2025-11-13
Dopo il nostro scoop si muove anche il Csm. Partono le verifiche sulle accuse di Amara
Piero Amara (Imagoeconomica)
Sul caso delle manovre per affossare colleghi, tra cui Palamara, due laici del centrodestra e un togato vogliono vederci chiaro.Il caso del presunto inginocchiamento del pm Mario Formisano davanti all’indagato Piero Amara approda al Consiglio superiore della magistratura e potrebbe portare alla riscrittura di un importante capitolo di storia giudiziaria di questo Paese, con tanto di ritorno di Luca Palamara sul presunto luogo delitto, Palazzo Bachelet.Breve riassunto delle puntate precedenti: Amara, lunedì, ha raccontato alla Verità che il magistrato perugino si sarebbe genuflesso («scherzosamente») per chiedergli di aiutarlo con le sue dichiarazioni a «incastrare» l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, in quel momento accusato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio dalla stessa Procura di Perugia. Erano giorni di grande fibrillazione (era il giugno del 2019 ed era appena esploso il caso delle nomine al Csm) e Formisano, da poco approdato a Perugia, aveva davanti a sé l’inchiesta più importante della sua carriera.Dopo il nostro scoop, i legali di Palamara hanno annunciato la presentazione di «un esposto denuncia alle competenti autorità per valutare la sussistenza di responsabilità». Ma adesso sono due consiglieri laici di centrodestra del Csm, Isabella Bertolini (Forza Italia) e Claudia Eccher (Lega) e il consigliere togato «fuori dalle correnti» Andrea Mirenda a volerci vedere chiaro, dopo che La Verità ha scodellato anche le chat dello stesso Formisano e dei colleghi Gemma Miliani e Paolo Abbritti, oggi distaccato presso il ministero della Giustizia, con un cancelliere del tribunale umbro, Raffaele Guadagno, conversazioni da cui si evincono le manovre alle spalle dell’ex procuratore aggiunto Antonella Duchini, in quel momento sotto processo a Firenze e costretta a lasciare il proprio ufficio in via preventiva. Tra le mosse concertate ci sarebbe stata anche l’organizzazione di una supposta campagna mediatica ai danni della Duchini.Nella richiesta di apertura della pratica, i consiglieri citano l’episodio dell’inginocchiamento e la presunta richiesta di Formisano rivolta ad Amara di fargli fare «l’indagine della vita su Palamara», ma anche l’accusa di calunnia piovuta sull’ex avvocato, sospettato dalla Procura generale di Perugia di essersi sforzato «di compiacere gli inquirenti all’epoca concentrati sul caso Palamara».I membri del parlamentino dei giudici rimarcano anche che i pm Abbritti, Miliani e Formisano «sarebbero stati coinvolti in condizionamenti di testimoni e organi di stampa relativamente all’inchiesta» sulla Duchini.Pure in questo caso viene riportato quanto scoperto dalla Verità e cioè che il cancelliere Guadagno «interloquiva con i magistrati su divulgazioni di notizie sulla stampa, per dichiarazioni da rendere “fuori verbale” in occasione di testimonianze, e per “far aprire l’ambiente”, ovvero spianare la strada all’inchiesta, indirizzando l’opinione pubblica».Per Bertolini, Eccher e Mirenda «le condotte rilevate denotano un utilizzo inappropriato della propria funzione da parte dei magistrati indicati, un condizionamento nei confronti di un procedimento penale in corso (quello nei confronti della dottoressa Duchini) e una ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro magistrato».A giudizio dei tre consiglieri, «tali fatti necessitano di un doveroso approfondimento atto a verificare quale possa essere l’impatto ambientale e funzionale di tali comportamenti, a cui potranno anche conseguire ulteriori verifiche sia in sede disciplinare, sia in sede di valutazione di professionalità di tutti i magistrati coinvolti, al fine di evidenziare ogni eventuale profilo di carenza dei prerequisiti di indipendenza ed imparzialità».Il Comitato di presidenza del Csm, composto dal vicepresidente Fabio Pinelli, dal primo presidente della Cassazione, Pasquale D’Ascola e dal pg del Palazzaccio, Piero Gaeta, dovrà adesso trasmettere la richiesta di apertura della pratica agli uffici competenti. Sicuramente, per quanto riguarda la compatibilità ambientale e funzionale, sarà interessata la prima