2025-11-13
L’Ilva è stata massacrata dalle inchieste flop. Il green è la mazzata finale
Il cappio della sinistra e dei pm sta uccidendo la più grande acciaieria d’Europa. Un omicidio in nome della salute che affossa il Paese e punisce 6.000 dipendenti.Quando an che l’ultimo altoforno sarà spento, sulla storia dell’Ilva calerà il sipario e si potrà scrivere un libro per spiegare a scuola le ragioni del declino industriale dell’Italia. Immagino già il ti tolo: Così si uccide un’azienda. Sottotitolo: Eutanasia della più grande acciaieria d’Europa. Perché è questo ciò che accadrà. E a dire il vero sta già accadendo: nei prossimi giorni, 5.700 dipendenti saranno messi in cassa integrazione, poi a gennaio diventeranno 6.000. In pratica, il polo siderurgico di Taranto verrà messo in standby. Nessuno ufficialmente dirà di aver staccato la spina, ma la sostanza è questa. Lo dice il sindacato, che invoca l’intervento dello Stato per evitare la chiusura. Ma se anche il governo volesse, per l’Ilva non potrebbe fare niente, perché 13 anni di inchieste e processi hanno fatto il vuoto intorno alla fabbrica.Nessuno vuole averci a che fare. Non gli investitori, per paura di fare la fine dei Riva, i precedenti proprietari che vennero arrestati, espropriati e processati, un calvario durato anni e non ancora concluso (a oggi i procedimenti sono in corso). Non i manager, che temono di finire in galera, accusati di reati come disastro colposo, inquinamento ambientale grave, eccetera. Risultato, il cappio stretto attorno al collo dell’Ilva da giudici e sinistra sta uccidendo l’azienda.È un assassinio perfetto, commesso in nome della tutela della salute pubblica, dunque con una motivazione altissima. La salute non si può barattare con il lavoro, no? Quindi se un’industria inquina è giusto che le sia impedito di inquinare. Anzi, è giusto chiuderla. Ma siamo sicuri che sia così? Inaugurato 60 anni fa, in pieno boom economico e simbolo della crescita dell’Italia, il polo siderurgico di Taranto è stato per anni un fiore all’occhiello del Paese. Dal 1965 e fino al 1995 nessuno si preoccupò dei fumi e delle polveri, ma poi lo Stato 30 anni fa decise di uscire dal settore e dunque privatizzò l’azienda. E da quando la comprarono i Riva fino al 2012 tutto filò liscio, poi la Procura sequestrò l’impianto, accusando i nuovi proprietari dei peggiori reati ambientali e avviando la spirale che porta alla chiusura. E a questo punto della storia urge porsi alcune domande. Prima questione: ma quando l’Ilva era dell’Iri non emetteva le stesse polveri e gli stessi fumi rilasciati quando è passata ai Riva e da qui allo Stato? E come mai se le esalazioni non erano profumate nessuno allora se ne accorse? Forse in Procura e a sinistra erano distratti? O forse gli interessi erano altri? C’è poi un secondo quesito: pur essendo stata in passato la più grande acciaieria d’Europa, l’Ilva non è la sola d’Europa. In Austria, Francia e Germania ne esistono altre che hanno emissioni uguali e superiori a quelle del polo siderurgico di Taranto. Tuttavia a nessun magistrato e a nessuna forza politica in Austria o altrove è venuto in mente di sequestrarle e di chiuderle, mettendo in galera manager e proprietari con accuse da ergastolo. E nemmeno c’è qualcuno che voglia far funzionare un altoforno alimentandolo invece che con il gas con i pannelli solari e le pale eoliche. Intendiamoci: non è che in Austria, Francia e Germania nessuno si preoccupi della salute dei cittadini. E nemmeno si ignora l’esigenza di ridurre fumi e polveri. E però il piano per la decarbonizzazione lo stanno attuando con calma, con una scadenza fissata nel 2050. Infine, perché nel 2019, con i grillini al governo è stato tolto lo scudo legale che doveva garantire imprenditori e manager incaricati di risanare i conti e il sito? Possibile che Giuseppe Conte e compagni non abbiano pensato che in questo modo l’Ilva sarebbe diventa un’impresa radioattiva, perché avrebbe potuto far finire tutti in galera? Vi sembra una follia? A me sembra da pazzi rinunciare all’industria dell’acciaio in nome di un nuovo luddismo patrocinato da giudici e sinistra uniti nella lotta. Come pensiamo di costruire palazzi, auto, carri armati e navi senza l’acciaio? Come si può pensare di tenere in piedi un Paese se lo Stato non può difendere le aziende di interesse nazionale dalle invasioni di campo? È questo il vero tema e anche il nocciolo che riguarda il declino dell’Italia.
Piero Amara (Imagoeconomica)
Al di là degli stereotipi e delle banalità politicizzate, parliamo del rapporto fra le donne e la cucina. Dalla quotidianità ai grandi ristoranti.