2020-06-12
Trame anti Lega sulle due sponde del Tevere
Matteo Salvini (Pier Marco Tacca:Getty Images))
Il fattore Salvini è temuto in Vaticano come dall'establishment italiano, che per questo lavora con gli ambienti curiali per arrivare al Mattarella bis e per convincere il governo a chiedere fondi al Salvastati. Ingabbiando così un eventuale esecutivo di centrodestra.Il numero due e profilo istituzionale della Lega, Giancarlo Giorgetti in un'intervista al Messaggero ha osservato che «magari ci penserà la divina provvidenza» a sciogliere i dubbi sul futuro del Conte bis. Il lavorio nelle stanze assai prossime alla «divina provvidenza» è incessante. Il primo obbiettivo è confermare Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica, che pare l'approdo più tranquillizzante. I prodiani hanno perso e per capirlo bisogna indagare una storia collaterale che passa dalle colline del biellese, a Bose. Il punto d'incertezza è: per arrivare al rinnovo del Quirinale si va avanti con Giuseppe Conte, che ha il solo vantaggio di sterilizzare la parte più becera della politica italiana, cioè i pentastellati, oppure, per dirla con Matteo Renzi, si fa la mossa del cavallo e si passa direttamente dalla cura alla curia degli interessi del Paese, affidandoli magari alla difesa del ministro Lorenzo Guerini? La durata dell'incarico sarebbe comunque a tempo: bisogna o confermare Mattarella o portare al Colle un anti leghista e attivare il Mes per ingessare un ipotetico futuro governo di centrodestra. Tutto è dominato dal fattore S; sta per Matteo Salvini che - per dirla con Luca Palamara - va fermato anche se ha ragione. Conte giura di essere in grado di farcela, le stanze della provvidenza dove pure l'avvocato di Volturara Appula s'è formato non ne sono sicure. Così si pensa a un'alternativa da far maturare in ottobre attraverso un rimpasto e magari il reclutamento di qualche responsabile di Forza Italia (ecco lo sperticarsi di Silvio Berlusconi per il Mes), che potrebbe sempre invocare di non avere tradito il centrodestra, ma di aver favorito un cambio di premiership nell'interesse del Paese. La scelta di puntare su Guerini il lodigiano, quasi un monsignore laico che però da presidente del Copasir ha messo da parte svariati dossier, ha una sola controindicazione ed è il fuoco amico che potrebbe scatenare dal Pd Dario Franceschini, stanco di fare anticamera a Palazzo Chigi. C'è anche un'altra variabile: Enrico Letta. Che sarebbe un cavallo di ritorno. Ci lavora zio Gianni, con Berlusconi. Che il Vaticano stia comunque lavorando per una leadership cattolica e consonante alla linea Bergoglio in Italia non è un mistero. Ricorderanno in molti l'omelia del Papa in quella piazza San Pietro deserta il 12 aprile. Francesco esortava l'Europa alla solidarietà «anche con forme innovative». Le argomentazioni e le finalità del Papa sono le stesse che il fronte ampio pro Mes utilizza. Ma il Mes con l'economia non c'entra nulla. È invece una polizia politica che l'Europa e il Vaticano, per ragioni diverse, ma convergenti, vogliono assicurarsi contro il possibile avvento della Lega e di Fratelli d'Italia al governo. È il fattore S. Se prima o poi gli italiani dovessero consegnare il potere a Matteo Salvini, il modo più «asettico» di ingabbiarlo è costituire una potestà d'intervento diretto dell'Europa attraverso il Mes. Anche Berlusconi è mosso dal fattore S. Spera, l'anziano leader di Forza Italia, di superare la conventio ad excludendum che parte dall'Europa e trova sponda Oltretevere a un governo di centrodestra. C'è chi sussurra che Berlusconi coltivi anche ambizioni quirinalizie, del tutto fuori luogo, ma certo aspira alla piena riabilitazione e confida di poter dare un ultimo giro di carte. Legata al Mes c'è la questione Quirinale. Le ambizioni sono note: Romano Prodi ci riprova, Walter Veltroni spera nel rispetto dell'alternanza tra cattolici ed ex comunisti e però ha bisogno di un Pd appagato. E poi c'è l'incognita Mario Draghi, sgradito Oltretevere, molto sostenuto dalle cancellerie «atlantiche». La precondizione è la sottomissione all'Europa, perciò la presidente della Consulta Marta Cartabia è una potenziale alternativa, anche se al Vaticano le donne non piacciono perché oggi, come ai tempi andati, è necessario anche avere un placet dalle stanze della provvidenza. Ed è lì che Romano Prodi ha perso. La Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXII, che è una continuazione del dossettismo voluta dal «creatore» di Prodi, Beniamino Andreatta dove il professore ha la sua solida base, ha preso una scoppola severa con la «scomunica» di Enzo Bianchi, ex priore della comunità di Bose che siede a vita nel Cda bolognese. Questo ha spostato l'asse su Villa Nazareth - il collegio dove si è formato anche Giuseppe Conte - dove ospite s'onore e fisso è il cardinale Petro Parolin, segretario di Stato. Lì, sono di casa i Letta, tanto zio Gianni quanto nipote Enrico. E proprio a Villa Nazareth potrebbe nascere il benservito all'ex allievo Conte. A Villa Nazareth conoscono bene Ugo Zampetti che tesse la tela per il Mattarella bis e sua santità Francesco potrebbe ben benedire il collegio romano. A dieci anni dalla scomparsa di Alberto Ronchey si ripropone una conventio ad excludendum costruita sulle due sponde del Tevere. Nel 1979, a proposito di una mancanza di alternativa dovuta all'impossibilità dei comunisti di salire al governo in Italia, Ronchey coniò il fattore K. Ebbene, oggi la vita istituzionale italiana, nonostante la manifesta incapacità del governo Conte, è bloccata dal fattore S. Pur di impedire alla Lega (e al centrodestra) di salire al governo si è disposti a portare l'Italia al fallimento e al totale asservimento all'Europa. Giancarlo Giorgetti sa bene che tra il votare e il governare c'è di Mes il Tevere. O meglio, la provvidenza.