
Dietro la chiusura, all’ospedale Sant’Anna di Torino, della sala che offre aiuto alle donne, non c’è violazione della legge 194. Ma il mancato controllo della professionalità dei volontari. Infatti, riaprirà.Alla Stampa va il merito di aver reso in un titolo la totale sovversione ideologica attualmente in corso. «Sfratto ai pro vita», gioiva ieri il quotidiano torinese. La notizia è che il Tar del Piemonte ha ordinato la chiusura della «stanza dell’ascolto» all’ospedale Sant'Anna di Torino, giudicando illegittima la convenzione siglata tra la Città della Salute torinese e il Movimento per la vita. La stanza era stata aperta nel settembre dello scorso anno, con l’obiettivo di «offrire supporto concreto e vicinanza alle donne in gravidanza, contribuendo andar superare le cause che potrebbero indurre alla interruzione della medesima». Insomma, si tratta di un luogo di ascolto per le donne, a cui viene offerto un aiuto e la possibilità di non abortire. Una possibilità che, però, la Cgil di Torino e le femministe di Se non ora quando non vogliono che sia offerta. Sono state queste organizzazioni a fare ricorso al Tar, e ora fanno i salti di gioia.«I giudici hanno ritenuto valide le ragioni che ci hanno portato ad opporci al progetto anti abortista della Regione», dicono Elena Ferro, segretaria Cgil Torino, Anna Poggio, segretaria Cgil Piemonte e Laura Onofri, presidente di Se non ora quando di Torino. «Questa sentenza difende il diritto delle donne di decidere in libertà del proprio corpo, come sancito dalla legge 194». Non sono le uniche a festeggiare. Anche Fabrizia Giuliani, sulla Stampa, celebra la vittoria della «legge più forte dell’ideologia» e scrive che «non si difende la vita contro la libertà». L’editorialista sentenzia che la legge «che mette nelle mani delle donne la titolarità della decisione di interrompere la gravidanza e porta le istituzioni pubbliche ad assecondarla, è entrata nella pelle del Paese», e dunque «occorre farsene una ragione perché è una buona notizia».È davvero interessante notare come l’universo politico che ha sempre esaltato la disobbedienza civile e che forza volutamente le norme quando si tratta di registrare i figli dell’utero in affitto divenga, all’improvviso, legalitario quando gli fa comodo. Fa comunque piacere il plauso dei progressisti alla decisione del Tar del Piemonte. Il fatto è che, a ben vedere, il tribunale non dà affatto ragione a Cgil e Se non ora quando. Al contrario, respinge le ragioni addotte da sindacato e femministe secondo cui la stanza dell’ascolto violerebbe la legge 194. Di fatto, dunque, il tribunale sancisce che la stanza può esistere e non lede alcun diritto.Lo ha ribadito Claudio Larocca del Movimento per la vita: «Anche se ovviamente ora da più parti si sottolineeranno e si strumentalizzeranno solo alcune parti della sentenza, da una lettura attenta e completa sono diversi gli aspetti positivi che si possono cogliere. Il Tar ha evidenziato il difetto di legittimazione attiva della Cgil che viene estromessa dal giudizio, in quanto il loro Statuto non contempla finalità riferibili alla legge 194 e alla sua applicazione. Nessun diritto delle lavoratrici viene violato dalla stanza come aveva sostenuto il sindacato in moto totalmente pretestuoso e infondato».Non solo: «Il Tar respinge i motivi di ricorso che affermavano una presunta violazione della legge 194, precisando che la legge non afferma affatto un diritto incondizionato all’interruzione della gravidanza, ma ne riconosce la liceità nei casi e alle condizioni di legge “e comunque all’esito di un percorso informativo e assistenziale preordinato a far acquisire alla donna una reale consapevolezza del suo status e dei suoi diritti, che potrebbe condurla anche a scegliere il parto anziché l’aborto”». Il tribunale è chiarissimo a riguardo: «Il motivo di ricorso, così come formulato, non può essere accolto, stante l’ammissibilità, generalmente consentita dalla legge e alle condizioni ivi stabilite, di affiancare alla figura del medico e dei professionisti sanitari formazioni sociali ed associazioni di volontariato, ferma restando la valutazione in termini di effettiva idoneità delle stesse».Perché allora il Tar ha chiuso la stanza dell’ascolto? Per una ragione tecnica, ben spiegata dall’assessore piemontese di Fdi Maurizio Marrone, sponsor dell’iniziativa: il tribunale contesta «all’azienda ospedaliera di non aver scritto nella convenzione la verifica in concreto dei requisiti di professionalità, esperienza e formazione in capo ai volontari. Ma siccome la delibera impugnata era già in scadenza e l’associazione ha tutte le figure professionali esperte e formate come richiesto dal Tar, immagino che la riscrittura della nuova convenzione conterrà le indicazioni dei giudici, offrendo così continuità ad un’azione di aiuto alle donne in difficoltà». In sostanza basterà riscrivere la convenzione tenendo conto delle osservazioni dei giudici e la stanza dovrebbe poter riprendere a funzionare.Al di là dei cavilli, però, resta una questione di principio. Rimane allucinante infatti l’ostinazione con cui Cgil e femministe, per quanto sconfessate dal tribunale, insistono a opporsi a un servizio che ha l’unico scopo di offrire possibilità in più alle donne. Un servizio che non impedisce loro di ricorrere all’aborto, né si arroga il diritto di decidere al loro posto. Non toglie alcun diritto, semmai aggiunge attenzione e supporto. Per quale motivo le donne, specie se in difficoltà, dovrebbero essere private di questa ulteriore possibilità? Perché ogni soluzione alternativa all’interruzione di gravidanza è presentata come un sopruso? La 194 consente di abortire ma allo stesso tempo difende la vita. Ma questo secondo aspetto i progressisti non vogliono proprio accettarlo: si oppongono alla vita, non ai pro vita.
