2019-08-19
Torniamo al latino per rispettare il sacro
Ma quale inglese: la nostra civiltà cristiana si è strutturata grazie alla lingua dei Romani, quella della messa con il rito antico. Dopo la sua scomparsa, è arrivata una Babele e l'Occidente si è ridotto a una fabbrica di psicoreati che annientano la libertà.IslamofobiaPsicoreato. Insieme all'omofobia, l'islamofobia è l'accusa ultima, la stigmate dei reprobi. Dopo aver superato, lasciando sul campo morti e feriti, i grandi totalitarismi del XX secolo, la libertà di parola si è schiantata come una libellula spiaccicata sul parabrezza del politicamente corretto. «La grande forza motrice degli oligarchi è la loro convinzione di fare del bene», diceva Jack London. Convinzione, è solo una convinzione. Non è che lo facciano sul serio, il bene, ma dato che loro sono il bene, gli altri devono essere il male. L'accusa di islamofobia non paralizza solo la parola, annebbia anche le capacità di prevenzione del terrorismo che possiamo chiamare internazionale oppure religioso, purché non lo chiamiamo islamico. All'indirizzo bit.ly/31Oair8 troverete il libro Islamofobia, lo psicoreato del futuro totalitario. Gli autori, David Horowitz e Robert Spencer, devono girare con la scorta, quindi vale la pena di leggere quello che scrivono. Il libro spiega come, per il timore di essere accusati di islamofobia nell'America di Barack Obama, che comportava il blocco della carriera, il rischio di licenziamento, un corso di rieducazione in dieci lezioni da seguire (subire?) in moschea, le persone non abbiano denunciato comportamenti molto sospetti in situazioni in cui il sospetto era dannatamente giustificato e non siano stati evitati atti di terrorismo (internazionale e/o religioso), che sarebbero stati evitabili. Quindi impariamo a essere maleducati. Impariamo a essere cattivi. Impariamo l'incredibile arroganza di dire che ci sentiamo meglio a vivere senza che nessuno ci accoltelli sui treni, ci schiacci con un camion sul lungomare di Nizza, ci massacri a un concerto di una cantante onestamente mediocre, ma non per questo bisognava fare una strage. Ritroviamo il coraggio delle parole: si dice terrorismo islamico. La signora Laura Boldrini si arrabbierà e non ci inviterà più per il tè, e noi ce ne faremo una ragione.LatinoScrive Niccolò Machiavelli nella Lettera a Francesco Vettori (10 Dicembre 1513):«Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro».Anche se non arriveremo a leggere Marco Tullio Cicerone come Machiavelli, sapere il latino è bellissimo, capire la citazione, riconoscere il senso delle sillabe nel verso della preghiera è entusiasmante. Negli anni Cinquanta, quando sono nata io, avevamo i messali italiano-latino: a un certo punto cominciavi a capire e a cavartela. Era la lingua sacra che tutti conoscevano, anche gli analfabeti. Non era un sistema di snob per discriminare il povero e quindi l'incolto, era il sistema per innalzare il povero e l'incolto. Tutti sapevano l'Avemaria e il Pater in latino. L'analfabeta o l'incolto nell'imparare l'Avemaria in latino vestiva a sua volta panni reali e curiali, per usare la bellissima espressione di Machiavelli, offriva a Dio quella maggiore fatica, quel suo maggiore sforzo e ne ricavava fierezza. Inoltre, essere confrontati tutte le domeniche con la messa in latino ci rendeva sostanzialmente bilingui. Questo favoriva, anche in epoche di gravi analfabetismi, una capacità linguistica che adesso, incredibilmente, in epoca di scuola dell'obbligo, si è persa. Nei vicoli di Napoli gli analfabeti degli anni Cinquanta parlavano un linguaggio più ricco e corretto degli alfabetizzati attuali. Il latino era la lingua comune dell'Europa: era la nostra identità. I miei atlanti di anatomia erano ancora scritti in latino. Ai congressi scientifici fino al 1800 si parlava latino. Le grandi università, ovviamente fondate dal Vaticano, a cominciare dalla più antica università d'Europa, quella di Bologna, l'Alma mater studiorum, insegnavano in latino, così che tutti, anche persone non di lingua italiana, potessero studiarvi. Il latino era la lingua sacra, che dava sacralità alla messa e alla preghiera. Una volta buttato via questo, è risorta Babele. Se morirò in Irlanda non capirò l'estrema unzione. In Polonia non capisco la messa.Lato oscuroIl lato demente della nostra epoca è il tentativo continuo e costante di nascondere il nostro lato oscuro. È il delirio del politicamente corretto. La collera, l'aggressività, il dolore, la violenza, fanno parte dell'essere umano, ne sono costituenti normali. Ora sono diventati i crimini. E quindi, strutturalmente criminali, sono gli uomini che strutturalmente hanno una maggiore aggressività, e che vengono descritti dal femminismo storico come strutturalmente cattivi.Noi siamo anche il nostro lato oscuro. Senza il nostro lato oscuro non siamo perfetti, siamo incompleti, atrocemente zoppi (e si dice zoppi, non diversamente abili). Nel Vangelo c'è scritto zoppo, cieco e muto: quelle sono le parole del dolore, perché il dolore può essere consolato e può anche renderci forti come lo sono le spade di acciaio temprate nel fuoco, ma a patto di non negarlo, di guardarlo in faccia.Il lato demente della nostra epoca è l'eliminazione del dolore. Tutto. La vergogna è dolore. La paura è dolore. Quindi li eliminiamo. Eliminiamo il lato oscuro. Schiacciare un bambino con la vergogna è un gesto grave, che lo renderà insicuro. Permettere a un bambino di non provare mai vergogna è in comportamento folle che lo spingerà verso il disturbo narcisistico di personalità e il disturbo antisociale, ampollosi termini in «psicologichese» con cui oggi si indica il piacere di fare il male. Quanto la mia cagnolina Favola è scappata in mezzo alle vigne con il labrador della vicina di casa mentre era in calore e mi ha scodellato i cuccioli, sono rimasta ammirata per la sua capacità di fare la cosa giusta al momento giusto. Quando i cuccioli erano piccolissimi lei era dolcissima, quando sono stati più grandi lei li metteva in riga quando sgarravano a sganascioni e ringhiando. Si rifugiavano sotto il termosifone. Quindi il processo educativo necessita di amore, guida, accoglienza e timore. Dove non c'è timore non può esserci processo educativo. Questo suona terribile. Il timore? No. Mai. E invece è così: il processo educativo necessita di timore, il timore di rabbuiare la mamma, il timore dell'insufficienza. Tra l'altro imparando a sfidare il timore si impara il coraggio. Bambini di tre anni che tengono in pugno i genitori, sedicenni che informano che loro non andranno più a scuola? Questi figli sono stati allevati secondo i dettami della pedagogia demente: senza timore. Che nessuno si faccia illusioni: dove non c'è timore il processo educativo si ferma. Non può esserci solo timore come nella terrificante pedagogia cosiddetta nera del pedagogista tedesco Daniel Paul Schreber, ma non può esserci l'assenza del timore. Un bambino è perfettamente in grado di tollerare il timore del padre o della madre. È la mancanza di processo educativo che lo annienta, lo riduce a un piccolo reuccio terrorizzato.E anche l'aggressività è una componente indispensabile, senza la quale saremmo finiti per fare da merenda alle tigri dai denti a sciabola e non avremmo superato l'era glaciale. Privi del lato oscuro diventiamo fiocchi di neve.