2025-10-15
Sostituito l’avvocato showman. Sempio revoca il mandato a Lovati
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
Alla base della decisione, la mancata condivisione di alcune strategie difensive ma soprattutto l’esuberanza mediatica del legale, che nelle ultime settimane aveva parlato a ruota libera su Garlasco. Lui: «Sono sorpreso».Ieri l’udienza davanti al tribunale del Riesame. Lo sfogo dell’ex procuratore Venditti: «Mai preso soldi». Sarà la Cassazione a decidere sul conflitto tra Pavia e Brescia.Lo speciale contiene due articoli.Oscillante fra l’eccentrico e l’imprudente, aveva costruito il suo personaggio a colpi di interviste, accuse, ironie e teorie borderline. Ma ieri è arrivata la revoca dell’incarico. L’avvocato Massimo Lovati non è più il difensore di Andrea Sempio nel procedimento in cui il commesso di Voghera amico di Marco Poggi è indagato per concorso nell’omicidio di Chiara. Una scelta che appare come la risposta definitiva a quelli che Sempio deve aver valutato come eccessi pubblici del suo ormai ex difensore. L’indagato ha fatto anche sapere che venerdì ufficializzerà il nome dell’avvocato che subentrerà. Angela Taccia, che rimarrà al fianco di Sempio, ha spiegato: «Il mio cliente ha scelto di revocare il mandato all’avvocato Lovati alla luce degli ultimi comportamenti, non solo mediatici, del suo storico difensore». Perché, a quanto pare, sarebbe stata determinante anche la mancata condivisione di strategie difensive e alcune iniziative prese senza prima condividerle con l’assistito e con la collega. Lovati negli ultimi giorni aveva provato a resistere, dichiarando pubblicamente: «Io rimango fino a quando mi lasciano rimanere. Andrea secondo me sbaglierebbe a separarsi da me». Ora commenta: «Sono dispiaciuto e amareggiato. Il mio errore è il mio modo di pormi con la giustizia, con i media, con i clienti, con i miei colleghi e con i magistrati. Ho un modo tutto mio per pormi e questo non è piaciuto evidentemente al mio assistito». E rispondendo alle domande di Gianluigi Nuzzi nel corso di Dentro la notizia su Canale 5, ha spiegato: «Andrea mi ha chiamato a mezzogiorno comunicandomi che mi aveva revocato il mandato difensivo, le motivazioni non sono per Fabrizio Corona o per quello che ho detto, ma per le linee difensive che non gli piacciono più». Mentre, a Pino Rinaldi, su La 7, durante Ignoto X, ha prima detto di «essere rimasto sorpreso». Poi ha spiegato di aver avuto un colloquio anche con la collega Taccia, ma di essersi convinto che «la decisione l’ha presa Andrea». Ma ci ha tenuto comunque a far sapere di aver dato «un ultimo consiglio» per la difesa. Tutti ormai lo conoscono per le dichiarazioni sopra le righe durante le comparsate in tv. Affermazioni del tipo: «Offendere i miei clienti è una mia strategia difensiva». Una giustificazione a una precedente esclamazione durante la quale, riferendosi ai Sempio, aveva detto: «Sono ignoranti come delle capre». Poi c’è la clamorosa intervista con Corona per il format Falsissimo, che ha rappresentato probabilmente l’apice (o il baratro) della sua esposizione mediatica. Lovati ha parlato di fiction, di Gerry La Rana, ovvero un personaggio caricaturale, un avvocato senza scrupoli e alcolizzato. Ha detto che gli era stato chiesto di «parlare a ruota libera, di fare affermazioni volgari, di colpire per avere audience». «Quel maledetto Civardi…», aveva detto Lovati a proposito del procuratore aggiunto di Pavia Stefano Civardi, per poi aggiungere: «Quello dell’Opus Dei». E a proposito del capo della Procura di Pavia Fabio Napoleone gli era anche scappato che, secondo lui, «voleva chiedere l’archiviazione». Parole che hanno scatenato la reazione della Procura di Pavia, con Napoleone che si è visto costretto a precisare che si trattava di ricostruzioni «oggettivamente destituite di ogni fondamento». Pochi giorni dopo è arrivata anche una querela, firmata dagli avvocati Enrico e Fabio Giarda, i legali che avevano difeso Alberto Stasi. I due penalisti hanno denunciato Lovati per le affermazioni rilasciate in un’intervista televisiva del 13 marzo, quando l’avvocato aveva accusato lo studio Giarda di aver «clandestinamente prelevato il Dna» di Sempio e di aver orchestrato, nel 2017, una «macchinazione». La Procura ha aperto un fascicolo e lui ha commentato: «Mi difenderò da solo». Poco dopo l’Ordine degli avvocati ha fatto sapere che avrebbe valutato la sua posizione a livello disciplinare. E lui ha replicato mostrando una certa sicumera: «Non verrò radiato». Ma non è finita. Non ha risparmiato neppure l’ex procuratore aggiunto Mario Venditti: «Ho detto che Venditti giocava ai cavalli? In quel periodo andavo a San Siro, sono sempre stato appassionato di ippica, che problema c’è? Non so che cos’ho detto, a furia di bere». Mentre in un’altra dichiarazione ha rivendicato: «Bevo, ma reggo». Lo stesso Corona, che durante la chiacchierata con l’avvocato avrebbe continuato a riempire il suo bicchiere, è stato accusato da Lovati di tradimento: «Mi aveva avvicinato dicendomi che avremmo fatto un film con me protagonista… Mi ha tradito». E nel tentativo di spiegare l’origine di quelle dichiarazioni ha ribadito: «Corona è venuto a casa mia vestito da prete, mi ha versato da bere e mi ha convinto a fare un provino». A conti fatti, però, nonostante la revoca del mandato, Lovati si ritrova esattamente dove ha sempre voluto stare: al centro della scena. E c’è da scommettere sulla possibilità che ci resti ancora per molto tempo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/garlasco-sempio-lovati-2674186386.