Bill Gates (Ansa)
Dalla Cop30 in Brasile i prelati lanciano un appello per la «conversione ecologica». Una linea cieca, a scapito dei credenti che cercano in Dio il mistero del sacro.
Ora anche Bill Gates cambia direzione sulla questione green e molti altri statunitensi importanti, anche a causa del crollo del mercato automobilistico, con un ritardo che solo dei testardi hanno potuto accumulare, si accorgono che andare dietro a un’ideologia senza fare di conto porta nel baratro. L’ideologia green produce leggi e regolamenti che non sono sostenibili, così come erano stati pensati, in particolare dell’Unione Europea, né dalle famiglie (vedi norme sulla casa con costi fra i 60 e i 70.000 euro ad abitazione), né dalle imprese (vedi per tutti quella automobilistiche con quella follia dell’auto elettrica). Se è arrivato a dirlo Bill Gates, il capitalista più stucchevolmente ideologizzato ma sempre con la mano sul portafoglio (per verificare se l’ideologia gli conviene o no), vuol dire che siamo al capolinea.
Donald Trump (Ansa)
L’emittente britannica insulta l’intelligenza del pubblico sostenendo che ha taroccato il discorso di Donald «senza malizia». Infatti si scusa ma respinge la richiesta di risarcimento per diffamazione. Nigel Farage: «Ora saremo noi a dover controllare loro».
«Involontariamente». Il numero uno della centenaria Bbc si aggrappa a un avverbio per non precipitare dall’ottavo piano della Broadcasting House di Londra con il peso di un miliardo di dollari sulle spalle, come da richiesta di risarcimento da parte di Donald Trump. «Unintentionally» è la parolina-paracadute consigliata dalla batteria di legali al presidente Samir Shah, 73 anni di origine indiana, nel tentativo di aiutarlo a ritrovare il sonno e a togliersi dall’angolo dopo lo scandalo del «taglia-e-cuce». Un crollo di credibilità per la storica emittente pubblica, piazzata nel quartiere di Westminster per controllare il potere ma finita nella battutaccia di Nigel Farage: «Ora saremo noi a dover controllare loro».
Sanae Takaichi (Ansa)
Scintille per Taiwan. Il premier giapponese rivendica pace e stabilità nell’isola: «In caso di attacco, reagiremo». Ira del governo cinese: convocato l’ambasciatore.
La tensione tra Cina e Giappone è tornata a livelli di allerta dopo una settimana segnata da scambi durissimi, affondi retorici e richiami diplomatici incrociati. Pechino ha infatti avvertito Tokyo del rischio di una «sconfitta militare devastante» qualora il governo giapponese decidesse di intervenire con la forza nella crisi di Taiwan, accompagnando il monito con un invito ufficiale ai cittadini cinesi a evitare viaggi in Giappone «nel prossimo futuro».
Donald Trump (Getty Images)
Washington avvia l’operazione «Lancia del Sud» contro i traffici di droga: portaerei nel mar dei Caraibi. Maduro: «No ad altre guerre». Trump insiste per riaffermare il dominio nella regione scacciando Pechino.
Donald Trump è sempre più intenzionato a rilanciare la Dottrina Monroe: il presidente americano punta infatti ad arginare l’influenza della Cina sull’Emisfero occidentale. È dunque anche in quest’ottica che, l’altro ieri, il capo del Pentagono, Pete Hegseth, ha annunciato un’operazione militare che riguarderà l’America Latina. «Il presidente Trump ha ordinato l’azione e il Dipartimento della Guerra sta dando seguito alle sue richieste. Oggi annuncio l’operazione Lancia del Sud», ha dichiarato.






