2025-06-18
Telefoni in classe: per colpire il governo la sinistra si gioca la mente dei ragazzi
Giuseppe Valditara vieta gli smartphone e i progressisti lo additano: metodo antiquato. Ma è provato che il Web rimbambisce.Pur di attaccare questo governo sono disposti a sostenere qualsiasi tesi, anche la più assurda e deleteria. Sono pronti a rinnegare la realtà e a danneggiare il prossimo: basta che possano gettare un po' di fango. Sembra che tra quelli che suscitano particolare fastidio ci sia Giuseppe Valditara, colpevole di guidare il dicastero dell’Istruzione che la sinistra - chissà perché - considera roba sua, patrimonio privato e intoccabile. Ecco allora che si contesta perfino il più sacrosanto dei provvedimenti, ovvero il divieto di smartphone in classe anche alle superiori.La circolare ministeriale informa che «le istituzioni scolastiche provvederanno ad aggiornare i propri regolamenti e il patto di corresponsabilità educativa prevedendo per gli studenti del secondo ciclo di istruzione il divieto di utilizzo dello smartphone durante l’orario scolastico anche a fini didattici, nonché specifiche sanzioni disciplinari per coloro che dovessero contravvenire a tale divieto. È rimessa all’autonomia scolastica l’individuazione delle misure organizzative atte ad assicurare il rispetto del divieto in questione». Tale decisione, chiarisce il ministro, è motivata dalla consapevolezza degli «effetti negativi, ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica, che un uso eccessivo o non corretto dello smartphone può produrre sulla salute e il benessere degli adolescenti e sulle loro prestazioni scolastiche. Sull’argomento», nota Valditara, «sono sempre più numerosi gli studi, così come risulta una sempre maggiore attenzione da parte degli organismi internazionali e delle istituzioni sanitarie sulla necessità di adottare politiche in grado di contrastare i preoccupanti fenomeni che tali ricerche mettono in luce». In effetti esistono divieti analoghi in Francia, Olanda, Grecia, Australia, persino in Cina. Gli studi sul tema si sprecano. Eppure c’è sempre qualcuno disposto a difendere l’indifendibile. Stavolta tocca a Matteo Lancini, starlette della psicologia progressista, che sulla Stampa definisce la mossa di Valditara «l’ennesimo provvedimento slogan che toglie ai giovani invece di dare». «Iniziano le prove della maturità e invece di chiedere scusa agli studenti italiani perché anche quest’anno non siamo riusciti a organizzare prove di valutazione usando l’AI, che viene utilizzata in tutte le università del mondo, li perquisiremo come se fossero dei delinquenti», si dispera Lancini. «Questo perché manteniamo un sistema di valutazione in cui i ragazzi e le ragazze devono restituire quello che l’insegnante sa da sempre, invece di produrre elaborati che integrino le informazioni e le competenze acquisibili nella società onlife, quella dove reale e virtuale costituiscono un’unica realtà complessa. Quella in cui ci muoviamo noi adulti e nella quale li abbiamo costretti a nascere, essere continuamente fotografati e crescere. La verità è che questo provvedimento intende ancora una volta sottolineare come le nuove generazioni siano di pendenti da internet, quando nessuno scienziato serio oggi sa definire cosa sia la dipendenza da internet». In realtà gli scienziati che hanno messo in guardia dai disastri causati dai dispositivi digitali sono parecchi. E non si tratta soltanto di dipendenza, anzi. La rivoluzione tecnologica ha reso i ragazzi meno capaci di concentrarsi, di leggere e scrivere, di stringere rapporti umani, di affrontare la vita quotidiana con la necessaria energia. Jonathan Haidt, psicologo sociale statunitense, ha mostrato come l’uso dei dispositivi produca un potente aumento dell’ansia. Non è tutto. «Grazie a una nutrita serie di studi orizzontali condotti su adolescenti e giovani adulti, alcuni molto importanti in termini analitici, abbiamo un’idea molto chiara di che cosa succede quando le persone vengono socializzate oppure si informano e si divertono principalmente in rete fin dai primi anni di vita. Tendono a vivere da recluse», scrive Nicholas Carr nella sua ultima inchiesta Superbloom. «Nel 2012, secondo un sondaggio Common Sense Media, tuttora in corso, un adolescente americano su due tendeva a socializzare per interposto schermo, più che di persona. Nel 2018 erano due su tre. La Generazione Z non solo è la prima che preferisce chattare sui social media piuttosto che vedere gli amici di persona, ma tende in generale a uscire molto meno delle coorti precedenti. Molto più rari di un tempo sono i giovani che guidano (o addirittura prendono la patente), vanno alle feste, combinano appuntamenti, fanno sesso, bevono alcolici, sperimentano sostanze stupefacenti, fanno a botte, vanno in chiesa e si cercano dei lavoretti. Secondo i sondaggi governativi della serie Monitoring the Future, la percentuale dei liceali che sostiene di “gasarsi” quando “fa cose pericolose” è calata dal 50 al 38 per cento nel corso degli anni Dieci. La percentuale di chi “a volte ama correre rischi”, invece, “è scesa dal 46 al 34 per cento”. E sono dati anteriori alla pandemia: durante il lockdown quella tendenza si è ulteriormente accelerata». Potremmo citare anche i fondamentali lavori di Jean Twenge, psicologa dell’Università statale di San Diego, tra le pioniere del settore. O potremmo ricordare che alcuni tra i principali guru della Silicon Valley hanno deciso di vietare i dispositivi digitali in casa o mandano i figli in istituti in cui sono vietati smartphone e tablet. Ma Lancini, pur di dare l’assalto al governo, prosegue tetragono. «Bisognerebbe insegnare a porre all’Ai le domande giuste, così si preparerebbero gli studenti alla società odierna e del futuro: un mondo sempre più interconnesso che chiede altri modi di accedere al sapere. Bisognerebbe superare il concetto di voti, interrogazioni, bocciature nella fase più delicata dell’adolescenza. Invece, si resta ancorati al passato: terrorizzati da quella società che noi adulti abbiamo costruito e che ogni giorno promuoviamo, tranne che a scuola». Ovvio: basta bocciature, basta difficoltà, basta fatica sui libri, basta traumi per i poveri ragazzi costretti a faticare. Lasciamo pure che si rincoglioniscano con i tablet, ci penserà la vita a divorarli una volta usciti da scuola. Inabili al lavoro, ansiosi e fragili, potranno sempre chiedere all’intelligenza artificiale di farsi consigliare un buon farmaco e vivere a lungo sedati e contenti. E magari poveri e inetti, che non guasta mai.
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