2023-01-25
La tecnologia Avatar per studiare la distrofia muscolare di Duchenne
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La tecnologia usata nei film, la capture motion, con sensori in grado di catturare il movimento degli attori per farli sembrare alieni, grazie all’intervento dell’intelligenza artificiale e dei clinici, è diventata un modello per monitorare e prevedere l’evoluzione delle malattie che compromettono il movimento e per ridurre drasticamente tempi e costi per lo sviluppo di nuove terapie.È tutto descritto in due studi recentemente pubblicati su Nature Medicine in cui la tecnologia è stata testata i pazienti adulti con atassia di Friedreich e in bambini con distrofia muscolare di Duchenne. Primo autore della ricerca sulla malattia di Duchenne è Valeria Ricotti, coautrice dell’altro studio e coinventrice del brevetto messo a punto per entrambe le malattie. «Ho gestito soprattutto l’aspetto dell’interpretazione, dell’analisi dei dati per brevettarli, perché avessero validità in ambito clinico», spiega l’imprenditrice e scienziata clinica all’University College London che, insieme ai ricercatori dell’Imperial College, ha realizzato lo studio con il coinvolgimento dell’ospedale pediatrico londinese Great Ormond Street Institute for Child Health. «Mi occupo di sviluppo di terapie avanzate come quelle geniche per le malattie rare, tipo la Duchenne, per le quali la ricerca di nuovi farmaci è molto difficile – spiega Ricotti - perché sono cure particolarmente costose ed elaborate, ma anche perché, per le malattie rare, difficilmente è possibile arruolare nei lavori il numero di pazienti necessari per avere risultati significativi». I costi proibitivi e l’alto rischio di insuccesso spiegano lo scarso interesse delle farmaceutiche a investire nel settore. Tutto è nato «dalla ricerca del professor Aldo Faisal del dipartimento di Bioingegneria all’Imperial College per lo sviluppo di una tecnologia adattata da quella del film Avatar - continua Ricotti - Ci siamo domandati: perché non usarla per studiare malattie come la distrofia Duchenne e l’atassia di Friedreich e capire come agiscono i farmaci, ci sono varie terapie potenziali» da testare. Così è partita la sperimentazione della metodologia che, «una volta brevettati i biomarker digitali – aggiunge - può essere utilizzata dalle farmaceutiche per nuovi trattamenti con meno pazienti, tempo e soldi».La nuova tecnologia mette insieme i dati raccolti dai sensori indossabili, la tecnologia dell'intelligenza artificiale e la conoscenza clinica umana. I sensori sviluppati dal gruppo di Faisal tracciano i movimenti all'aperto e nelle situazioni quotidiane. Nello studio per l’atassia negli adulti, che colpisce una persona su 50.000, sono state impiegate delle tute con sensori di movimento ed è stato dimostrato che con il sistema si potrebbe prevedere il peggioramento della malattia in 12 mesi, la metà del tempo che normalmente ci impiegherebbe un esperto. L’altro team ha testato la tecnologia a partire da 17 sensori indossati da 21 ragazzi tra cinque e 18 anni con malattia di Duchenne che viene diagnosticata, ogni anno, nel mondo, a 20.000 bambini. La tecnologia con questi biomarker digitali ha permesso di anticipare di sei mesi l’evoluzione della patologia.Come riporta la Bbc, ci vogliono circa centinaia di pazienti ed anni di sperimentazione clinica per ottenere risultati statisticamente significativi sull'efficacia di un nuovo farmaco. Con questo sistema innovativo il numero di pazienti e i tempi necessari per lo sviluppo di nuovi farmaci potrebbero essere ridotti in maniera significativa. Questo è possibile mettendo insieme «l’intelligenza umana e quella digitale», sottolinea Ricotti. «Non abbiamo chiesto all’intelligenza artificiale di fare un’analisi. Abbiamo raccolto tantissimi dati, nell’ordine di terabytes (1 TB equivale a 1000 GB, ndr), sui comportamenti spontanei, non forzati, dei pazienti che, all’ospedale svolgevano attività simili a quelle che si compiono a casa. Con algoritmi messi a punto con l’Imperial College abbiamo utilizzato la machine learning così la macchina ha estrapolato le impronte digitali (finger-print) della malattia – certe oscillazioni di bacino o arti - il cui significato clinico è stato però definito dal medico, lo specialista. Le impronte digitali, interpretate dal clinico, sono diventate il marker che definisce la traiettoria della malattia» di cui si può prevedere l’evoluzione in anticipo. Il sistema funziona con diversi tipi di sensori che, attualmente sono grandi come un apple watch e si indossano sopra i vestiti. «Potenzialmente questo tipo di tecnologia può essere impiegata in tutte le malattie che coinvolgono il cervello e il sistema nervoso, il cuore, i polmoni, i muscoli, le ossa - precisa Ricotti - Il prossimo passo è ottenere l'approvazione dagli enti regolatori per l'uso della tecnologia per le sperimentazioni dei farmaci per atassia e distrofia». Si stanno però anche raccogliendo dati per l’impiego nel Parkinson, l'Alzheimer e la sclerosi multipla. «Tutto questo è stato possibile grazie all’adesione entusiasta dei piccoli pazienti», ai fondi raccolti «e alla collaborazione tra team diversi: specialisti dell’AI, scienziati clinici, esperti di farmaci, genetisti, clinici come Eugenio Mercuri del Gemelli di Roma che ha fornito dei dati precisi di storia naturale dei pazienti con Duchenne». Ancora un’eccellenza italiana a servizio di ricerche svolte all’estero. «Dipende tutto dalla politica - conclude Ricotti - deve investire sulle università, sulle menti giovani, fare spazio alle persone con talento e grinta, incentivarle, non lasciarle scappare all’estero».
Eugenia Roccella (Getty Images)
Carlotta Vagnoli (Getty Images)