2023-01-22
Tra le nomine da rivedere c’è anche il dimaiano che tace su Attanasio
Vincenzo Sanasi D’Arpe, oltre a Consap, è ai vertici del Pam. Ma sull’omicidio del console è silente.C’è ancora una lunga lista di manager targati Pd-5 stelle nelle nostre partecipate statali, legati a doppio filo con il secondo governo di Giuseppe Conte. Occupano ancora posizioni di rilievo nelle pubblica amministrazione e allo stesso tempo sono anche a capo di associazioni benefiche, nello stile più caro alla sinistra italiana.Del resto, dall’ex presidente del Consiglio Conte, autoproclamatosi leader dei poveri ma beccato in un lussuoso albergo a Cortina, fino ad Aboubakar Soumahoro, impegnato (a suo dire) nella difesa dei braccianti ma incapace di vedere come venivano trattati dalla cooperativa guidata da moglie e suocera, la professione dei buoni va sempre per la maggiore. Così, nelle aziende statali in scadenza (su cui dovrà presto misurarsi il nuovo direttore generale del Mef, Riccardo Barbieri), si può trovare Vincenzo Sanasi D’Arpe, nominato amministratore delegato di Consap nel 2020 (l’incarico scade in primavera), ma che allo stesso tempo esercita il ruolo di mecenate dell’alimentazione mondiale ricoprendo da diversi anni la carica di presidente del comitato italiano del World Food Programme, in italiano Pam, programma alimentare mondiale. In pochi lo sanno, ma la prestigiosa agenzia dell’Onu per gli aiuti alimentari per i Paesi sottosviluppati da anni ha scelto l’Italia per istituire una proprio filiale. Una scelta a tratti inspiegabile, considerato che a Roma c’è già la sede mondiale della Fao, dove troviamo l’ex ministro per l’Agricoltura Maurizio Martina come vice direttore generale, dopo la sua scomparsa dalla politica tra le fila del Pd. In fin dei conti l’attività del World Food Programme è quella di raccogliere cospicue offerte economiche da importanti soggetti privati generando un sistema di provvigioni o royalty da ridistribuire tra chi partecipa all’iniziativa. L’agenzia assiste una media di 100 milioni di persone in 78 paesi del mondo. Gli obiettivi sono appunto quelli di aiutare le persone che non riescono a trovare o produrre cibo per sé e le proprie famiglie. Negli ultimi 5 anni il Pam ha collaborato con il ministero degli Esteri, dove fino a pochi mesi fa sedeva Luigi Di Maio. Anche per questo motivo tra Sanasi D’Arpe e Di Maio si era creata una forte alleanza, ben rappresentata dalla folta presenza di uomini vicini al politico di Pomigliano D’Arco dentro Consap. Sanasi è stato anche uno dei finanziatori di Impegno Civico, il fallimentare partito dell’ex ministro. Sul Pam, però, pesa come un macigno l’assordante silenzio sulla morte dell’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso in Congo nel febbraio 2021, durante un attacco armato nella provincia del Nord Kivu. Assieme a lui furono uccisi anche il carabiniere Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo. Ancora oggi, a distanza di quasi due anni, nonostante alcuni sviluppi, ci sono vari punti oscuri nella dinamica dell’omicidio. Lo scorso anno la Procura di Roma ha concluso le sue indagini, chiedendo il rinvio a giudizio per due funzionari del Pam con l’accusa di aver contribuito con la propria negligenza a quanto accaduto quel giorno, ma i loro racconti non chiariscono del tutto cosa sia successo. In questi anni l’agenzia Onu è sempre stato restia a fare chiarezza. In più non ha mai commentato quanto successo al console Attanasio. Per di più continua a chiedere l’immunità diplomatica per i propri uomini. Ma la cosa più grave è che il Pam non ha ancora risarcito la famiglia dell’ambasciatore, la moglie Zakia Seddiki e le tre figlie piccole rimaste senza il padre. Oltre a mancare ancora la verità processuale, manca a un aiuto economico per una famiglia che ha perso un padre per negligenza di chi lo stava trasportando in una missione mortale. Che poi al vertice del Pam ci sia un funzionario dello Stato, l’amministratore delegato di Consap, partecipata del Mef, rende tutto quantomeno inquietante. Perché lo Stato non aiuta una madre e tre figlie piccole rimaste sole dopo la morte di un ambasciatore, quindi un servitore del nostro Paese?
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
Continua a leggereRiduci