2021-08-28
Un rimedio al caos c'è: i test salivari
Dopo Marche e Lombardia, Luca Zaia annuncia: «Subito disponibili in decine di scuole». La Francia ne farà 600.000 al giorno: Macron si può imitare solo sul foglio verde?La Verità ne scrive da settimane: questo giornale, con costanza e con determinazione, si sforza da molto tempo di offrire alla politica italiana un «uovo di Colombo», una soluzione ragionevole per stemperare le tensioni, per garantire una continuità di lavoro scolastico e aziendale, e anche per conciliare le esigenze della libertà e della sicurezza. Stiamo parlando dell'adozione a tappeto del tampone salivare, il meno costoso e il meno invasivo dei test, quello naturalmente adatto a uno screening larghissimo e sistematico.Qualcosa finalmente si muove, e il Veneto si candida a essere una delle Regioni guida, come ha spiegato ieri sul Corriere della Sera Luca Zaia: «Aspetto con ansia il 13 settembre», ha detto il governatore, «per noi sarà il D-Day, la madre di tutte le battaglie. L'apertura delle scuole l'anno scorso per gli italiani fu un'esperienza dolorosa, stavolta però non si può fallire, dobbiamo evitare la Dad». E, se questo è il fine, il mezzo opportunamente scelto da Zaia è proprio il tampone salivare: «L'obiettivo è scuola in presenza al 100 per cento, così ecco che già il 13 mattina ai ragazzi farò trovare i tamponi all'ingresso».Naturalmente, sarebbe auspicabile che una cosa del genere avvenisse in tutta Italia, e non solo a campione, ma in maniera sistematica e totale. Tuttavia, e non è poco, Zaia parla del piano delle «scuole sentinella», cioè di «una rete di decine di istituti sparsi in ogni provincia dove si monitora costantemente il livello di circolazione del Covid, facendo tamponi su tamponi, uno screening a tappeto». Ecco altri dettagli: «Abbiamo già comprato un milione di tamponi salivari molecolari in previsione del giorno della prima campanella per elementari, medie e superiori. Test per nulla invasivi, sarà come succhiare un lecca lecca. Il generale Figliuolo credo ne abbia già disposto un maxi acquisto. Funziona così: tamponi salivari per scovare gli asintomatici e poi, in caso di positivi, tamponi nasali semplici per tutta la scuola. Una falange macedone contro il virus».Come La Verità ha spiegato fino allo sfinimento, il vantaggio di un'operazione del genere si riscontra proprio nel momento critico in cui emerge una positività. Se si adotta lo schema tradizionale, c'è il rischio forte del «tutti a casa». Se invece si usano sistematicamente i tamponi salivari, si può fare uno screening estesissimo, mettere in quarantena gli eventuali altri positivi, ma consentire a tutto il resto della popolazione scolastica di proseguire le attività nei giorni successivi. E in fabbrica, in azienda, o in qualunque altro ambiente di lavoro, sarebbe esattamente la stessa cosa. Consentendo - e questo è un punto anche psicologico da non sottovalutare - un riavvicinamento alla normalità, una fine di tensioni e drammatizzazioni evitabilissime. Dov'è il problema, allora? Che per ora stiamo parlando di eccezioni positive (tre Regioni: il Veneto, più la Lombardia e le Marche, da quanto ci risulta) che andrebbero trasformate in «regola». Lo stesso Zaia lo auspica esplicitamente: «Il nostro progetto insieme all'università di Padova piace molto al generale Figliuolo, che ora pare intenzionato a replicarlo a livello nazionale».Il guaio è che però c'è chi sembra remare contro, o comunque manifesta perplessità. Parlando l'altro giorno ad Agorà su Rai 3, Sergio Abrignani (Cts) aveva paventato, dal suo punto di vista, un rischio di ipotetica sostituzione del vaccino con il tampone: «Non si deve far passare l'idea che il tampone salivare sia meglio del vaccino, non sostituiscono l'immunizzazione». E ancora: «I tamponi salivari antigenici hanno una sensibilità limitata e sono utili perché danno un risultato in pochi minuti ma mitigano il rischio e non l'azzerano. Questi test hanno un senso se usati occasionalmente e non tutti i giorni». Obiezioni singolari, sia detto con rispetto: come se il vaccino fosse divenuto un fine in sé, anziché essere a sua volta un mezzo, sia pure il più potente. Gli aveva risposto a distanza Rossano Sasso (Lega), sottosegretario all'Istruzione: «Risulta davvero inspiegabile la veemenza con cui autorevoli esponenti del Cts quotidianamente chiudono a qualsiasi ipotesi di impiego su larga scala dei tamponi salivari. Uno strumento di cui è stata certificata l'attendibilità, altrimenti l'Iss non li avrebbe validati lo scorso maggio, ma che di fatto è stato relegato in un limbo». In effetti, allo stato, i tamponi salivari non sono ammessi ai fini dell'ottenimento del green pass. Eppure il modello sarebbe a portata di mano: ai nostri confini, proprio nel Paese da cui l'Italia ha mutuato il discutibile strumento della carta verde, e cioè la Francia. Solo per la scuola, la Francia userà da settembre ben 600.000 tamponi salivari a settimana. Non solo: con numeri più piccoli (ma comunque importantissimi: 2-300.000 a settimana), il Paese di Emmanuel Macron ne fa già uso dall'11 febbraio scorso. Curioso che però, in questo caso, il modello francese non venga imitato né importato né propagandato in Italia.
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