
Il Papa coi giovani non cita il clima: «Curate la casa comune, non c’è futuro senza Dio».A leggere alcuni titoli di giornali e siti web di ieri sembrava che papa Francesco fosse impegnato in un discorso da Friday for future, come se Greta fosse lì, al suo fianco come la statua di una santa. «Il Papa ai giovani: vincere la sfida del clima», si leggeva qua e là, come fosse un discorso del presidente Sergio Mattarella a caso. In realtà quando Francesco ieri mattina si è rivolto agli studenti dell’Università cattolica portoghese ha detto, testuale, che la sfida che questa generazione è chiamata a vincere riguarda «l’urgenza drammatica di prenderci cura della casa comune» e il fatto che «in nome del progresso, si è fatto strada troppo regresso».Non solo. Gli esperti di dogmi da cambiamento climatico forse hanno perso un altro pezzo del discorso del Papa, perché Francesco ha detto a «questa generazione» di fare attenzione, di non cadere «nella trappola di visioni parziali». Insomma, oltre alla differenziata, alle auto elettriche come mantra, allo spegnimento dei condizionatori (spesso quelli altrui) e ai pannelli fotovoltaici, il Papa ha detto che abbiamo «bisogno di un’ecologia integrale», che passa dal no all’aborto e all’eutanasia, fino all’accoglienza dei rifugiati. «Abbiamo bisogno di occuparci della dimensione materiale della vita all’interno di una dimensione spirituale».Cioè, per essere ancora più chiaro, il Papa ha detto, citando uno dei ragazzi che gli ha posto una domanda, che «non è possibile un’autentica ecologia integrale senza Dio, che non può esserci futuro in un mondo senza Dio». Senza volere scomodare papa Benedetto XVI, sembrava di sentire una frase di Ratzinger quando disse che «i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo perché i deserti interiori sono diventati così ampi». Peccato non aver visto molti titoli ieri riprendere questo punto di vista, che è centrale se si vuol tentare di comprendere le parole del Papa. Poi, certo, la scelta di far girare la Gmg di Lisbona intorno a temi che facilmente richiamano l’agenda globale non aiuta a far passare l’alternatività del messaggio cristiano. Il Papa ha stesso ha parlato della «vita del pianeta, minacciata in questo momento da una grave distruzione ecologica» (agevolando forse il compito a chi ha voluto forzarne e distorcerne il pensiero), e due giorni fa la folla dei giovani italiani è stata arringata da don Luigi Ciotti, il prete di strada antimafia, che ha sicuramente richiamato alla necessità di essere coerenti e credibili, ma non ha sottolineato troppo l’importanza di essere innanzitutto credenti. Ecco, questo è il punto su cui a volte si potrebbe osare di più, ricordandosi appunto che oltre alla desertificazione ambientale c’è anche una desertificazione della fede. Che la prima conversione, prima di quella ecologica e di quella pastorale, è quella a Dio: «Convertitevi e credete al Vangelo», diceva Gesù.Il Papa ai giovani universitari ieri ha detto che occorre «una conversione del cuore e un cambiamento della visione antropologica dell’economia e della politica» e «non ci si può accontentare di misure palliative o di ambigui compromessi». Perché, ha detto, occorre ridefinire appunto «progresso e evoluzione» per evitare che finiscano in «regresso», come ad esempio aveva ricordato parlando alle autorità portoghesi mercoledì: «Nel mondo evoluto di oggi è divenuto paradossalmente prioritario difendere la vita umana, messa a rischio da derive utilitariste, che la usano e la scartano».Per questo cambiamento, diciamo «conversione», occorre però la forza di predicare Cristo fino in fondo. Come San Francesco d’Assisi, spesso confuso come un menestrello qualsiasi, il quale cantava le lodi del creato perché la bellezza che vi riscontrava era per lui riverbero della verità, bontà e bellezza del Creatore. E prendersi cura del creato significa anche governarlo da parte dell’uomo, usarlo senza abusarlo, perché il suo valore intrinseco rimanda alla dignità dell’uomo e all’amore di Dio.A tutti gli esperti di dogmi da cambiamento climatico occorre ricordare che la passione per la cura del creato di un cristiano - ed è questo che in fondo ha detto anche il Papa ieri - non viene dall’ultima scoperta scientifica o dal bisogno di dar sfogo industriale a qualche ritrovato tecnologico, ma da una spiritualità che offre un certo particolare sguardo sulla realtà.
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