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="venditti-ho-la-vita-rovinata" data-post-id="2674186386" data-published-at="1760531142" data-use-pagination="False"> Venditti: «Ho la vita rovinata» Da una parte l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, indagato per corruzione in atti giudiziari, dall’altra il pubblico ministero della Procura di Brescia, Claudia Moregola, che lo ha fatto perquisire ipotizzando che avrebbe ricevuto denaro per chiedere, nel 2017, l’archiviazione della posizione di Andrea Sempio, l’amico di Marco Poggi indagato a Pavia per concorso nell’omicidio di Chiara. In mezzo, un’aula blindata, gli echi dei faldoni del «Sistema Pavia» e un conflitto giudiziario che ormai si gioca su più tavoli. Il primo scontro tra accusa e difesa si è consumato al tribunale del Riesame di Brescia. Ieri mattina, davanti al collegio presieduto da Giovanni Pagliuca, la tensione è salita subito. La difesa di Venditti, rappresentata dall’avvocato Domenico Aiello, ha chiesto di annullare il decreto di perquisizione e i sequestri eseguiti il 26 settembre dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e dalla Guardia di finanza di Pavia e di Brescia. «Non c’è prova della corruzione», ha detto il legale, precisando che «nel decreto avrebbero dovuto indicare almeno il corruttore». La Procura bresciana ha ribattuto. «Sono emersi sufficienti indizi per indagare sull’ipotesi di corruzione in atti giudiziari», ha spiegato il pm Moregola, aggiungendo: «Quello che è avvenuto non è una misura cautelare ma solo un’attività di perquisizione». L’udienza si è protratta fino alle 11.30, con scambi di tesi tra il pm e l’avvocato Aiello. Che uscendo dall’aula ha parlato di «senso di responsabilità» e ha annunciato un ricorso anche nel filone parallelo Clean 2, quello che ha già travolto alcuni carabinieri della «Squadretta» che lavorava con Venditti. Poi è toccato all’ex procuratore aggiunto. Ha preso la parola, brevemente ma con toni drammatici: «Ho la vita rovinata, non ho mai preso un euro al di fuori dello stipendio». L’ex magistrato ha definito le accuse «frutto di illazioni e suggestioni». Ai cronisti ha aggiunto: «Rifarei tutto quello che ho fatto. Tutto quello di cui sono accusato è frutto di illazioni, niente di concreto e di certo. Questa è la tragedia che mi sta colpendo». Sui dispositivi informatici sequestrati e sulle password non consegnate agli inquirenti, ha precisato: «Sono responsabilità del mio difensore. Ci dicano che cosa cercano e non ci sono problemi». Venditti infatti sarebbe stato pronto a consegnarle agli investigatori, ma leggendo il decreto di perquisizione e sequestro il suo difensore l’avrebbe stoppato. Per poi spiegare che si trattava di una investigazione troppo generica e che i pm avrebbero dovuto dettagliarla. Venditti ha anche negato di aver esercitato pressioni durante la sua carriera in Procura: «Io non ho mai esercitato pressioni, chiedevo soltanto, nel mio stile professionale, di avere le cose prima di subito (il riferimento, probabilmente, è alle affermazioni del carabiniere Giuseppe Spoto, che ha verbalizzato di aver dovuto consegnare le trascrizioni delle intercettazioni perché Venditti aveva fretta di scrivere la richiesta di archiviazione, ndr). I tempi della giustizia dovevano essere brevi, a me le lungaggini non piacevano e non piacciono». Venditti ha respinto anche le ipotesi di peculato (per l’automobile, un’Audi Q5, presa in leasing dalla Procura, che poi ha acquistato): «Il reato non mi è ancora stato contestato. Aspetto pure che mi si contesti il “Sistema Pavia”. Sistema significa associazione a delinquere, sono curioso che qualcuno mi accusi di essere stato a capo o partecipe di un’associazione finalizzata a che cosa? Dicono a pranzi, cene. E questa sarebbe un’associazione a delinquere?». Infine ha tirato fuori il piglio da magistrato, contestando alcuni passaggi a chi lo accusa: «Dicono che sono un corrotto ma non mi dicono chi è il corruttore, quando mi ha corrotto, come mi ha corrotto». Il collegio del Riesame si è riservato la decisione, che è attesa entro sabato. Ma nel frattempo si è aperto un altro fronte: quello della competenza territoriale. Tutto il fascicolo sull’omicidio di Chiara Poggi, su richiesta dell’avvocato Aiello, dovrebbe essere trasferito a Brescia. Il legale di Venditti ha presentato un’istanza alla gip pavese Daniela Garlaschelli, alle due Procure coinvolte e alle Procure generali dei distretti di Milano e di Brescia, ritenendo che ci sia una «connessione» tra i due fascicoli e che la magistratura competente a indagare sia quella titolata a farlo sui magistrati, quindi quella di Brescia. Ma sarà la Procura generale della Cassazione a decidere.
Francesca Albanese (Ansa)
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