La desegretazione dei contenuti dell’audizione in commissione Covid di Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministro della Salute Roberto Speranza per le relazioni con le istituzioni sanitarie internazionali, è forse la più attesa da parte di chi vuole ancora conoscere la verità sulla gestione della pandemia tra il 2020 e il 2021. Il deposito dello stenografico dovrebbe avvenire a breve, ma intanto le indiscrezioni che filtrano dai corridoi di Palazzo San Macuto sembrano confermare che il racconto di Ricciardi ai componenti della Commissione è destinato a scatenare nuove polemiche. A partire dalle rivelazioni sull’introduzione del Green pass, un’idea che Ricciardi ha sempre rivendicato ma che, secondo quanto avrebbe raccontato l’8 luglio scorso alla Commissione presieduta da Marco Lisei (Fdi), non sarebbe nata né da lui né dalla pletora di esperti che, anche attraverso il Cts, ruotavano intorno al ministero della Salute. Il suggerimento del lasciapassare sanitario, introdotto in Italia tramite il Dpcm del 17 giugno 2021, diventando ufficialmente operativo il 6 agosto 2021, sarebbe infatti arrivato al governo Draghi dalla Francia. Come detto, lo stenografico dell’audizione dell’ex consigliere di Speranza non è ancora stato reso pubblico, quindi i dettagli sul dialogo con i cugini d’Oltralpe legato al green pass non sono ancora chiari. Ma il fatto che la Francia fosse un modello per le restrizioni introdotte durante l’estate del 2021 era già emerso il 12 luglio di quell’anno, quando l’allora commissario per l’Emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo, durante un intervento a Tg2 Post, aveva commentato la decisione presa in Francia di utilizzare il green pass anche per ristoranti e trasporti. «Quella di utilizzare il green pass per vari tipi di eventi, così come in Francia», aveva detto Figliuolo, potrebbe essere una soluzione per una spinta» ai vaccini. «Poi per chi non l’avrà», aveva concluso, «c’è anche il tampone, bisogna comunque rispettare la Costituzione». Una settimana dopo, era stato proprio Ricciardi a tornare sull’idea di copiare il modello francese: «Il green pass non solo deve diventare obbligatorio per i ristoranti al chiuso, ma anche per i mezzi di trasporto pubblico come autobus e metropolitana. Dal punto di vista tecnologico, non è impossibile applicare questa necessaria misura». E in effetti, il decreto legge approvato dal governo Draghi il 22 luglio 2021 ricalcava più che abbondantemente il modello francese decantato da Figliuolo e Speranza. Il decreto introduceva infatti l’obbligo di esibire il lasciapassare sanitario tra gli altri per palestre, piscine, teatri, musei, cinema, mostre, spettacoli, stadi, fiere, convegni, congressi, parchi tematici, parchi divertimento, sale gioco, ristoranti e bar, traghetti, aerei, treni, trasporto locale e regionale, soggiorni in alberghi, banche, poste, uffici pubblici, attività commerciali (eccetto quelle essenziali come i supermercati). Un elenco pressoché sconfinato, che andava ben oltre le disposizioni attuate in Francia. Giustificato da Ricciardi anche mettendo in campo il ruolo della partita Atalanta-Valencia nella diffusione del virus nella Bergamasca («un momento esplosivo», aveva dichiarato nell’agosto del 2020 all’Eco di Bergamo). Davanti ai commissari Ricciardi avrebbe anche elogiato il lavoro svolto all’epoca insieme a Speranza, ma ammettendo di fatto che nei primi due mesi del 2020 il pericolo derivante dalla circolazione del Covid in Cina sarebbe stato sottovalutato da tutti, lui compreso. L’ex consigliere di Speranza avrebbe infatti ammesso di aver appreso della gravità della situazione legata al virus solo a fine febbraio e che durante un incontro con l’accademia delle scienze cinesi gli fu suggerito cosa fare per gestire la situazione. Anche su questo punto i dettagli delle sue dichiarazioni non sono ancora noti. Ma in effetti, il 25 febbraio del 2020, in