2019-06-20
Conte manda la «letterina». Ora è battaglia sui commissari
Oggi Consiglio europeo decisivo per euronomine e procedura di infrazione. Chiederemo un commissario economico importante. Gesto distensivo verso Bruxelles: anticipata la bozza di assestamento di bilancio.In attesa di quanto maturerà oggi e domani a Bruxelles, dove ci sarà un primo confronto tra i leader Ue sul nuovo organigramma europeo (commissari, vertici di Consiglio e Bce), ieri è giunto un segnale importantissimo per l'Italia dalla Germania. Mentre - sempre ieri - a Roma, tra un vertice, un Consiglio dei ministri in serata, il doppio dibattito parlamentare (Camera e Senato) che ritualmente precede la partenza del premier e la limatura della lettera che a ore sarà recapitata alla Commissione, il Parlamento (a maggioranza Lega-M5S) ha approvato una risoluzione che contiene alcuni passaggi di particolare rilievo, impegnativi per il governo, volti a evitare cedimenti nelle trattative bruxellesi e soprattutto a impedire che, come un dono avvelenato, i vertici Ue uscenti lascino in eredità strumenti volti a commissariare i Paesi sgraditi. Procediamo con ordine. La buona notizia è che il supercandidato tedesco alla Bce, Jens Weidmann, ha esplicitamente accettato i programmi di acquisto (OMT) di titoli da parte di Francoforte, tema su cui è in corso da anni un dibattito rovente in Germania. Quindi, Weidmann, se la scelta cadrà su di lui, si impegna a non capovolgere la linea di Mario Draghi. Al di là del fatto che un'impostazione accomodante delle politiche Bce è tatticamente utile all'Italia, si tratta di una novità che cambia la partita: finora, erano i francesi a rivendicare quella posizione e a chiedere consenso ai paesi mediterranei minacciando - altrimenti - l'arrivo di un superfalco tedesco. Ora il candidato di Berlino ha tolto a Parigi l'argomento di campagna elettorale. Su un altro piano, è evidente che un'eventuale nomina di Weidmann a Francoforte tarperebbe le ali di Manfred Weber verso la guida della Commissione: è impensabile che la Germania prenda tutto. Torniamo a Roma. Dopo un vertice tra Conte, Giovanni Tria e i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il premier è andato in Parlamento per informare le Camere (e riceverne l'indirizzo politico). Non è nemmeno mancato un pranzo al Colle con quasi tutto l'esecutivo con il presidente Sergio Mattarella. Il mix tra le cose dette in Aula e soprattutto il testo della risoluzione approvata da Lega e M5s, costituisce l'ossatura della risposta italiana a Bruxelles: sulla procedura d'infrazione, sulle regole da riscrivere e sulla trattativa sui nuovi organi. Recependo la spinta della parte più coraggiosa della sua maggioranza, il governo imposta dunque la questione in modo corretto: mettendo le questioni insieme sul tavolo, e facendone oggetto di un unico negoziato. Se Bruxelles fa politica minacciando la procedura, anche Roma deve far pesare il suo sì ai nuovi assetti, e ottenere contropartite adeguate. In Aula, il premier ha ribadito la linea della schiena dritta tracciata da Salvini e Di Maio: «Siamo determinati a evitare la procedura, ma siamo anche ben convinti della nostra politica economica». E ancora, sia sulla procedura sia sulle regole Ue: «Crediamo che il summit debba assumere decisioni non divisive». Quindi, il passaggio chiave: l'Italia intende rispettare le regole, ma vuole contribuire a cambiarle. Pena - per Conte - «la credibilità del progetto europeo, una credibilità che i fautori dell'austerity a oltranza dichiarano, almeno a parole, di avere a cuore». Quanto alle nomine, il premier, secondo le indicazioni di Lega e M5S, si è mostrato ambizioso: «L'Italia auspica per sé un portafoglio economico di prima linea».Su tutto questo, è rilevante la risoluzione approvata, impegnativa per l'esecutivo. Nel testo, Lega e M5S fissano almeno tre paletti. Primo: l'Italia mette in cima all'agenda la riduzione delle tasse, e quindi è impensabile che Bruxelles chieda a Roma di rinunciare a questo obiettivo. Secondo: nelle nuove regole Ue, occorre scomputare dai parametri gli investimenti produttivi e rivedere il riferimento al saldo strutturale. E soprattutto, terzo: il governo è impegnato «a opporsi ad assetti normativi che finiscano per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci». Traduzione: no a una riforma peggiorativa del MES (Meccanismo europeo di stabilità) che introduca una sorta di pilota automatico o di commissariamento che rendano permanente il trattamento riservato negli anni scorsi, in modo diverso, a Spagna e Grecia. Su tutto questo - saggiamente - va sospesa ogni decisione finché il Parlamento non si sia pronunciato, essendo preventivamente informato delle proposte europee. Non si consegnano ad altri le chiavi di casa. Meno che mai al buio. Unica concessione all'Ue? L'anticipazione (il Cdm se n'è occupato già ieri sera, in anticipo rispetto alla scadenza del 30 giugno) del ddl di assestamento di bilancio. Si certifica, come La Verità scrive da tempo, che questo sarà il cuore - tecnicamente parlando - della risposta a Bruxelles: il deficit si ferma al 2,1%, ben sotto la previsione dell'Ue (2,5%). Morale: il film della procedura dovrebbe finire qui, ad un esame sereno e non pregiudiziale dei numeri.