
A proposito delle decennali contestazioni di contiguità con il terrorismo di Hamas, con La Verità, due anni fa, l’architetto giordano Mohammad Hannoun si era infastidito: «Tutte le accuse che provengono da Israele non mi fanno né caldo, né freddo perché si tratta di un criminale che accusa una persona civile come me di terrorismo. Io non ho mai lanciato un missile o una bomba, vivo da persona perbene. Il mio compito è smascherare la faccia criminale dell’entità sionista e questo lo farò per sempre». L’ordinanza di custodia cautelare in carcere che lo ha raggiunto ieri racconta, però, tutta un’altra storia. Dietro al professionista (in)sospettabile si nascondeva un militante che conosceva da dentro il mondo di Hamas e lo finanziava a colpi di milioni di euro.
Addirittura ha fondato e guidato a Genova la sua Ong dal nome pacioso (Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese) con un compagno, Osama Alisawi, che ha fatto carriera, diventando ministro dei Trasporti a Gaza nel governo di Hamas.
Nell’ordinanza il giudice Silvia Carpanini sostiene che si sia «senz’altro concretizzato un grave quadro indiziario circa l’appartenenza di Hannoun al Movimento terroristico Hamas cui partecipa quale vertice della cellula italiana, che si identifica con l’Abspp cui è a capo». Per l’indagato i pm avevano già chiesto l’arresto più di quindici anni fa. Ma adesso le prove contro di lui sarebbero molto più solide. Il gip rimarca i «plurimi riferimenti ad Hamas fatti dagli stessi indagati e dai loro familiari» e numerose sarebbero anche «le situazioni che emergono dalle intercettazioni e dai documenti acquisiti che collegano Hannoun a figure di spicco di Hamas, in un rapporto di collaborazione che si protrae ormai da parecchi anni».
Nell’ordinanza la toga cita la conversazione in cui l’indagato per terrorismo spiega alla figlia che cosa sia la baiyaa, il giuramento obbligatorio per entrare in Hamas.
I magistrati non sanno se Hannoun lo abbia pronunciato, ma nella spiegazione data alla ragazza l’uomo mostra di essere ferrato sull’argomento e definisce se stesso, sebbene solo a titolo di esempio, «“il responsabile di Hamas” presso cui l’aspirante associato dovrebbe fare la sua baiyaa».
Per il gip «la posizione di vertice in Italia di Hannoun fa sì che egli sia in relazione diretta con gli omologhi nei diversi Paesi europei, ossia con i massimi esponenti dell’organizzazione all’estero (in Olanda, Austria, Francia, Gran Bretagna), nonché con il vertice europeo (prima della sua probabile fuga in Turchia) Majed Al Zeer».
Procura e Tribunale ritengono «significativi per valutare l’appartenenza di Hannoun ad Hamas» i suoi contatti con i leader del movimento. Già nel 2001 l’indagato aveva ottenuto un intervento telefonico del leader e fondatore di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, a un convegno organizzato a Torino.
Ma gli inquirenti hanno raccolto la prova di contatti approfonditi anche con i già citati Alisawi e Al Zeer, ma anche con altri pezzi da novanta come Kamel Abu Madi e l’ex capo politico dell’organizzazione, ucciso dagli israeliani nel 2024: Ismail Haniyeh.
La conoscenza con quest’ultimo «è stata ampiamente documentata nel corso delle indagini». Per esempio in un’intervista televisiva lo sceicco giordano Riyad Adbelrahim Jaber Albustanji (anche lui raggiunto dall’ordine di arresto), con a fianco Hannoun, aveva dichiarato di essersi recato insieme con l’architetto presso la casa di Haniyeh, definito «nostro comandante, nostro emiro». Quindi aveva portato ad esempio «le donne di Gaza» che «educano i loro figli al Jihad e al martirio e all’amore per la Palestina». Per le toghe un «messaggio indicativo di quale sia l’ideologia che muove tali soggetti». Il tutto al fianco di un taciturno Hannoun. Il quale, però, lontano dalle telecamere, in un’intercettazione, annunciava alla moglie di avere in programma un incontro a Istanbul proprio con l’allora capo dell’Ufficio politico di Hamas: «Mi hanno detto che vogliono vedermi...andrò a vedere Ismail…».
Sono molti gli indizi che, a giudizio della Carpanini, dimostrerebbero, a prescindere dall’ingente massa di denaro garantita ad Hamas (documentata in modo dettagliato dagli inquirenti), l’«adesione soggettiva» di Hannoun «al movimento e alle modalità di azione che permettono di caratterizzarlo come organizzazione terroristica».
Tra il 2002 e il 2003, lui e il fratello Said «festeggiano telefonicamente» diversi attentati contro cittadini inermi: tre attacchi suicidi su autobus (con un bilancio di oltre cinquanta civili morti, tra cui molti bambini) e un altro al bar universitario di Gerusalemme (nove vittime). Nel 2013 la polizia israeliana arresta il nipote di Hannoun, Muhammad Awad, con l’accusa di essere un finanziatore di Hamas. Il giovane confessa alla polizia israeliana di «aver ricevuto dallo zio i contatti telefonici di almeno un paio di uomini di Hamas» appena usciti di prigione e che «si occupano dello stipendio dei prigionieri di Hamas e delle famiglie dei martiri e delle borse di studio degli universitari per conto dell’organizzazione».
