2025-10-15
Ponte Morandi, il pm: «18 anni a Castellucci»
Giovanni Castellucci (Ansa)
Nel processo per il disastro del 14 agosto 2018, richieste pesanti per l’ex ad di Autostrade. Secondo la Procura l’ex manager «era come lord Voldemort, non si poteva nemmeno nominare. Ha sacrificato delle vite umane per i profitti». Dei Benetton.Risparmiare sulla sicurezza per assicurare il massimo dei dividendi possibile agli azionisti può costare caro. A sette anni abbondanti dal crollo del ponte Morandi, nel quale morirono 43 persone, la procura di Genova ha chiesto 18 anni e sei mesi di reclusione per l’ex amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci. L’ex uomo di fiducia dei Benetton, paragonato dai pm a «lord Voldemort» l’innominabile per via del clima creato in azienda, secondo l’accusa «ha sacrificato vite per profitti». Il manager ha assistito all’udienza di ieri in videocollegamento dal carcere di Milano Opera, dove sta scontando una condanna definitiva a sei anni per la strage di Avellino del 28 luglio 2013. Se fosse condannato così pesantemente anche per Genova, rischierebbe di restare dietro le sbarre fino a quasi novant’anni, anche se è molto probabile che gli vengano riconosciute le attenuanti per l’età. Che non dovesse cadere l’oblio su Genova l’aveva chiesto più volte anche Sergio Mattarella. Lo scorso 14 agosto, nel settimo anniversario del crollo del ponte sul Polcevera, il capo dello Stato parlava di «ferita indelebile nel cuore dell’Italia intera». E soprattutto, sottolineava l’importanza della sicurezza nelle infrastrutture: «Il crollo del ponte Morandi ha segnato un severo richiamo alle responsabilità pubbliche e private in tema di sicurezza delle infrastrutture. Un punto di non ritorno a pratiche che hanno generato un disastro di quelle proporzioni». E Matteo Salvini, vicepremier all’epoca del disastro, fu durissimo: «Autostrade deve tacere, deve vergognarsi, deve aprire il portafoglio e risarcire tutti» e «la concessione deve essere revocata». Adesso, i tasselli cominciano ad andare un po’ a posto. Le concessioni non sono state revocate, ma lo Stato si è ripreso Autostrade a gennaio del 2022 staccando ai Benetton un bell’assegno da oltre nove miliardi. Una vergogna nella vergogna, ampiamente evitabile, perché sarebbe bastato percorrere la strada del recesso unilaterale dello Stato per mancanza di fiducia nel contraente, come la Verità suggerì più volte, ma i governi guidati dall’esimio amministrativista Giuseppe Conte non ci hanno pensato. Quanto ai risarcimenti, Aspi e Spea, la controllata che avrebbe dovuto fare le manutenzioni sulle rete, sono uscite dal processo patteggiando e hanno poi versato 29 milioni ai parenti delle vittime, oltre a finanziare la costruzione del nuovo ponte. Restano così a giudizio 57 persone, accusate di vari reati, con quelli più leggeri (come il falso) che si prescriveranno quasi certamente. Il discorso non vale per la strage colposa, la contestazione più grave. I pm hanno chiesto 18 anni e mezzo per Castellucci, 15 anni e sei mesi per il suo ex numero due Michele Donferri Mitelli e 12 anni e 6 mesi per Paolo Berti, ex direttore operazioni. Durissime le motivazioni portate in aula dal pm Walter Cotugno, titolare dell’inchiesta con Marco Airoldi, il quale ha riferito di un Castellucci che «gestiva gli interventi per la sicurezza come una gallina dalle uova d’oro» e li rinviava «per garantire il massimo prodotto, riducendo i costi». Non sono stati nominati ieri, ma il pensiero non può che andare ai Benetton, dei quali Castellucci era il manager più fidato, che nel 1999 avevano comprato il 30% di Autostrade dall’Iri con la benedizione di Romano Prodi, Carlo Azeglio Ciampi e Massimo D’Alema. La famiglia di Ponzano Veneto non ha ovviamente responsabilità dirette per la strage, ma era lei a incassare quei dividendi che Castellucci portava a casa con ogni mezzo, almeno nella ricostruzione dei pm. Va anche ricordato che l’ingegnere marchigiano lasciò il gruppo soltanto il 17 settembre 2019, rimanendo quindi nei suoi uffici oltre un anno dopo la strage, e che i Benetton gli riconobbero una buonuscita di 13 milioni di euro, oltre al tfr e alle varie competenze per la risoluzione consensuale del loro rapporto. Alla fine dello stesso anno, la controllante Atlantia annunciò poi la sospensione del pagamento della buon uscita a seguito degli elementi che stavano cominciando a emergere dalle inchieste penali. Ieri il pm Cotugno ha descritto Castellucci come un personaggio innamorato del proprio ruolo di «manager rampante, idolatrato, che garantiva agli azionisti dividendi enormi». E che dopo la strage del bus di Avellino, «non cambiò nulla: continuò a gestire la rete allo stesso modo, ignorando il rischio ritardo delle manutenzioni, consapevole della fragilità strutturale del ponte» di Genova. In sostanza, l’Ingegnere era un’implacabile macchina da soldi e per il pm «era come lord Voldemort che non si può nemmeno nominare. Aveva creato un clima tale che quando scrivevano di lui mettevano i puntini». Immediata la replica, fuori dall’aula, dei difensori del manager. Guido Carlo Alleva ha protestato che «la richiesta di pena per l’ingegnere Castellucci è inaccettabile e mi inorridisce, è una pena spaventosa», specie in uno scenario che, «per quanto drammatico, è uno scenario di reati colposi». Il legale ha anche rilevato che la pubblica accusa ha usato «espressioni personali inaccettabili all’interno di un processo […] con valutazioni che ineriscono alla personalità, alla vita privata e alla soggettività della persona e che vanno enormemente al di là di ciò che al giudice è richiesto giudicare». Un imputato, Castellucci, che oltre a tutto si trova già in carcere. Soddisfatta Egle Possetti, del comitato Vittime, per la quale «la richiesta di una pena così severa rappresenta per noi un passo fondamentale».
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