2025-09-13
Prove di svolta sull’auto Ue, ma solo a parole
Ursula von Der Leyen (Ansa)
I costruttori apparentemente tranquillizzati dall’incontro con Ursula Von der Leyen che assicura: punteremo sulla neutralità tecnologica e a breve rivedremo lo stop ai motori termici. Di concreto però non c’è nulla. Intanto l’Unione si spacca sugli obiettivi climatici 2040.Mettiamola così: almeno a parole non c’è stata una rottura. Anzi. I costruttori d’auto sono usciti cautamente soddisfatti dall’incontro, che loro stessi avevano chiesto con urgenza, a Ursula von der Leyen. A parole, appunto, perché poi di fatti concreti, se togliamo l’impegno a puntare sulla neutralità tecnologica e di accelerare sulla revisione allo stop per i motori termici nel 2035, non ce ne sono. E vista la profondità della crisi che sta affrontando il settore dell’automotive e la velocità con la quale la concorrenza, cinese in primis, continua a penetrare nel mercato del Vecchio continente, questa non è affatto una buona notizia. Si procede, insomma, a un ritmo decisionale europeo mentre il resto del mondo viaggia a una velocità tripla. Di questo passo la perdita di ulteriori quote di mercato sarà inevitabile. Ma veniamo ai fatti. Il concetto chiave che emerge dal terzo Dialogo strategico sul futuro dell’industria automobilistica che il presidente dell’esecutivo Ue ha tenuto a Bruxelles davanti ad alcuni tra i principali protagonisti del settore (c’era anche John Elkann per Stellantis) è più Europa. La Von der Leyen avrebbe infatti parlato di una nuova categoria normativa per le piccole auto elettriche (l’obiettivo è arrivare anche con incentivi ad hoc a una city car elettrica realizzata in Europa che costi meno di 20.000 euro), di una maggiore collaborazione per potenziare la produzione di batterie e della nascita dell’alleanza europea per i veicoli connessi e autonomi. Tutti concetti corretti, che però arrivano quando i buoi sono scappati da un pezzo. La Cina è davanti anni luce su background tecnologico, catene di approvvigionamento e materie prime. Riesce a produrre vetture sempre più competitive a prezzi decisamente più convenienti rispetto ai gruppi tedeschi, francesi e italiani. E in più sta entrando nelle nostre case dalla porta principale. Lo scontro a suon di numeri sulle vendite nel mercato tedesco tra Byd e Stellantis è da questo punto di vista emblematico. Il nuovo ad Antonio Filosa per confrontarsi con l’azienda cinese più aggressivo nel Vecchio continente non evidenzia certo i dati dell’ultimo modello dalla 500 o della Panda elettrica, ma quelli di Leapmotor, un altro brand asiatico con il quale ha stretto una partnership per gestire la distribuzione fuori da Pechino. «Non possiamo permettere alla Cina e ad altri di conquistare questo mercato: qualunque cosa accada, il futuro è elettrico e l’Europa ne farà parte», aveva detto mercoledì Ursula nel discorso sullo Stato dell’Unione, e ieri ha ribadito il concetto: «Vogliamo che il futuro delle automobili, e le automobili del futuro, siano prodotte in Europa e stiamo lavorando a stretto contatto con l’industria per far sì che tutto questo diventi realtà. Abbiamo ascoltato le preoccupazioni del settore e concesso flessibilità di conseguenza, in futuro combineremo la decarbonizzazione e la neutralità tecnologica».Ecco, se vogliamo trarre degli elementi di speranza dal vertice è da qui che bisogna partire. La flessibilità è l’unica variabile che può restituire sprint a produzione e vendite delle case automobilistiche europee. E la flessibilità, oltre che sulle tempistiche delle riduzione di emissione, si basa sulle fonti alternative all’elettrico. Non esistono solo le e-car che inquinano meno. Da questo punto di vista è senza dubbio un segnale positivo la rapidità con la quale Bruxelles pare voglia muoversi per rivedere prima del 2026 i regolamenti sui target delle emissioni di CO2 del 2035. Un’accelerazione su questo versante darebbe ai costruttori europei maggiori garanzie sulla programmazione. Mentre resta ancora troppo vago il concetto di neutralità tecnologica e non è un mistero che per l’Italia sarà fondamentale il ruolo dei biocarburanti. Bisogna sperare che il ministro Adolfo Urso abbia avuto le giuste indicazioni: «Alcune delle nostre proposte sono state recepite», ha chiarito, «la piena neutralità tecnologica, l’utilizzo di carburanti alternativi, una decarbonizzazione sostenibile, interventi per gli investimenti tecnologici e produttivi, a cominciare dalle Giga Factory, e il riconoscimento di una nuova categoria di piccole autovetture, più tipiche per la produzione in Italia». Vedremo. Anche perché quello che si è presentata all’incontro di ieri è un leader dimezzato. La Von der Leyen deve destreggiarsi ogni giorno tra i colpi della sinistra e di buona parte dei socialisti che vedono come fumo negli occhi i progetti per la difesa da un lato e l’arretramento sul Green deal dall’altro. Mentre sull’altro versante del Parlamento ci sono il Ppe e le forze più a destra che da mesi spingono per un’inversione a U rispetto all’ideologia ambientalista. La spaccatura è plastica. E le mozioni di sfiducia contro il presidente tedesco ne sono la dimostrazione più evidente. Una spaccatura che al di là delle dichiarazioni di facciata riguarda tutta l’Europa. Che anche ieri si è divisa su una questione dirimente come la traiettoria da prendere sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra al 2040. Diversi Paesi, tra cui Francia, Germania e Italia, hanno chiesto di rinviare la discussione al vertice tra capi di Stato e di governo di ottobre. L’obiettivo è arrivare a dama prima della conferenza di novembre delle Nazioni Unite (COP30), che si terrà in Brasile. Sarebbe il minimo sindacale.
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