Ad Hannoun, su Facebook, scappa la frizione: «Mohammad Awad è un eroe! È un libero dei liberi della Palestina! Mohammad Awad è uno dei Leoni di Hamas! Gloria e onore per Mohammad Awad e per i suoi genitori! Onore a coloro che innalzano in alto la bandiera verde (di Hamas, ndr). Io sono fiero e orgoglioso di essere lo zio materno».
Nonostante Hannoun, con il tempo, abbia iniziato a essere più prudente, gli investigatori hanno trovato riscontri recenti alle accuse.
Per esempio è stato pizzicato mentre, da solo in auto, ascolta un canto religioso islamico (nasheed) che esalta gli attentati suicidi delle Brigate Al-Qassam.
Nelle cuffie degli investigatori sono entrate anche le parole di una canzone che «inneggia ad Hamas e alla morte attraverso il martirio» e di una che celebra la strage di israeliani del 7 ottobre 2023. In un’ulteriore intercettazione l’architetto «pacifista» dichiara, parlando con la moglie, che il loro compito «è fare la Jihad». Il 4 giugno 2024, riferendosi alla nuova associazione Cupola d’oro, spiega che questa è «destinata a sostituire l’Abspp che «però viene mantenuta in quanto fa parte della “lotta”».
Durante le indagini, nel cellulare di Hannoun sono state reperite numerose immagini, che, secondo il gip, «denotano in modo inequivoco quanto meno la condivisione dell’ideologia di Hamas e del suo modus operandi». Foto di «martiri e combattenti», riferimenti ad Hamas, alle Brigate Izz al-Din al-Qassam e ai leader del movimento, bambini in uniforme con maglie di Hamas, una richiesta di donazioni per le famiglie bisognose di Gaza con il logo di Hamas, inviti a partecipare a eventi delle Brigate Al Qassam e di Hamas, per esempio all’anniversario della fondazione del movimento e alla «commemorazione del martire Mohamed Zouari», un ex ingegnere aerospaziale tunisino che collaborava con i terroristi.
Nel medesimo archivio fotografico gli investigatori hanno scovato altri scatti che a giudizio del gip «documentano la rete relazionale e il pieno inserimento di Hannoun all’interno dell’organizzazione terroristica». Quali? Hannoun sotto lo striscione di Hamas; Hannoun (anche con moglie e figlia) in compagnia di alti esponenti dell’organizzazione terroristica come il già citato Haniyeh, Ali Baraka, Osama Hamdan e Khalil al-Hayya, per un periodo vice di Yahya Sinwar, altro capo politico dell’organizzazione terroristica ucciso dagli israeliani.
Altri scatti documentano il viaggio di Hannoun a Gaza a fine novembre 2011 in occasione degli accordi di Wafa Al-Ahrar. Ritraggono il sessantatreenne giordano sul palco degli organizzatori insieme con Alisawi e il vice ministro dell’Interno di Hamas Kamel Abu Madi. Negli scatti l’indagato è «a braccetto o comunque in atteggiamenti che denotano vicinanza e confidenza» anche con altre «figure di rilievo» come il solito Haniyeh o Ziad Zaza, «già ministro di Hamas deceduto per Covid nel 2022 e il cui corpo al funerale è stato avvolto nella bandiera delle Brigate Al Qassam».
Dalle tracce lasciate su cellulari e pc emerge un ulteriore faccia a faccia con Haniyeh che sarebbe avvenuto nel 2024. Agli atti dell’inchiesta è finito anche un messaggio vocale che l’architetto giordano ha inviato nel maggio del 2024 al leader che da lì a poco sarebbe stato ucciso.
Interessante pure la foto che ritrae Hannoun insieme con Amr Alshawa di passaggio in Liguria. Hannoun gli ha fatto da guida a Genova e a Portofino nel gennaio del 2023. È opportuno ricordare che il governo americano, nell’ottobre dello stesso anno, ha offerto un premio sino a dieci milioni di dollari a chi fornisca informazioni utili su Alshawa, indicandolo quale finanziatore di Hamas.
Nella sua ordinanza la Carpanini cita pure una foto del settembre 2021 realizzata durante la presentazione di un’iniziativa di Hamas a sostegno dei prigionieri palestinesi.
Nelle carte c’è anche una chat del 2016 in cui Hannoun commenta con Alisawi e Albustanji la morte di sette appartenenti alle Brigate Al Qassam a seguito del crollo di un tunnel in costruzione a Gaza.
Hannoun scrive: «Sacrificano i loro figli e i loro giovani per la nostra dignità e i nostri luoghi sacri, proteggiamo almeno le loro spalle e alleviamo il loro dolore».
Alisawi replica: «Gaza offre il meglio della sua gioventù... i sette astri non sono il primo sacrificio e non saranno l’ultimo, ma sono parte di un sistema integrato di preparazione totale che inizia con la parola e non finisce con i tunnel e i missili. È la marcia di preparazione alla liberazione».
Sembra di sentire Hannoun, che a noi aveva detto, a proposito del sanguinario attacco del 7 ottobre: «Noi ci atteniamo al concetto di Resistenza prevista dalla legalità internazionale […] abbiamo imparato dalla Resistenza italiana ed europea». E aveva aggiunto che chi «rimane nella terra altrui», non può «lamentarsi di venire colpito dai combattenti della Resistenza». Oggi scopriamo che quelle non erano le parole di un palestinese arrabbiato, ma impegnato in opere di beneficenza. No, quelli, per i magistrati genovesi, erano gli slogan di un militante di Hamas.






