2025-11-13
Veto del governo sull’eurotassa energetica
Come anticipato da Giancarlo Giorgetti, Roma all’Ecofin si opporrà all’assalto fiscale su gas, benzina e gasolio. Ed è pronta a esercitare il diritto di stoppare le accise che produrrebbero 25 miliardi di euro di costi per l’Italia. Dietro la proposta danese c’è la Germania.Si annuncia un clima piuttosto caldo, oggi a Bruxelles, in occasione della riunione dei ministri delle Finanze dell’Unione europea, il Consiglio economia e finanza (Ecofin). I ministri sono chiamati a trovare un accordo sulla revisione della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici (Dte). Questa proposta di riforma, che risale al 2021 e il cui scopo dichiarato è allineare la tassazione ai sempre «ambiziosi» obiettivi climatici europei, rappresenta un amaro cascame della politica green dell’Unione europea e del pacchetto Fit for 55.La posta in gioco è altissima, poiché la revisione della Dte comporterebbe un nefando aumento delle accise su gas, benzina e gasolio, seguendo il principio che chi emette paga. L’elemento che scatena l’aumento delle accise è il cambio del parametro di riferimento per la tassazione. La proposta prevede infatti che le aliquote minime siano calcolate in base al contenuto energetico effettivo e alle reali prestazioni ambientali dei combustibili e dell’energia elettrica, anziché in base al volume. Questo nuovo approccio di fatto introduce aliquote minime più alte per i combustibili convenzionali, come il gas e la benzina, che saranno tassati di più. La revisione mira, inoltre, a rimuovere esenzioni e aliquote ridotte sull’uso dei combustibili fossili.Le conseguenze per l’Italia, dove il gas naturale è la principale fonte per la produzione di energia elettrica (il 63% dei 61,8 miliardi di metri cubi di gas consumati nel 2024 è stato utilizzato da industria e manifattura), sarebbero devastanti. Secondo le stime, la direttiva potrebbe scaricare sulle spalle di imprese e cittadini nuovi costi per 25 miliardi di euro all’anno.Di fronte a un tale salasso per famiglie e imprese, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha annunciato la linea dura ed è pronto a opporre il veto dell’Italia alla nuova direttiva. Il provvedimento è ritenuto dal governo incompatibile con l’attuale scenario energetico e industriale, profondamente alterato dopo il 2021, quando la proposta fu avanzata dalla Commissione, e con i prezzi del metano oggi ben al di sopra del periodo precrisi energetica.Giorgetti ha bollato la misura come un suicidio assistito per l’industria italiana. Inoltre, ha ribadito la volontà del governo di tutelare gli interessi nazionali: «Difenderemo in tutte le sedi le nostre ragioni contro un aumento di imposte sull’unica fonte di transizione disponibile» (il gas, definito «indispensabile per garantire la sopravvivenza del nostro sistema produttivo»). Il ministro ha anche lanciato un monito più ampio, avvertendo che «l’Europa non può restare un mercato aperto e indifeso di fronte al dumping e alle asimmetrie fiscali». Il riferimento è alle differenze di tassazione in alcuni Paesi dell’Unione (ad esempio l’Olanda e l’Irlanda).In questo scenario, la capacità dell’Italia di esercitare un potere di blocco è fondamentale, come ha sottolineato in Parlamento qualche settimana fa Giorgia Meloni. Il principio dell’unanimità nel Consiglio Ue, in materia fiscale in questo caso, è un meccanismo di vitale importanza per evitare che si formino maggioranze capaci di riversare sul groppone degli italiani carichi fiscali insostenibili. L’obiettivo di Roma è utilizzare questo potere per spingere verso un nuovo testo che sia più equo.La posizione del governo non è isolata. Aurelio Regina, delegato del presidente di Confindustria per l’energia, si è detto contento della posizione del governo e ha espresso forte preoccupazione, affermando che la proposta «ucciderebbe radicalmente l’industria italiana aumentando la tassazione sul gas naturale», impattando negativamente anche sulle bollette delle famiglie. La bozza in discussione, presentata dalla presidenza di turno danese, è fortemente sostenuta dalla Germania. Berlino è stata la prima a intervenire in seno al comitato Coreper II nei giorni scorsi, esortando gli Stati membri ad adottare il compromesso e andare avanti. Sette Paesi (Svezia, Lituania, Irlanda, Portogallo, Estonia, Slovenia e Romania) hanno appoggiato la proposta. Ma Spagna e Francia sono sulle posizioni italiane, assieme a Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Croazia, che contestano la proposta per altri motivi. Il testo prevede un periodo transitorio fino al 2042 e la presidenza danese sta pensando di prolungare ulteriormente questo periodo per venire incontro alle critiche. Bulgaria, Lettonia e Malta hanno altri rilievi legati all’indicizzazione dei livelli di tassazione.Francia e Paesi Bassi non si opporranno al mantenimento dell’esenzione fiscale per l’aviazione e il settore marittimo, compresa la pesca. Mentre Madrid si è scontrata con Parigi sull’idrogeno: il governo di Pedro Sánchez non vorrebbe equiparare il trattamento fiscale dell’idrogeno prodotto da fonte nucleare a quello più favorevole dell’idrogeno prodotto con fotovoltaico ed eolico.La situazione insomma è piuttosto confusa ed è difficile che un compromesso venga raggiunto oggi, a meno di colpi di scena. L’annuncio del veto italiano ha rimescolato le carte di una trattativa già molto complicata. La discussione sulla Dte sarà solo uno dei punti centrali dell’Ecofin di oggi. Si parlerà anche di dogane, finanze pubbliche, semplificazione e di Ucraina.
Piero Amara (Imagoeconomica)
Al di là degli stereotipi e delle banalità politicizzate, parliamo del rapporto fra le donne e la cucina. Dalla quotidianità ai grandi ristoranti.