2019-01-21
Tifano stragi in Libia per far cambiare la politica al governo
Barcone in avaria nelle acque di Misurata, si temono vittime. Pressing Ong. Palazzo Chigi: in contatto con Tripoli, tocca a loro. Chiunque abbia un minimo di sale in zucca sa bene che l'unico modo per diminuire il numero dei morti è non far partire più questi catorci del mare, ma la sinistra no: la sinistra spera che ne partano ancora e ancora.Altro barcone in avaria in acque libiche, altra guerra tra Ong e governi, soprattutto quello italiano. Dopo la strage per la quale si ipotizzano 117 vittime, un nuovo dramma agita il Mediterraneo, e riparte la pressione sulla linea dura, ribaltando il nesso logico tra «porti chiusi» e morti. «Ieri ho pensato, ho desiderato che morisse qualcuno sulla nave Aquarius. Ho detto: adesso, se muore un bambino, io voglio vedere che cosa succede per il nostro governo». Era il 12 giugno 2018, quando lo scrittore Edoardo Albinati disse quello che tanti pensano, ma non confessano. Fare il tifo più o meno esplicito per la morte è infatti l'ultima frontiera della propaganda. Non importa dove sia avvenuto il naufragio, non importa quale autorità sarebbe dovuta intervenire, non importano i fatti, ma poter addossare agli avversari politici la responsabilità di ogni vittima. «Continua un genocidio», ha dichiarato l'altro ieri il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, in relazione ai 117 morti nel naufragio di un gommone, «e direi al ministro Matteo Salvini: si farà un secondo processo di Norimberga e lui non potrà dire che non lo sapeva». Un insulto alla verità e alla storia, prima ancora che a Matteo Salvini. Ieri è tornato a farsi sentire anche il prode (nel senso di scudiero di Romano Prodi) Enrico Letta: «Dopo le 366 vittime a Lampedusa», ha twittato l'ex premier, «facemmo Mare Nostrum. Italia umana. Dopo le 117 di queste ore il governo dice porti chiusi. Vergogna Italia». Eppure, chi ha avuto responsabilità di governo come Letta, comprende benissimo che la responsabilità di queste stragi è tutta dei trafficanti di esseri umani, affiliati alle cosche mafiose africane, che imbottiscono carrette del mare di uomini, donne e bambini, intascando anche 5.000 euro per ogni «viaggiatore». Sul naufragio sono aperte due inchieste, una della Procura militare di Roma e l'altra di quella ordinaria di Agrigento.Chiunque abbia un minimo di sale in zucca sa bene che l'unico modo per diminuire il numero dei morti è non far partire più questi catorci del mare, ma la sinistra no: la sinistra spera che ne partano ancora e ancora, mentre è sempre più difficile avere qualche certezza su quello che accade realmente nel tratto di mare che separa l'Africa dall'Europa. Ieri mattina Alarm Phone ha segnalato un altro barcone in difficoltà, con 100 persone a bordo, a 60 miglia al largo delle coste di Misurata, in Libia. «Un bambino», ha scritto Alarm Phone su Twitter, «è incosciente o morto. Il natante sta imbarcando acqua. Roma e Malta ci hanno istruito di contattare la Guardia costiera di Tripoli come autorità competente. Finora però, non abbiamo avuto alcuna risposta . Cerchiamo di stare in contatto con la barca. “Presto non sarò più in grado di parlare, mi sto congelando", ci ha detto una persona. Sono nel panico, il nostro team cerca di calmarli».L'appello di Alarm Phone è stato raccolto da Sea Watch: «Ci stiamo dirigendo», ha twittato la Ong, «verso l'emergenza segnalata da Alarm Phone e sul quale nessuna autorità sta intervenendo. Siamo a circa 15 ore di distanza. Non possiamo coprire da soli il Mediterraneo, dove le persone vengono lasciate morire». Sea Watch3, la nave battente bandiera olandese della Ong tedesca, lo ricordiamo, ha già recuperato 47 persone da un gommone in avaria.«Sui clandestini», ha sottolineato il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, «non cambio idea. Meno persone partono, meno persone muoiono. In Italia e in Europa, lo voglio ribadire, ci si arriva in aereo. L'unico modo per fermare le morti è bloccare e arrestare gli scafisti. Se qualcuno pensa che in Italia si cambi idea, in Italia non si cambia idea. Il ministro dell'Interno garantisce regole, ordine e rispetto. Andremo a prendere in aereo donne e bambini che scappano dalla guerra», ha aggiunto Salvini, «mentre per gli scafisti i porti restano e resteranno chiusi. I numeri ci danno ragione: 150 sbarchi in questi giorni di gennaio, contro i 2.700 del gennaio 2018». «Quello che sta succedendo nel Mediterraneo», ha argomentato il vicepremier Luigi Di Maio, «è frutto delle azioni di alcuni Paesi, che poi ci fanno pure la morale. Macron prima ci fa la morale e poi continua a finanziarsi il debito pubblico con i soldi con cui sfrutta i Paesi africani». In serata, Palazzo Chigi ha fatto sapere che «dopo vari giorni di mare agitato, i trafficanti di esseri umani hanno approfittato di questo weekend di mare calmo per agire nuovamente. Attualmente è ancora in mare un gommone con un centinaio di persone in acque territoriali libiche. Siamo in continuo contatto con la Guardia costiera libica perché effettui questo ulteriore intervento e metta in sicurezza i migranti che sono a bordo».
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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