Il comparto soffre da tempo per l’eccessiva frammentazione e per le troppe regole europee che bloccano i consolidamenti. L’allarme di Ericsson: «Cambio di passo o il Vecchio continente diventerà irrilevante».Il settore delle telecomunicazioni in Europa sta affrontando un periodo di cruciale trasformazione, caratterizzato da una crescita moderata in Borsa del +2,5% da inizio anno, ma anche da una sottoperformance rispetto agli indici globali. Questa situazione riflette le complesse sfide legate alla saturazione dei mercati, elevati investimenti in infrastrutture e ridotti margini di profitto. Il panorama è ulteriormente complicato da un quadro regolamentare che, secondo importanti figure del settore quali Börje Ekholm, amministratore delegato di Ericsson, rischia di minare la competitività europea portando il continente verso l’«irrilevanza» industriale. A causa della saturazione dei mercati, la crescita del fatturato è lenta, gli investimenti nelle licenze radiofoniche e nelle infrastrutture consumano molti soldi e per questo i margini di profitto sono ridotti o insoddisfacenti. Se le aziende potessero unire le forze, sarebbero possibili economie di scala. Ma le autorità di regolamentazione dell’Ue hanno frenato tali richieste per anni.Rispetto agli Stati Uniti, il mercato europeo delle telecomunicazioni è insomma altamente frammentato. Mentre negli Usa, dopo la fusione di T-Mobile e Sprint, solo tre grandi operatori nazionali si spartiscono il mercato, nell’Ue esistono ancora un centinaio di concorrenti. Dal punto di vista del regolatore dell’Ue, si è sempre detto che quattro fornitori per Paese sono l’ideale. Per questo l’Italia è considerato il mercato più estremo d’Europa. «In realtà», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf, «segnali recenti indicano possibili cambiamenti positivi, grazie alla riduzione degli investimenti e a un’attesa fase di consolidamento. Un fenomeno chiave è rappresentato dall’approvazione della fusione tra Orange e Másmóvil in Spagna, che potrebbe preludere a un’era di maggiore redditività e minor pressione competitiva, come dall’acquisizione di Swisscom della rete Vodafone in Italia dove è presente già con Fastweb». L’Europa, secondo Ekholm, si trova insomma di fronte al rischio di diventare un «museo» - ricco di cultura ma privo di un robusto settore industriale - a causa di un eccesso di regolamentazione, in particolare in ambito antitrust e di un proliferare eccessivo di norme e leggi stratificate anche per nazioni. Il manager quindi sottolinea l’importanza di rivedere tali politiche per supportare l’innovazione, come lo sviluppo delle reti 5G e full fibra, essenziali per la futura competitività del settore.Certo è che l’integrazione dei mercati delle telecomunicazioni, finanziari ed energetici viene vista come cruciale per la sicurezza economica dell’Ue. Figure come l’ex primo ministro italiano Enrico Letta hanno espresso preoccupazioni sulla necessità di evitare una maggiore frammentazione, che minerebbe la rilevanza economica e politica dell’Europa.Anche giganti delle telecomunicazioni come Ericsson e Nokia hanno registrato cali significativi nelle vendite nette, rispettivamente del 15% e del 20%, nel primo trimestre, segnalando «una continua debolezza del mercato». Tali risultati sottolineano l’urgente necessità di riforme legate alla regolamentazione del comparto. Il settore Tlc in Europa si trova quindi a un bivio: segnali di potenziale miglioramento della redditività esistono, grazie alla riduzione degli investimenti e a un atteso consolidamento. Tuttavia, le sfide strutturali e regolamentari rimangono significative.Sul fronte consumer, recentemente, Orange ha presentato risultati trimestrali che hanno superato leggermente le aspettative, evidenziando una crescita del fatturato di 9,8 miliardi di euro (+2,1%) e un margine operativo lordo di 2,4 miliardi di euro (+2,3%). Tim continua a trovarsi in un momento cruciale, con un’importante operazione di scorporo della rete in corso e la presentazione a metà maggio dei risultati del primo trimestre. L’operazione con Kkr mira a ridurre il debito e a rilanciare il gruppo, in un contesto di sfide significative che dovrà affrontare. Va poi aggiunto che i dividendi rappresentano un fattore molto importante per chi investe nel settore delle telecomunicazioni. I titoli del comparto offrono in media un dividend yield (il valore dato dal rapporto tra il dividendo unitario pagato da una determinata azione e il suo prezzo) del 6,8%, con punte tra l’8 e il 9%. Sotto questo aspetto, Kpn è affidabile, così come Deutsche telekom e Swisscom, che negli ultimi cinque anni hanno mantenuto il dividendo allo stesso livello o lo hanno addirittura aumentato. Gli esperti di Morningstar sottolineano l’importanza di cedole sostenibili, poiché yield molto elevati o un payout ratio superiore all’80% comportano spesso il rischio che la società non sia in grado di sostenere quel dividendo e che sia dunque costretta a tagliarlo.
(IStock)
C’è preoccupazione per la presenza di alimenti ultraprocessati nelle mense. Il presidente Prandini: «Il comparto vale 707 miliardi, quanto 20 manovre». Federico Vecchioni (BF): «Una massa di risorse private ha identificato il mondo agricolo come opportunità».
Francesca Albanese (Ansa)
La rappresentante Onu ha umiliato il sindaco di Reggio, solo perché lui aveva rivolto un pensiero anche ai rapiti israeliani. La giunta non ha fatto una piega, mentre è scattata contro il ministro sul caso Auschwitz «rispolverando» anche la Segre.
(Ansa)
Il premier congela la riforma fino alle prossime presidenziali, ma i conti pubblici richiedono altri sacrifici. Possibile tassa sui grandi patrimoni. Il Rassemblement national: «Progetto di bilancio da macelleria fiscale».
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
- Alla base della decisione, la mancata condivisione di alcune strategie difensive ma soprattutto l’esuberanza mediatica del legale, che nelle ultime settimane aveva parlato a ruota libera su Garlasco. Lui: «Sono sorpreso».
- Ieri l’udienza davanti al tribunale del Riesame. Lo sfogo dell’ex procuratore Venditti: «Mai preso soldi». Sarà la Cassazione a decidere sul conflitto tra Pavia e Brescia.