2025-11-03
        José Altafini: «La Serie A mi fa venire l’orticaria»
    
 
Il campione: «Le squadre fanno 300 passaggi davanti all’area, è terribile. La Premier è tutto un altro sport. Un giovane deve giocare 4-5 partite di fila, anche se sbaglia. Il Napoli è fortissimo, ma l’Inter lo è di più».«Incredibile amici!». Bastano due parole per riassumere l’entusiasmo contagioso di José Altafini. Un’esclamazione che è diventata marchio di fabbrica di un personaggio che ha vissuto il calcio in ogni sua forma: da protagonista in campo e poi da voce inconfondibile dietro al microfono. Classe 1938 e bomber implacabile, ha vestito le maglie del Milan, del Napoli e della Juventus, ha giocato nei tre stadi più iconici del mondo - Maracanã, Wembley e San Siro - e ha segnato più di 200 gol in Serie A, 216 in 459 partite per l’esattezza. Campione del mondo nel 1958 con il Brasile di Pelé, poi attaccante anche della Nazionale italiana, Mazzola II (come lo chiamavano i brasiliani) è stato un ponte vivente tra due continenti e due scuole calcistiche. Oggi, a 87 anni, segue ancora il pallone con la stessa curiosità, ma con sempre meno pazienza: «Guardo la Premier, perché la Serie A ormai mi fa venire l’orticaria», dice ridendo.Che idea si è fatto del campionato di Serie A? «Non è che mi piaccia. Purtroppo non seguo tutte le partite, perché non mi divertono. Ne guardo solo alcune. Preferisco la Premier League, perché è tutto un altro gioco. Ricordo le squadre di una volta - il Milan, la Juventus, l’Inter - che attaccavano con velocità, con fame. Oggi stanno tre ore con la palla tra i piedi davanti alla porta: è una schifezza, mi fa venire l’orticaria».Ci si annoia, oggi, a guardare la Serie A? «Quasi. Non so se è una direttiva degli allenatori o se sono proprio le squadre a non trovare spazi, ma giocare così, con trecento passaggi davanti all’area, è terribile. Il giocatore che tocca più palloni è il portiere, e questo dice tutto. La Premier invece è molto più bella: là giocano bene, attaccano, rischiano».Eppure anche molti italiani si stanno facendo valere all’estero. «Sì, Calafiori è migliorato tantissimo andando là, come Tonali. Abbiamo anche allenatori forti: Maresca al Chelsea, De Zerbi al Marsiglia. La nostra scuola resta la migliore. È assurdo che in Italia si vada a cercare allenatori stranieri che non praticano niente».A proposito, alla guida del suo Brasile ora c’è Carlo Ancelotti. «Ancelotti è il più vincente che c’è. In Brasile potrà fare bene: il materiale umano non manca, deve solo registrare la squadra. Per il Mondiale 2026 può dire la sua. È bravissimo, ha un carattere che si fa amare dai giocatori».Lei invece non ha mai voluto fare l’allenatore. Perché? «Perché non sono un uomo che comanda. Ci sono quelli che lo fanno con eleganza ed educazione e quelli che urlano e sbraitano. Nereo Rocco, per esempio, era duro ma straordinario: ti strigliava, poi dopo cinque minuti veniva ad abbracciarti. I giocatori amano questo. In Brasile avevo un allenatore che non urlava mai: veniva vicino e mi diceva “guarda che stai sbagliando, devi fare così”. I rimproveri davanti a tutti, invece, danno fastidio».Gattuso riuscirà a portare l’Italia ai Mondiali? «Meglio se mi fai un’altra domanda (ride, ndr). Non mi piace giudicare gli allenatori: dipende tutto dai giocatori. In Italia i talenti ci sono, bisogna solo farli crescere e giocare. Gattuso ha un problema: deve qualificarsi e non è facile. Gli stessi giocatori quando entrano in campo, si vede che non sono tranquilli e tutto diventa complicato».Perché l’Italia fa così fatica a qualificarsi ai Mondiali? «Forse perché non si rendono conto dell’importanza di ciò che rappresentano. Guarda gli altri: anche quando cantano l’inno, lo fanno con passione, con amore per la maglia. Noi sembriamo quasi infastiditi, come se giocare fosse un favore che fanno al Paese».E gli attaccanti italiani? «Se pensiamo che il migliore è Retegui, che è argentino, c’è da riflettere. I nostri giovani non vengono fuori. Ho visto Camarda, che ha sbagliato il rigore contro il Napoli ed è scoppiato a piangere: è giovane, va aspettato. Anche io alla mia prima partita presi cinque gol e piansi. I giovani vanno lasciati crescere, servono fiducia e pazienza».Quindi servirebbe più continuità per i ragazzi? «Certo. Un giovane deve giocare quattro o cinque partite di fila anche se sbaglia. Oggi, se uno fa male una gara, lo tolgono subito. Così non crescerà mai. Ma gli allenatori oggi hanno fretta di fare risultati».Chi le piace tra gli attaccanti di oggi? «Dicono tutti che Pio Esposito è molto bravo, io non l’ho visto ma se è così bisogna puntarci, anche se per qualche partita non segna. Bisogna credere nei giovani».Il Napoli può rivincere lo scudetto? «Ha una squadra fortissima. Ora dovrà sopperire alla mancanza di De Bruyne, ma ha tanti giocatori bravi. Uno che adoro è