2020-01-16
Tridico fa il leone ma l’Inps resta una lumaca
Il presidente in quota M5s ha divorato l'ente con lo spoils system, tuttavia la sua riforma non ne ha risolto i problemi strutturali. Sono frequenti i ritardi nell'erogazione delle pensioni, che per 7 milioni di famiglie rappresentano l'unico argine alla povertà.«Sono 19 mesi che non ricevo la pensione, dopo 42 anni e 10 mesi di lavoro». La storia la racconta alla Verità, con la serenità di chi è rassegnato alle lentezze dei pachidermi di Stato, il signor Sergio Maria Lorenzi da Marino (Roma). Ma in tanti, nel nostro Paese, sono nelle sue stesse condizioni: sono molti i signori Sergio Maria Lorenzi, vittime dei ritardi dell'Inps nell'erogare gli assegni previdenziali.«Ho lavorato dal 1975 fino al 1981 come carabiniere, poi ho vinto un concorso al Cnr e sono rimasto lì fino al giugno 2018», spiega Lorenzi. «Da allora, la mia pratica all'Inps risulta ancora “in lavorazione"». Ovviamente, il malcapitato ha interpellato più volte gli uffici: «A marzo 2019 mi avevano finalmente annunciato di aver capito qual era il problema: ricongiungere i contributi Inpdap versati quando ero nell'Arma con quelli Inps, dei miei anni al Cnr. Ma da quel momento, nessuna novità. Tutto fermo. Se vado sul sito e consulto la mia pagina, sulla mia pratica leggo: “In lavorazione"». Non manca l'appendice kafikiana: il signor Lorenzi, difatti, non è proprio uno che non ha visto il becco di un quattrino in quasi due anni. L'Inps gli ha fatto pervenire due «anticipi». Senza inviargli neppure una carta. Insomma, senza spiegargli perché. E lui si chiede: «Se la mia pratica Inps non è ancora stata processata, in base a cosa mi hanno versato quel denaro?». Quella degli anticipi per compensare i ritardi «è una vecchia, cattiva abitudine che risale proprio all'Indpad». Alla Verità, spiega l'arcano un esperto di previdenza sociale, che avevamo già interpellato a novembre 2018, in occasione della nostra inchiesta sui ritardi dell'Inps.Sulla questione, l'ente previdenziale sembra schizofrenico: il rendiconto sociale della direzione generale, in riferimento al primo trimestre dello scorso anno, registrava un rallentamento dei tempi medi di erogazione degli assegni, rispetto al 2018, del 10% per i dipendenti privati e addirittura del 52% per quelli pubblici. I dati della direzione centrale pianificazione, riferiti al primo semestre del 2019, fotografano invece una situazione virtuosa. Talmente virtuosa, che se quei numeri fossero veri, l'Inps avrebbe liquidato gli assegni addirittura prima che i beneficiari andassero in pensione.Quando La Verità si era occupata del guaio delle pensioni «bradipo», aveva raccolto le lagnanze di sventurati cui le prestazioni previdenziali erano state corrisposte anche con 5 anni di ritardo. Allora, un tecnico molto addentro ai circuiti dell'Inps ci assicurò che, tra i dipendenti dell'ente, si era diffuso uno stratagemma per evitare che i sistemi informatici registrassero i ritardi - e per evitare che andassero perduti i cospicui incentivi economici, garantiti ai lavoratori se si rispettano i tempi di legge nell'evasione delle pratiche. Secondo la nostra fonte, era sufficiente «respingere una domanda di pensionamento» prima che scadesse il termine indicato «dalla Carta dei servizi e riprenderla in carico subito dopo». Un trucco banale, forse, ma sufficiente a mascherare ritardi che, ci spiegò l'esperto, ammontavano in media a 3 mesi nel settore privato e a 8 mesi nel pubblico. Allora, sullo scranno più alto di via Ciro il Grande sedeva Tito Boeri. Ma secondo il «veterano» della previdenza sociale, che La Verità ha contattato di nuovo ieri, è difficile credere che le cose siano cambiate con la gestione di Pasquale Tridico. Il quale, nondimeno, ha imposto quasi manu militari (con il sostegno della fedelissima direttrice generale, Gabriella Di Michele, finita nella bufera per aver affidato la ristrutturazione di casa a un suo sottoposto e a un ditta che lavorava con l'Inps), una riforma dell'ente, inventandosi una direzione centrale per la Povertà e riassorbendo in un unico agglomerato uffici che, prima, rispondevano a direttore generale, presidente e ufficio legislativo. Il giro di vite non è piaciuto al Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps, che ha liquidato l'operazione come un mero riassetto funzionale e, soprattutto, ha contestato all'agenzia di aver trascurato la sua missione centrale - liquidare le pensioni, appunto - per prestarsi alle finalità indicate dalla politica. Nello specifico, dai 5 stelle, che evidentemente considerano Tridico un «loro uomo». Il numero uno dell'istituto, d'altronde, ha fatto silurare con 12 mesi di anticipo sulla scadenza dell'incarico un gruppo di dirigenti di prima fascia, non allineati alla nuova «ortodossia» dell'Inps. Gli «epurati» hanno reagito con una diffida, nella quale si parlava di «spoils system mascherato» per «poter adeguare l'assetto amministrativo al nuovo vertice politico pentastellato». In parole povere: la riforma dell'ente previdenziale altro non sarebbe se non una maniera per «grillinizzarlo». Senza risolverne i problemi strutturali, a cominciare da quello delle lentezze nell'erogazione di assegni e prestazioni assistenziali. La cronaca parla chiaro. Basti pensare all'episodio dello scorso settembre, pochi giorni prima che il Civ bocciasse la riforma di Tridico. Un settantaquattrenne, a Giarre (Catania), si era quasi dato fuoco all'interno della sede Inps, perché da 4 mesi sua moglie non riceveva più l'assegno sociale. Dopo il tentato suicidio, lo sblocco degli arretrati è stato pressoché immediato. Per avere la pensione serve un novello Jan Palach? Non che l'Inps di Tridico fatichi a capire che la problematica va presa seriamente. Nel bilancio prevenivo 2019, il «miglioramento dei tempi di liquidazione delle pensioni» è indicato tra gli obiettivi della direzione generale. Ma di buone intenzioni è lastricata la via per l'inferno. E il quadro appare ancor più fosco, se si guardano gli ultimissimi dati Istat: per 7,4 milioni di famiglie italiane, la pensione dei nonni è l'ultimo argine alla povertà. L'assegno previdenziale, in questi casi, pesa per circa tre quarti del reddito complessivo. Il 15,9% delle famiglie con pensionati si trova in una condizione economica a rischio: perciò anche un ritardo di pochi mesi può gettare le persone nella disperazione. Per fortuna, il signor Lorenzi, che aspetta da quasi 20 mesi l'assegno, a casa non ha stipato taniche di benzina. La congiuntura storica è complessa. La spesa per le pensioni, in rapporto al Pil, è salita del 2,2%. L'Inps, che ha un buco di oltre 5 miliardi, in pochi anni rischia di vedere azzerato il proprio valore patrimoniale. Eppure, con un istituto che si muove ancora come una lumaca, Tridico ha fatto il leone. Dello spoils system.
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