2025-07-27
Il testo del fine vita sarà cambiato ma la destra resiste sui medici-killer
Lucio Malan (Imagoeconomica)
La Consulta ha ordinato alla sanità pubblica di procurare i macchinari per il suicidio dei malati paralizzati. Il relatore del ddl, Pierantonio Zanettin (Fi): faremo in modo che il Ssn dia i dispositivi, non i farmaci letali e il personale.L’ultima sentenza sul fine vita non sarà priva di conseguenze. E il centrodestra lo ha capito. La sensazione, nella maggioranza, è che la Consulta, ordinando alla sanità pubblica di reperire i macchinari per il suicidio assistito dei pazienti paralizzati, abbia voluto emendare il ddl adottato dal Senato, il cui esame riprenderà dopo l’estate. Le toghe, con buona pace della «leale collaborazione» tra istituzioni, non solo dispongono che si colmi un vuoto legislativo, non solo determinano il perimetro della norma che il Parlamento dovrebbe approvare, ma sembrano volerla anche «correggere» a discussione in corso. Di qui, il «disagio» manifestato dal capogruppo di Fdi in Senato, Lucio Malan. Il quale, a fronte del pressing del Pd, fautore del coinvolgimento tout court della sanità pubblica nella procedura, ha comunque dovuto confermare che l’Aula terrà conto del verdetto di venerdì.In cosa potrebbero sostanziarsi le modifiche al testo lo ha anticipato, alla Verità, uno dei relatori della legge, il senatore forzista Pierantonio Zanettin. «La pronuncia della Consulta», ha precisato, «non è stata proprio un fulmine a ciel sereno. Lo scorso 15 luglio, in commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama, avevamo audito quattro giuristi. E Giuliano Amato, già presidente della Corte costituzionale, aveva fatto alcune osservazioni sull’opportunità di conferire un ruolo al Servizio sanitario nazionale». Ora, la strada potrebbe essere questa: «Cancellare il divieto, inserito nel testo base, di procurare lo strumento che consente all’aspirante suicida di autosomministrarsi la dose letale, conservando invece quello di acquistare i farmaci e di prestare personale in servizio, fatto salvo che i sanitari sarebbero liberi di collaborare con i malati a titolo volontario e al di fuori dell’orario di lavoro».Il centrodestra proverebbe così a mantenere in piedi almeno due dei paletti che aveva fissato, rimuovendo quello che la sentenza di ieri l’altro ha reso insostenibile. Dopodiché, non è scontato che l’impianto della norma sia inattaccabile: in fondo, la Consulta ha affermato in modo esplicito che il Ssn deve pure offrire «ausilio» nell’«impiego» dei dispositivi attivabili con comandi vocali, o tramite movimenti oculari; e il Tribunale di Firenze, a marzo, aveva stabilito, alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, che le Asl hanno il dovere di mettere a disposizione i farmaci letali.«Siamo consapevoli delle difficoltà», ha aggiunto Zanettin, «visto che si tratta di una materia divisiva e spinosissima. D’altro canto, pensiamo che sia meglio avere una legge, ancorché imperfetta, piuttosto che affidare tutto al caos delle sentenze, o alle Regioni. Discipline difformi all’interno del territorio nazionale finirebbero persino per innescare un “turismo di morte” interregionale». È più o meno la stessa preoccupazione che agita la Chiesa cattolica, alcuni autorevoli esponenti della quale sarebbero favorevoli a un’azione delle Camere: l’idea è che, con una maggioranza conservatrice, sarebbe possibile limitarsi al minimo indispensabile. Sarebbe molto più rischioso - ritengono Oltretevere e nel centrodestra - attendere le progressive liberalizzazioni imposte dai giudici, come, un domani, lasciare il pallino alla sinistra. È la logica del male minore. Va sottolineato, però, che la «legge imperfetta» in lavorazione potrebbe non essere un punto d’arrivo. Se considerata troppo restrittiva, o addirittura «inumana», stando alla vulgata radicale, rischierebbe di essere trascinata proprio davanti alla Consulta. Che non si è spinta fino a vietare una volta per tutte l’eutanasia: il problema della punibilità di chi commette l’omicidio del consenziente, nella pronuncia di venerdì, non è stato toccato. Le questioni sollevate dal giudice fiorentino sul caso della signora paralizzata, in effetti, sono state rigettate per mancanza di motivazioni circa la reperibilità dei dispositivi di autosomministrazione delle dosi mortali. Non per ragioni di merito, cioè non per l’illiceità in sé del contributo di un terzo alla procedura. Agli atti, fino ad oggi, resta solo la bocciatura del referendum spinto dall’Associazione Coscioni, quando Amato mise in guardia rispetto allo svuotamento della fattispecie dell’omicidio del consenziente, che avrebbe compromesso la tutela delle persone più fragili. Pertanto, salvo novità e verdetti perspicui, una diversa maggioranza avrebbe facoltà di allargare le maglie e, a certe condizioni, di liberalizzare l’eutanasia vera e propria.È sorprendente, poi, che l’ipotesi di un’investitura della sanità pubblica non abbia sollevato un dibattito magari più filosofico, ma non per questo irrilevante. La deontologia impegna il medico a «non compiere mai atti finalizzati a provocare la morte». Per adesso, tutto è rimasto sul terreno della burocrazia impersonale: la Consulta prescrive all’Iss di compiere ricerche di mercato per acquistare i macchinari; le Asl valutano i documenti e conferiscono o negano l’autorizzazione a chi desidera porre fine alle sue sofferenze. Ma cosa ne sarebbe della natura della professione di un dottore che, invece, andasse a installare uno di quei dispositivi a casa del paziente, lo collegasse al suo corpo, gli consegnasse un farmaco letale? Ammesso non sia già stato ridotto a folklore, avrebbe ancora qualche senso il Giuramento d’Ippocrate?
Giusi Bartolozzi (Imagoeconomica)
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