2025-09-16
Chiedono di moderare le parole e chiamano gli avversari «peste»
Sostenitori di AfD festeggiano con la leader Alice Weidel. Nel riquadro, Tonia Mastrobuoni (Getty Images)
Da «Repubblica» e «La Stampa» pacati inviti ad abbassare i toni dopo l’attentato che ha ucciso Kirk. Una saggezza che contrasta con l’aggressivo linguaggio usato contro i sovranismi o in era pandemica.Nelle prossime settimane uscirà per l’editore Feltrinelli un libro di Tonia Mastrobuoni, illustre firma che si occupa di raccontare quel che avviene in Germania sulle pagine di Repubblica. Il volume, da quel che si capisce, racconta l’ascesa del partito di destra Afd e ha un titolo suggestivo: La peste. Ovviamente la collega ha il sacrosanto diritto di scrivere ciò che più le aggrada, ma il messaggio è emblematico di una visione del mondo piuttosto diffusa: se la destra avanza, è in estrema sintesi il concetto, non siamo di fronte alla normale alternanza politica o alla crescita di un partito che si presenta alle elezioni e si inserisce senza traumi in uno scenario democratico. No: siamo di fronte a una malattia, a una degenerazione, a qualcosa di malato. Probabilmente, se fossero vivi e lucidi, sarebbero pensatori e filosofi di sinistra a riconoscere in quest’ordine di pensiero una patologizzazione dell’avversario, un tassello della demonizzazione continua che da decenni viene portata avanti nei riguardi non soltanto dei conservatori ma di chiunque osi fuoriuscire dal perimetro delle opinioni giudicate «corrette». Quel titolo, La peste, torna in mente quando si leggono gli accorati editoriali usciti in questi giorni proprio su Repubblica e sul giornale cugino La Stampa a proposito del «clima di odio» imperante in Occidente da cui sarebbe scaturito l’omicidio di Charlie Kirk. Ieri ad esempio il teologo Vito Mancuso scriveva sulla Stampa che «il risentimento dilaga ovunque ma non è una condizione naturale. Si tratta piuttosto di una malattia da cui si può (e si deve) guarire». Il noto pensatore spiega - in maniera per altro condivisibile - quali siano i pericoli che si annidano nel desiderio di annientare l’avversario, e auspica una abolizione di tale volontà annientatrice «per produrre una politica di reale servizio al bene comune». Nobile e apprezzabile obiettivo. Tuttavia appare leggermente discutibile il pulpito da cui giunge il sermone. Mancuso è lo stesso che, quando Silvio Berlusconi era al governo, lo descriveva come una manifestazione demoniaca, e che non ha usato toni molto diversi nei riguardi di Donald Trump, dal quale sentiva provenire un potente odore di zolfo. Nello stesso articolo in cui ieri invitava a mettere un freno all’odio scriveva: «L’assassinio del giovane politico americano Charlie Kirk da parte del giovanissimo studente Tyler Robinson sembra proprio che abbia avverato quanto afferma la Bibbia: “E poiché hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta”». Una biblica variazione sul discorso attualmente dominante, quello secondo cui Charlie Kirk era un odiatore e dunque se l’è cercata. È davvero interessante questa insistenza sul tema dell’odio da parte di quanti si iscrivono in una cultura che ha fatto del disprezzo dell’avversario e della mostrificazione del dissenziente una caratteristica fondativa della sua azione politica. Anche Concita De Gregorio è tornata sull’argomento invitando a fermare subito «la violenza delle parole». Pure lei, per carità, ha vergato parole sante: «Forse dovremmo tutti quanti, così pronti a scandire il giudizio lapidario, fermarci un momento e chiederci: dove conduce, questa violenza verbale quotidiana, questa escalation di anatemi lanciati a priori da una trincea di tastiera a un’altra. Questa ferocia rabbiosa rumore di fondo del tempo». Di nuovo, più che condivisibile. «Lo diceva l’altro giorno il cardinale Pizzaballa patriarca di Gerusalemme riprendendo un’antica tradizione di pensiero: le parole generano realtà.Dalla violenza verbale alla violenza reale è un attimo, e infatti guardate. Chi parla male pensa male e chi pensa male agisce peggio», insisteva Concita. «Dove e quando abbiamo smarrito il rispetto del dubbio che sempre precede la conoscenza, la competenza. La capacità di metterci nei panni dell’altro per capire, da un diverso punto di vista. Il pre-giudizio al posto del giudizio. Perché è qui la radice del male. È nella scriteriata reiterazione di parole d’ordine vuote, frasi a effetto lanciate come fumogeni». Già, sarebbe davvero splendido se si abbandonassero i pregiudizi e i luoghi comuni, se si riuscisse ad accettare l’alterità e il pensiero eterodosso senza stigmatizzare, senza pervertite o svilire. Eppure sorge il dubbio che la De Gregorio non sia profeta in patria. Basta rileggere le descrizioni che il suo giornale ha offerto del povero Kirk, e quelle che offre quotidianamente non appena deve parlare di un partito di destra o di una personalità non allineata. Piccolo particolare che conferma di quanto sosteniamo: l’editoriale di Concita ieri era ben posizionato nella sezione commenti. Nella pagina successiva campeggiava una corrispondenza della suddetta Tonia Mastrobuoni con questo titolo: «In Germania vola l’ultradestra. Il contagio dell’Afd arriva a Ovest». Certo, bisognerebbe disinnescare la violenza delle parole, poi però si presenta un movimento considerato nemico come una malattia, la sua crescita è un «contagio». Ebbene, queste sono esattamente le parole dell’odio, queste sono le formule utilizzate per stringere «cordoni sanitari» intorno alle destre e a chi non si conforma. Come ci ha insegnato il furore sanitario in tempi di pandemia, il contagio va debellato con le buone o con le cattive. E a quel punto può accadere che qualcuno decida di affrontare la peste a colpi di fucile.
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Il killer di Charlie Kirk, Tyler Robinson (Ansa)