un’intervista al quotidiano romano Il Messaggero, Ricciardi aveva lanciato un allarme inaspettato sul Covid-19: «Non è come una normale influenza, ha un tasso di letalità più alto. E soprattutto, se non la fermiamo rapidamente, rischia di richiedere un numero di posti di terapia intensiva superiore a quelli che ci sono nei nostri ospedali». Insomma, il tanto decantato modello italiano per la gestione della pandemia sarebbe in realtà figlio di una serie di indicazioni arrivate dall’estero. In attesa che i dettagli delle sue dichiarazioni in Commissione diventino pubblici, l’ex rappresentante dell’Italia (per il triennio 2017-2020) nel consiglio di amministrazione dell’Organizzazione mondiale della Sanità continua a rilasciare dichiarazioni. E a chiamare in causa Paesi stranieri rispetto alla Sanità italiana. Sul Corriere della Sera di ieri, un testo firmato da Ricciardi e dal ricercatore Giuseppe Remuzzi lancia l’allarme sulla «deriva americanizzante» del nostro sistema sanitario, facendo riferimento alle parole di Luca Antonini, vicepresidente della Corte costituzionale, autore, insieme a Stefano Zamagni, del volume Pensare la sanità. Secondo Ricciardi e Remuzzi, però, «è la stessa Corte Costituzionale (e non Antonini, ndr) a parlare di “deriva americanizzante” e lo fa negli stessi giorni in cui il New England Journal of Medicine scrive “in America nessun settore di quelli che orbitano attorno alla salute è immune dalla smodata ricerca del profitto”». Una ricostruzione che non tiene conto minimamente del fatto che la richiesta all’Italia di tagli alla spesa pubblica, iniziati in modo massiccio durante il governo guidato da Mario Monti, è arrivata dall’Unione europea. Pena, il rischio di ritrovarsi con la Troika in casa, come successo alla Grecia. E da allora i tagli alla Sanità si sono susseguiti con tutti i governi. E non all’America di Donald Trump, che però viene vista dai grand commis della Sanità di tutti i Paesi come il nemico pubblico numero uno. Trump, infatti, oltre a portare avanti una linea di rottura rispetto a quella dell’Oms sull’argomento vaccini, ha anche annunciato l’addio degli Usa all’organizzazione. Alla quale, nel solo biennio 2022-2023 Washington ha versato 1,28 miliardi di dollari. Nello stesso periodo la Cina, citata dallo stesso Trump per motivare la sua decisione, ha versato 156 milioni di dollari, l’Unione europea 468, l’Italia 73. Cifre che rendono facile capire il motivo dell’ostilità verso Trump da parte del mondo della Sanità internazionale, ma che nulla hanno a che vedere con l’origine dei tagli applicati in Italia nel settore.
Ricciardi riesuma i «malati sani»: «Senza isolamento avremo in giro troppi asintomatici»
La tecnica è antica e più volte l’abbiamo smascherata. Consiste nel cambiare le parole per cambiare la realtà. Nel sostituire la narrazione (mistificatoria) alla realtà al fine di creare un mondo artificiale e soggettivo. Occorre dunque proteggere le parole, affinché non vengano snaturate. Difenderne le definizioni, perché non vengano pervertite. Lo statunitense Matt Walsh, ad esempio, ha girato un documentario di enorme successo intitolato What is a woman, in cui provvede a interrogare professori universitari, intellettuali e attivisti ponendo una sola e cristallina domanda: che cosa è una donna? Molti, troppi, non gli hanno saputo rispondere. Traslando il discorso dall’ambito gender alla questione Covid, bisogna domandarsi e domandare: che cosa è un malato? La risposta che fornisce la Treccani è chiara: «Chi è colpito da malattia, o è in genere non sano, temporaneamente o per costituzione». Del resto la parola deriva dal greco e significa letteralmente «che sta male». O meglio, questo significava prima che si sprofondasse nel delirio pandemico. Da quando il Covid ha fatto irruzione, infatti, il malato non è più colui che sta male. È, sostanzialmente, colui che non rientra nei parametri stabiliti dal potere dominante.