commissione, dove, nelle intenzioni dei firmatari della richiesta, dovranno essere sentiti i protagonisti della vicenda, a partire da Palamara e Amara. Ma dovrebbero essere coinvolte anche la sezione disciplinare e la quinta commissione per le valutazioni di professionalità.In queste ore Formisano e Abbritti non hanno rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale, anche se su un sito locale, Umbria24, ha anticipato che Formisano avrebbe «incaricato i propri legali per difendere la propria reputazione nelle sedi opportune, non essendosi “mai inginocchiato dinanzi a nessuno”».Da parte sua, Amara sostiene di avere come testimoni i suoi due avvocati, entrambi presenti all’interrogatorio del 2019, ed è convinto che anche i due rappresentanti della polizia giudiziaria presenti nella stanza non mancheranno di confermare la sua versione. Nel frattempo, mentre il caso Palamara torna a fare parlare, una parte del Csm prova a battere cassa con l’ex magistrato. Nell’agosto 2024 la Corte dei conti lo ha citato in giudizio per costringerlo a rifondere complessivamente 515.702 euro da ripartire in parti uguali tra ministero della Giustizia e Csm. La richiesta era relativa al danno all’immagine (132.758 euro), al danno da disservizio (363.030) e danno da «disservizio in senso stretto» (19.913).Palamara, lo scorso 24 luglio, ha scelto di chiudere la partita, pagando 129.000 euro. Una cifra che non sembra avere, però, soddisfatto Palazzo Bachelet, che esclude che «la posta monetaria conseguita possa assorbire integralmente il danno effettivamente patito dall’amministrazione».Infatti, su richiesta del succitato Comitato di presidenza, l’Ufficio studi e documentazione del Csm ha dato un parere positivo all’avvio di un giudizio civile nei confronti di Palamara per ottenere il totale risarcimento del danno d’immagine subito, trattandosi di illeciti commessi nell’esercizio delle funzioni consiliare. Per il parlamentino dei giudici, non ricorrerebbe una ipotesi di «bis in idem» (l’ordinamento vieta di processare qualcuno due volte per lo stesso reato) poiché il giudizio promosso dalla Corte dei conti avrebbe natura sanzionatoria mentre il giudizio civile natura risarcitoria. Il Csm, per questo, sarebbe pronto a chiedere ulteriori 202.817.Ma ieri la pratica è tornata dal plenum in commissione a seguito della presentazione da parte di Palamara di una memoria difensiva che ha ricordato come, davanti alla Corte dei conti, il Csm fosse rappresentato dall’Avvocatura dello Stato e che questa non si era opposta alla definizione del giudizio. Inoltre la sentenza di patteggiamento utilizzata dal Csm per provare a «spillare» a Palamara altri denari si basa anche sulle dichiarazioni dell’avvocato Amara, accusato dalla Procura generale di Perugia di calunnia ai danni dello stesso ex presidente dell’Anm.A fronte di tutto, non ci risulta che i consiglieri di Palazzo Bachelet abbiano avviato azioni nei confronti dell’ex consigliere Piercamillo Davigo, condannato in via definitiva per reati commessi all’interno del Csm, vale a dire la diffusione dei verbali segreti del solito Amara sulla cosiddetta Loggia Ungheria. Nei confronti di Davigo la sentenza di condanna sarebbe, infatti, pienamente utilizzabile nel giudizio civile ai fini della responsabilità, mentre il patteggiamento di Palamara non lo è. Inoltre, il reato per il quale Davigo è stato condannato è un reato del pubblico ufficiale mentre quello patteggiato da Palamara è un reato comune (il traffico di influenze). A una prima, superficiale valutazione, verrebbe da dire che nell’ex Palazzo dei marescialli si fanno figli e figliastri.
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Il fenomeno della radicalizzazione tra adolescenti e giovani adulti in Europa sta conoscendo un’espansione allarmante, come dimostrano le più recenti indagini e operazioni di polizia. Ma in che modo i predicatori dell’odio riescono a trascinare ragazzi e ragazze all’interno della loro spirale di fanatismo e distruzione? Ne abbiamo parlato con Elisa Garfagna, esperta che analizza da anni le dinamiche della radicalizzazione online e il ruolo dei social network nella diffusione di messaggi estremisti.
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