci sono molti problemi da affrontare, esuberanze di temperamento da smussare con realismo e umiltà, e anche senso autocritico, ci sono molti atteggiamenti da portare a coerenza. Ma se vogliamo trovare un peccato comune e un minimo comun denominatore in questa partita doppia, trovo una chiave di lettura: troppo individualismo, troppe creste alzate, troppo gallettismo (da non confondere col gallismo). Che è una malattia globale, soprattutto occidentale, assai frequente a destra ma in fondo trasversale. Giù la cresta, mettetevi talvolta nella criniera dell’altro prima di attaccare e giudicare. E poi non porta bene il detto «meglio vivere un giorno da leoni che cento da pecora», giustamente Massimo Troisi diceva che preferiva vivere cinquant’anni da Orsacchiotto (ma nemmeno a quell’età poi giunse). Insomma non è detto che si debba vivere da leoni o da pecore, si può vivere da gazzelle, da fenicotteri, da zebre e da giraffe, senza mettere limiti al tempo. Siate più inclusivi, almeno da un punto di vista zoologico.