Nei mesi bui dell’emergenza, malato era chiunque non avesse il green pass. Il possesso di una tesserina, di un codice che attestasse l’avvenuto atto di fede nei confronti della Cattedrale sanitaria era determinante per ottenere un posto nel novero dei sani. Questo slittamento di significato, come risulta evidente, provocava un immediato e totale distacco dalla realtà. Malato non significava più «colpito da malattia» bensì «disobbediente, deviante». Ecco la patologizzazione del dissenso, del tutto simile a quella che Vladimir Bukovskij ravvisava in Unione sovietica. Ovvero la nazione in cui era stata scoperta una nuova malattia: l’opposizione. Non contava più il reale stato di salute del singolo, ma il suo comportamento. Del resto esistevano persone dotate di green pass che si contagiavano e persone prive di tessera verde in perfetta forma. Ma queste ultime erano comunque accusate di spargere il contagio e impedire la sparizione del virus. Ora il green pass non c’è più, ma i teorici del dissenso come malattia non sono scomparsi, resistono più delle varianti Covid. E continuano a sostenere l’esistenza della più surreale delle figure: il malato sano. Tra i maggiori sponsor di questo abominio retorico vi è manco a dirlo Walter Ricciardi, relitto del passato pandemico che credevamo forse stato inghiottito dall’anonimato e invece è riemerso dal limo come se il tempo non fosse trascorso. Parlando con le agenzie di stampa dichiara compiaciuto: «Non è solo un rischio ma una certezza che avremo una ripresa di infezioni da Covid». Detto dall’uomo che ha fatto di tutto per imporre la strategia zero Covid in Italia, è quasi ridicolo. In pratica egli, rivendicandone l’efficacia, dimostra quanto fosse inutile e dannoso il suo approccio.
Come tutti i profeti pandemici che si sono trovati nel tempo a dover giustificare il fallimento delle proprie ricette salvifiche, Ricciardi deve scovare un capro espiatorio a cui attribuire la débâcle. E non gli riesce troppo difficile. L’aumento dei casi, dice all’Adnkronos Salute, è «legato al fatto che moltissime persone asintomatiche vadano in ufficio, a scuola, nei luoghi affollati, sui mezzi di trasporto con il Covid essendo venuto meno l’obbligo di isolamento. O si capisce che contrastare il Covid significa anticiparlo attraverso misure di sanità pubblica oppure è chiaro che ci saranno, come in questo momento ci sono in altre parti del mondo, delle nuove ondate epidemiche». Lineare: se il Covid non è scomparso è colpa degli asintomatici, cioè dei proverbiali malati sani. Sconosciuti misteriosi che spargono pericolose particelle infette nell’aria. Anche in questo frangente, la realtà è totalmente trascurata.
Uno studio pubblicato su Lancet in agosto e dedicato alle «emissioni virali nell’aria e nell’ambiente» ha mostrato che gli asintomatici emettono particelle virali in una quantità quasi inesistente, quindi il loro potenziale nocivo è prossimo allo zero. Per cui, semplicemente, Ricciardi sta mentendo. Forse ne è consapevole, forse no. Però in fondo non importa, perché ciò che a lui interessa è affermare una tesi: opporsi alle regole stabilite dai Sacerdoti della Scienza comporta una punizione divina, attira malanni e sciagure. Solo inchinandosi e chiedendo perdono gli italiani potrebbero salvarsi dall’ira degli dei pandemici. Se Roberto Speranza fosse ancora in sella e Ricciardi fosse ancora suo consulente, probabilmente saremmo già tornati alle mascherine obbligatorie ovunque o forse non avremmo mai visto cessare l’obbligo.
Vero: i terroristi del virus non sono più in auge, ma non smettono di esercitare influenza, contribuiscono ad alzare la tensione e la pressione mediatica, con la consueta collaborazione dei quotidiani compiacenti. Hanno perso su tutta la linea e provocato disastri micidiali, ma non smettono di parlare, non si rassegnano al silenzio. Continuano a evocare spauracchi e a diffondere timore, a fomentare sospetti e paure. Ad accusare persone sane di portare il male. Prima hanno ridefinito il concetto di malattia creando il malato sano, adesso ridefiniscono la scienza medica tramutandola in jettatura.
