2025-10-29
Il capo dell’Anm fa il Renzi: «Se passa la riforma Nordio, potrei dimettermi»
Cesare Parodi (Imagoeconomica)
Giovedì il voto finale in Aula. La sparata di Cesare Parodi mostra che il sindacato delle toghe fa politica. Referendum tra marzo e aprile.Procede a tamburo battente l’iter della riforma della giustizia del governo Meloni. Ieri pomeriggio in Senato la quarta e ultima lettura del testo, mentre l’ultimo voto è previsto per domani mattina ma il testo per essere approvato senza ulteriori passaggi dovrebbe passare a maggioranza assoluta. I voti della maggioranza naturalmente non bastano e, a meno che non si stacchi una bella costola di Partito democratico, è da considerare impossibile. Si apre quindi la strada del referendum costituzionale. «Si terrà tra fine marzo e metà aprile» ha spiegato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, aggiungendo: «Mi auguro che sia una discussione pacata, puramente tecnica, sulla diversità della diversità tra la funzione del pm e del giudicante in attuazione del codice accusatorio. Esiste in tutti i paesi dove c’è il codice accusatorio. Mi auguro che venga tenuta in termini non polemici, aggressivi e soprattutto in termini non referendari in senso politico. Che non diventi un Meloni sì-Meloni no come è stato con Renzi. Anche perché alla fine chiunque vincesse... se vincesse la politica nei confronti di una magistratura che si fosse troppo esposta, ciò comporterebbe una umiliazione della magistratura che io non vorrei da ex magistrato». Ma, appunto, come accadde per la riforma Renzi, c’è già chi intende personalizzare il voto, ma questa volta non si tratta del presidente del Consiglio. Ci ha pensato il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi che, ospite di Un giorno da pecora su Rai Radio 1, ha detto: «Se dovessimo perdere il referendum sulla giustizia, magari male, per colpa mia, dovrei pormi delle domande, sarebbe doveroso dimettermi. Con un mandato si dovrebbe riuscire a esser efficaci» e poi rispondendo alle parole del ministro Nordio che chiariva che la riforma non costituisce un attentato alla Costituzione, ha chiarito: «Certo che non lo è. Qualcuno, sbagliando, aveva detto che il meccanismo in sé non sarebbe aderente alla Costituzione e questo effettivamente non è vero perché l’articolo 138 della Costituzione (che tratta di revisione costituzionale, ndr) spiega cosa sta accadendo, e al di là dei tempi del dibattito parlamentare, questa riforma è pienamente riconducibile alla previsione costituzionale». Dunque, quasi una conferma del fatto che si tratta di una questione politica, così come accusa la maggioranza di governo. D’altronde che non ci sia simpatia risulta evidente dalle stesse parole di Parodi che interrogato sul premier Giorgia Meloni ha risposto: «Meloni? Il frutto mi piace molto, sia con il prosciutto sia come frutto». Una battuta di cattivo gusto, quantomeno. La battaglia dell’Associazione nazionale magistrati non viaggia in solitaria. Può contare infatti sul supporto del Pd, perlomeno di chi lo guida, e su ampia porzione della stampa. Parodi invece sottolinea: «Il nostro Comitato è totalmente svincolato, formalmente e sostanzialmente, dall’attività dei partiti. Volevamo essere autonomi, volevamo dimostrarlo in maniera tangibile, costituendo un soggetto nostro, destinato a svanire con l’esito del referendum e totalmente non collegato con forze politiche». E non solo, accusa la stampa di far propaganda: «Tutti i giorni vedo determinati giornali, ma anche reti televisive, che vogliono alzare i toni, vogliono portare le forze in campo allo scontro. Questo non è un buon servizio per il Paese». Tuttavia la posizione della segretaria del Pd Elly Schlein è netta e durissima: «Questa riforma nasce da un motivo, questa destra vuole incidere sugli equilibri che la Costituzione mette a garanzia dei diritti dei cittadini», la sua accusa che allude a un complotto: «Se un cittadino pensa che il giudice debba obbedire a chi governa può votare a favore, se invece pensa che anche chi governa, come tutti, debba rispettare la legge e la Costituzione allora voterà no a questa riforma». Proprio ieri in Senato è stata convocata un’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari Pd per discutere della separazione delle carriere alla presenza di Schlein. È questo il nodo principale su cui si dibatte. L’obiettivo della riforma è quello di separare le carriere dei magistrati requirenti e giudicanti. A tal fine viene prevista una riforma del Consiglio superiore della magistratura (Csm) con due diversi organi di autogoverno: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente. I componenti, eccetto chi ne fa parte di diritto (presidente della Cassazione, procuratore generale della Corte di cassazione e presidente della Repubblica), verrebbero sorteggiati. Tradotto: niente voto, fine delle correnti. Inoltre, si intende istituire l’Alta Corte disciplinare cui sarebbe attribuita la giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari giudicanti e requirenti.
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(Ansa)
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio: «Come si fa a parlare di attentato alla Costituzione, non si può fare attraverso una legge prevista dalla stessa Costituzione. Siamo alla schizofrenia». «Se la magistratura si aggrega alla politica in una lotta elettorale, sarà interpretata dalla cittadinanza come soggetto politico e perderebbe il connotato di imparzialità e indipendenza che un magistrato deve avere. Quando ho detto questo, mi è stato obiettato di aver paura di perdere il referendum, ma se vinciamo nella fisiologia della politica, la magistratura subirebbe una sconfitta politica che non è mai indolore».