Anguissa: segna, corre, lo trovi ovunque».E le altre grandi? «Il Milan manca di un vero centravanti. Leao è fortissimo, lo farei giocare sempre 90 minuti, perché magari quello che non fa in 89’ lo fa in un minuto. Allegri è bravo, ha sistemato un po’ la difesa, anche se a volte concede troppi contropiedi. Ma la più forte per me resta l’Inter: ha titolari e riserve in grado di risolvere la partita in qualsiasi momento. In Champions invece è più difficile, perché all’estero le squadre sono più forti. Il Psg, ad esempio, è fortissimo; il Real Madrid non è più quello di una volta, ma resta competitivo, e il Barcellona ha tanti giovani bravi ma ancora ingenui».Le piace Lamine Yamal? «Molto. È bravissimo, anche se ultimamente mi sembra giochi più orizzontale, non punta più l’uomo per andare in porta come faceva prima».La Juventus si è appena affidata a Spalletti per risollevarsi. Come lo vede? «A volte un allenatore può fare bene con gli stessi giocatori di un altro. Dipende da come li gestisce e da che ruolo assegna loro. Se uno è bravo a fare l’ala, perché metterlo terzino? Serve valorizzare le caratteristiche dei giocatori. Poi certo, ci sono le eccezioni. Ricordo Zambrotta: al Bari faceva l’ala, alla Juve diventò uno dei migliori terzini del mondo».La Vecchia Signora di oggi è diversa da quella che conosceva lei? «Non conosco l’ambiente Juve di adesso, ma quando giocavo lì c’erano Boniperti presidente e l’Avvocato Agnelli: tutti rigavano dritto. Se ti presentavi al campo con i capelli lunghi te li facevano tagliare. E quando si perdeva, ci si riuniva negli spogliatoi ad ascoltare la ramanzina. Oggi invece i giocatori mandano a quel paese l’allenatore davanti a tutti. Non solo alla Juve: dappertutto».Capitolo San Siro. Cosa pensa dell’idea di abbatterlo? «Non tocchiamo questo argomento! Ho giocato nei tre stadi più belli del mondo e sono orgoglioso di averlo fatto. Il Maracanã l’hanno cambiato e ora è addirittura in vendita, Wembley l’hanno buttato giù, e ora vogliono abbattere anche San Siro. È uno stadio fantastico, potrebbero solo ristrutturarlo per lasciarlo così».In quello stadio ha vissuto emozioni indelebili con la maglia del Milan. «Eh sì. A San Siro ho fatto quattro gol all’Inter in un derby, quattro alla Juventus, ho segnato al Santos: sono ricordi bellissimi».Cosa pensa del Var? «Tanto valeva quando sbagliava l’arbitro. Fischiano troppi falli che una volta non fischiavano. Se pesto il piede all’avversario involontariamente, fermano il gioco e danno pure il rosso. Devono finirla con questa storia dei “pestoni”. Capisco le entrate brutte, ma per il resto bisognerebbe tornare come una volta: mani in area è rigore, fuorigioco se c’è anche solo un giocatore davanti, basta confusione».Lei ha inventato il celebre «Incredibile amici!»: come nasceva? «Da ragazzo seguivo il campionato brasiliano, dove i telecronisti - come in tutto il Sudamerica - sono dei fenomeni. “Golazo” però non l’ho inventato io, ma “manuale del calcio” sì (ride, ndr)».E delle telecronache di oggi cosa pensa? «Sento troppe seconde voci che spiegano cosa avrebbe dovuto fare l’attaccante. Ma che ne sanno loro? Quando sei solo davanti al portiere hai tre opzioni: dribblarlo, tirare forte o piazzarla. Come è successo a me a Wembley, nella finale col Benfica. Decisi di piazzarla: il portiere respinse e io segnai».C’è ancora qualcosa che le fa dire «incredibile»? «Sì, ci sono ancora delle belle cose nel calcio. Anche se il gol più bello che ho visto nella mia vita è stato la rovesciata di Djorkaeff in Inter-Roma del 1997: un gesto atletico fantastico, mi è rimasto nel cuore. Anche io ne ho fatti in rovesciata: il portiere non sa mai dove andrà la palla, è imprevedibile».In questi giorni si è parlato di una polemica con San Marino. Cosa è successo? «Sono stato contattato dal ministro dello Sport di San Marino: mi era stato proposto di collaborare a qualche iniziativa, per promuovere gli eventi e parlare dei loro giocatori all’estero. Poi però l’opposizione, attraverso i giornali locali, ha scritto che ero stato chiamato “per parlare con i vecchi ai bar”. Una polemica assurda. Ma lasciami chiarire una cosa».Prego. «Io, in virtù delle origini dei miei genitori, sono stato orgogliosamente insignito della chiave della città di Caldonazzo, in Trentino, e della cittadinanza onoraria di Giacciano con Baruchella, in provincia di Rovigo. E adesso, per una lotta politica tra governo e opposizione, mi mettono in mezzo dicendo che andavo a prendere soldi per stare al bar. Ho dovuto rinunciare all’incarico perché mi hanno disonorato. La stampa di San Marino ha commesso un grave errore: non mi hanno nemmeno chiamato per sentire la mia versione».
Ecco #DimmiLaVerità del 3 novembre 2025. La nostra Flaminia Camilletti spiega perché Donald Trump ha minacciato di intervenire in Nigeria se non finirà la persecuzione dei cristiani.