2023-04-21
Il governo studia i chip di Taiwan. La Via della Seta è un po’ più lontana
Incontro tecnico tra funzionari del Mimit e aziende di Taipei per rafforzare la cooperazione sui semiconduttori. Intanto la Germania preme per gli investimenti di Intel. Questo potrebbe sbloccare la fabbrica nel Nord Italia.Taiwan e microchip sono due parole bollenti. Racchiudono il braccio di ferro tra Usa e Cina e al tempo stesso la sovranità tecnologica di un comparto, quello che oggi viene chiamato del digtech, in costante evoluzione. L’isola rivendicata da Pechino si difende di fatto con uno scudo di silicio e sempre più si troverà strattonata tra l’Occidente bisognoso di questa tecnologia e l’Oriente con cui dovrà comunque convivere e fare affari. Se perde il predominio tecnologico, infatti, Taipei, rischia di essere solo un puntino nella mappa del globo. Se azzera i rapporti con i propri vicini rischia di vedere il Pil dimezzato o addirittura di essere invasa. Insomma, una faglia geopolitica delicatissima su cui ha cominciato, con i dovuti distinguo e le dovute precauzioni, a muoversi anche il governo. Come riportato dall’agenzia Bloomberg alcuni funzionari del ministero del made in Italy, guidato da Adolfo Urso, sono andati in trasferta a Taipei per affrontare alcuni temi legati allo sviluppo di sistemi di produzione di microchip. Stando a quanto risulta a La Verità gli incontri non sarebbero però avvenuti a livello politico. Ma esclusivamente tecnico. Nel senso che la controparte di Taiwan era rappresentata da manager delle principali società private. Non solo Tsmc. L’isola ospita anche Vis e Psmc. Anche se il primo colosso citato da sola vale il 54% del mercato globale. A cosa siano finalizzati gli incontri, troppo presto per dirlo. Lo scorso ottobre il titolare del dicastero dichiarava che «dobbiamo riportare in casa, sul continente europeo quando l’economia di scala non permette una soluzione nazionale, alcune produzioni cruciali. Penso ai microchip che si fanno solo a Taiwan, ai droni, ma anche alle batterie elettriche per le auto del futuro, oppure ai pannelli solari. La transizione ecologica dai combustibili fossili alle rinnovabili non può e non deve significare che l’Europa passa da una dipendenza dal gas russo a una nuova dipendenza dalle tecnologie cinesi». Non è difficile immaginare che per studiare qualcosa è bene andare dai maestri e Taiwan è il leader indiscusso. Certo, d’altro canto non si può non notare che a marzo del 2024 scadrà l’accordo sulla Via della Seta firmato nel 2019 dal governo di Giuseppe Conte, assistito da Sergio Mattarella. Il contratto prevede un periodo di disdetta e rinegoziazione di tre mesi. In pratica, se il governo non interviene entro la fine dell’anno, l’accordo si rinnoverà in automatico. Non c’è alcun nesso diretto tra la visita dei funzionari a Taiwan, ma gli abboccamenti lasciano immaginare che si possa pensare a una nuova postura del governo. Una sorta di prosieguo dell’accordo ma solo sui rapporti commerciali, uscendo invece da tutto ciò che rappresenta partnership strategiche. Cioè le infrastrutture e le produzioni sensibili. Tra queste appunto i microchip. La mossa sarebbe importante anche a seguito dell’impasse che si è venuto a creare attorno al mega progetto dell’americana Intel per la Germania e il Nord Italia. Mentre valuta l’espansione nel Sud-est asiatico, (ha appena investito un miliardo di dollari in Vietnam per un sito di confezionamento) Intel sembra voler ripensare ai suoi piani per l’Europa. A metà febbraio il quotidiano tedesco Handelsblatt ha rivelato che la società Usa avrebbe chiesto alle autorità della Germania almeno 10 miliardi di euro di sussidi pubblici per la costruzione della prevista fabbrica di semiconduttori a Magdeburgo. I fondi già approvati sono molti di meno: 6,8 miliardi. Il ripensamento sarebbe dovuto agli alti prezzi dell’energia in Europa e al rincaro delle materie prime, che hanno stravolto i calcoli della società e fatto salire i costi di investimento. La conseguenza diretta sarebbe lo stop della fabbrica di collaudo e confezionamento che Intel aveva immaginato per Vigasio in Veneto (anche se resta ancora aperta anche l’alternativa del Piemonte). L’investimento italiano è però strettamente collegato a quello tedesco. Ieri il Financial Times riportava alcune indiscrezioni secondo cui il governo di Berlino starebbe cercando di mettere sul tavolo alcuni incentivi (relativi ai terreni) per spingere Intel a fare il salto definitivo. «Abbiamo bisogno che Intel che venga incontro», riporta il quotidiano indicando un commento anonimo riconducibile al governo. È chiaro che anche Berlino chieda una mano. A differenza della Francia, la politica tedesca è spinta nella direzione americana. E quindi sta praticando un allontanamento da quella che è stata la condivisione tecnologica con i cinesi. Gli investimenti diretti degli Usa servirebbero a garantire un salvagente mentre si passa da un polo all’altro. Vedremo che alla fine Intel investirà sul nostro Paese. Sarebbe un segnale importante. Non si può sostenere il mercato solo in una direzione.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Carlo Cambi
iStock
Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
Continua a leggereRiduci