2024-05-09
Trudeau stanga l’«odio retroattivo»
Il premier canadese starebbe per varare una legge che punisce con multe e carcere anche gli «hate speech» del passato. Elon Musk rilancia e bolla la notizia: «È una follia».Il Canada di Justin Trudeau è il laboratorio e, al contempo, l’avanguardia dell’ideologia woke. Da quelle parti, chiamare un trans con il pronome «sbagliato», oppure sostenere che «esistono solo due generi», può avere conseguenze molto gravi. Le cronache, del resto, sono piene di vicende da romanzo distopico che provengono da quei lidi.Adesso, però, la situazione potrebbe addirittura peggiorare. Al centro del dibattito, nello specifico, è finito l’Online harms bill C-63. Si tratta di un disegno di legge sull’«hate speech», ossia sull’incitamento all’odio online. Presentato a febbraio dal Partito liberale di Trudeau, deve ancora essere discusso in Parlamento ma l’impalcatura generale ha già generato molto scalpore e numerose proteste: perfino una femminista e ambientalista di ferro come Margaret Atwood l’ha definita una «legge orwelliana». Ma che cosa prevede la nuova norma? Nata «per affrontare l’anarchia e l’illegalità» di Internet, come ha affermato il ministro della Giustizia canadese, Arif Virani, in teoria dovrebbe proteggere i minori dalla pornografia infantile e dai reati sessuali commessi a loro danno in Rete. Questa, almeno, è la parte più condivisibile: regolamentare le grandi piattaforme (come Facebook, Instagram, Youtube e TikTok) con un aumento dei controlli per evitare la diffusione di contenuti dannosi per i bambini.Eppure, come al solito, il diavolo si nasconde nei dettagli. Il vero problema, infatti, è rappresentato soprattutto dai passaggi della bozza riservati ai «discorsi d’odio», per cui si parla di pene draconiane, con sanzioni civili e penali che, in alcuni casi, possono addirittura condurre all’arresto. Peggio ancora: l’«odio», concetto già di per sé inafferrabile, diventerebbe un vero e proprio reato.Attualmente i casi di incitamento all’odio sono collegati a ben specifiche fattispecie del Codice penale. Se la nuova norma passasse così com’è adesso, l’odio diventerebbe un crimine a sé stante che, come spiega il New York Times, «comprenderebbe sia atti scritti che fisici». George Orwell, in confronto, era un dilettante. Non è finita qui: oltre a questo obbrobrio giuridico, prosegue il Nyt, «il disegno di legge ripristinerebbe anche un regolamento abrogato dal Parlamento circa dieci anni fa che consente ai canadesi di presentare denunce a una Commissione per i diritti umani, che può portare a sanzioni pecuniarie fino a 50.000 dollari canadesi (circa 34.000 euro, ndr) contro persone colpevoli di aver pronunciato discorsi di incitamento all’odio». A questo proposito, la Canadian civil liberties association ha affermato che il disegno di legge porterebbe a «violazioni eccessive della libertà di espressione, della privacy, dei diritti di protesta e della libertà» e darebbe a una nuova agenzia di regolamentazione il potere di essere «giudice, giuria e boia».In un post su X che ha fatto molto discutere, inoltre, Elon Musk ha riportato l’indiscrezione secondo cui la legge avrebbe valore retroattivo, il che permetterebbe alla polizia di punire anche chi ha commesso questi presunti crimini d’odio prima dell’entrata in vigore della norma. «Se fosse vero, sarebbe assurdo», ha commentato il patron di Tesla. A cui ha risposto, sempre su X, il noto psicologo canadese Jordan Peterson, autorevole voce nel mondo conservatore anglofono: «È molto, molto peggio di così: è l’atto legislativo più orwelliano mai promosso in Occidente», ha scritto Peterson senza mezzi termini.In realtà, non è ancora chiaro se la legge sarà retroattiva (cosa che sarebbe, ovviamente, gravissima). Ma anche senza questo particolare, la norma è già fin troppo raccapricciante.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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