2018-08-10
Trudeau cala le braghe davanti ai sauditi
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Dopo lo scontro con Ottawa sulla detenzione di due attiviste, Riad usa la leva del blocco economico per spaventare il premier canadese. Lui prova a tenere il punto sui diritti umani per inserirsi nei rapporti tra Donald Trump e Mohammad Bin Salman ma poi fa un passo indietro parlando di «progressi» da parte della petromonarchia.Tensione alle stelle tra Canada e Arabia Saudita. I due Paesi sono infatti protagonisti di una durissima crisi diplomatica, che potrebbe riservare effetti rilevanti sotto il profilo geopolitico. La causa scatenante sembrerebbe essere una questione legata ai diritti umani. Venerdì scorso, funzionari del governo canadese hanno chiesto su Twitter a Riad il rilascio immediato delle attiviste Samar Badawi, che ha alcuni parenti in Canada, e Nassima Al Sadah, arrestate in Arabia Saudita a fine luglio. Il post non è esattamente piaciuto alla petromonarchia che ha reagito duramente. Il ministro degli Esteri saudita ha definito l’accaduto «una grave e inaccettabile violazione delle leggi e delle procedure del regno». E poco dopo Riad ha annunciato una serie di misure punitive volte a colpire il Canada. Non solo l’ambasciatore canadese è stato espulso dal Paese ma la monarchia ha anche deciso di congelare i nuovi accordi commerciali con Ottawa, bloccare l’importazione di cereali e cancellare i collegamenti aerei con il Canada. Come se non bastasse, ha intimato agli studenti sauditi presenti in Canada di rientrare in patria nel corso delle prossime settimane.La tensione, insomma, è altissima. Tanto che il premier canadese, Justin Trudeau, ha cercato di gettare acqua sul fuoco. «I colloqui diplomatici proseguono», ha infatti dichiarato. «Non vogliamo avere cattive relazioni con l’Arabia Saudita. Si tratta di un Paese che ha un grande significato nel mondo e che sta facendo progressi nell’area dei diritti umani». Ciononostante, il primo ministro ha precisato: «Continueremo a sottolineare i problemi dove e quando esistono: in Arabia Saudita e in ogni altra parte del mondo». Insomma, una posizione un po’ ambivalente che, se da una parte mostra la volontà di tenere il punto, dall’altra evidenzia anche come Ottawa non abbia poi tutta questa voglia di proseguire lo scontro frontale con Riad. Del resto, i due Paesi intrattengono relazioni commerciali abbastanza significative. Basti pensare che nel 2015 l’Arabia Saudita ha importato beni canadesi per un valore complessivo di 1,5 miliardi di dollari: curiosamente la stessa cifra dell’export saudita di beni verso il Canada, registrata nello stesso anno. Inoltre, non dimentichiamo che a marzo Trudeau ha difeso la decisione del suo governo di firmare la vendita di oltre 900 veicoli corazzati all’ Arabia Saudita: un accordo dal valore di circa 11 miliardi di dollari. Una mossa che aveva suscitato le ire di molti attivisti per i diritti umani. Preoccupazioni di cui il premier canadese non sembra tuttavia essersi curato all’epoca più di tanto.Tutto questo evidenzia allora le motivazioni sulla parziale marcia indietro di Ottawa. Un elemento che mette in luce come Trudeau stia cercando di chiudere la crisi diplomatica in atto. Certo, il problema non è solo canadese. Da tempo, il principe ereditario saudita, Mohammad Bin Salman Al Saud, sta cercando di dare alla petromonarchia un’immagine più moderna e liberale, con il pragmatico obiettivo di rinsaldare i rapporti economici e politici nei confronti dell’Occidente. E soprattutto degli Stati Uniti. Non sono un mistero i suoi legami con Jared Kushner, genero del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Quello stesso Kushner che, nel maggio del 2017, fu tra i principali promotori dell’accordo sugli armamenti firmato dalla Casa Bianca con il governo saudita: un accordo da circa 110 miliardi di dollari. Non è quindi del tutto escludibile che le recenti critiche canadesi all’Arabia Saudita siano sorte dalla volontà di mettere indirettamente i bastoni tra le ruote alla stessa amministrazione Trump (che notoriamente con Trudeau non è in buoni rapporti).Come che sia, alla luce di tutto questo, è chiaro che Bin Salman non abbia alcuna voglia di essere dipinto come un despota e questo spiega la durissima reazione saudita alla critica canadese. In altre parole, è come se il principe ereditario stesse cercando di alzare il tiro per costringere Ottawa a ritornare sui suoi passi. Un rischio non da poco: non solo perché, come abbiamo visto, il Canada è un importante partner commerciale. Ma anche perché si tratta di un alleato strategico nello scacchiere mediorientale in chiave anti Iran. Ciononostante, per Bin Salman la posta in gioco è troppo alta. E, nonostante le oggettive controversie, la monarchia saudita conseguirà probabilmente un successo politico non indifferente contro il Canada. Perché non si può essere difensori dei diritti umani a giorni alterni. E Trudeau questa cosa non sembra averla capita.
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