Dalle messe al Mes, l’ossessione non cambia. Fu Walter Ricciardi, ex consulente di Roberto Speranza, a suggerire all’ex ministro della Salute la sciagurata idea di impedire le celebrazioni liturgiche durante la pandemia, lasciando i fedeli orfani della Chiesa nel silenzio complice della Cei. Adesso, il docente di igiene all’Università Cattolica di Roma protesta «perché non è stato preso il Mes Salute». Concentrato nel ruolo di responsabile sanità di Azione, il partito di Carlo Calenda, il professore strepita per quel no «all’unica fonte di finanziamento certo, senza stigma, che ci veniva dato per garantire la copertura delle spese». Poco importa se gli italiani finirebbero con l’indebitarsi. D’altra parte, Ricciardi li avrebbe voluti in lockdown continuo, e quando dichiara «dobbiamo investire in salute», c’è da rabbrividire pensando all’idea che ne ha. Grande sostenitore della strategia «zero Covid», sempre pronto a guardare con ammirazione le assurde chiusure imposte dalla Cina ai suoi abitanti, il 9 marzo 2020 annunciava: «Sarà una guerra lunga. Solo abbassando in modo cospicuo le possibilità di contagio, e questo può avvenire esclusivamente con il contenimento dei contatti sociali, si azzererà la diffusione del virus». Un concetto sempre ribadito, anche quando la stragrande maggioranza degli italiani era ormai vaccinata e le conseguenze della variante Omicron risultavano lievi oltre che di breve durata. «Se guardo a ritroso non mi sembra di aver fatto errori», dichiarò nel gennaio dello scorso anno. Compare poco, negli atti della Procura di Bergamo. Appare defilato, come quando sulla omessa istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano, alla domanda se Speranza avesse parlato con lui dell’incontro del 26 febbraio, nel quale Cts e ministro convenivano che non c’erano le condizioni per estendere ad altre aree le zone rosse, Ricciardi risponde: «Sulle decisioni interne sono entrato poco, salve le mie competenze specifiche come professore di igiene».
In realtà, era l’uomo forse più ascoltato da Speranza. Nelle carte dell’inchiesta si legge che era stato lui ad aver «opposto assoluto divieto alle messe […] mettendomi in difficoltà il ministro perché con Conte avevamo aperto a forme intermedie (solo infrasettimanali)», scriveva in una chat Giuseppe Ruocco, componente del Cts, rivolgendosi a una sua confidente.
Era nota la sua influenza sull’allora ministro, ma non era circondato da grande considerazione. Il 24 marzo 2020 Danilo Cereda, epidemiologo della direzione generale Welfare lombarda, «chatta con tale Paola Garutti», scrivono gli investigatori. Forse era la ginecologa del Gisci, il Gruppo italiano screening del cervicocarcinoma, con il quale il professionista collaborava in qualità di esperti della SItI, la Società italiana d’igiene, medicina preventiva e sanità pubblica. «Finalmente Ricciardi ha detto che la Lombardia è un modello di eccellenze ospedaliera ma è carente la medicina pubblica territoriale. Ciò spiega perché la tragedia dell’eccessivo numero di casi in una regione così ricca!», dice la Garutti. Tagliente il commento di Cereda: «Mah, mi sembra un modo facile per fare il fenomeno». Aggiunge: «Quanto detto da lui è chiaramente una mancanza di analisi e una non conoscenza della catena dei fatti e delle decisioni». Come dire, parlava ma non sapeva.
Sempre nello stesso scambio di messaggi, il dirigente dell’unità organizzativa prevenzione della Regione Lombardia fa notare che «nel resto d’Europa c’è un Cdc in ogni nazione», riferendosi ai Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie, e si chiede dove sia quello in Italia, ricordando che dell’Istituto superiore di sanità il «professor Ricciardi è stato presidente per lungo tempo». Anche per operare tagli gravissimi, per la sanità pubblica. Basti pensare alla chiusura del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps), struttura interdipartimentale dell’Istituto superiore di sanità istituita nel 2005. Fu mandata al macero per decisione di Ricciardi, dopo che nel 2015 venne nominato commissario dell’Iss dal governo Renzi. Altro che, «il servizio sanitario nazionale sopravviverà fino a quando ci sarà qualcuno che lo difenderà», come ha detto due giorni fa l’ex consulente di Speranza.
Inutili risultarono le proteste e gli appelli di centinaia di medici e docenti, oltre che dell’epidemiologa Stefania Salmaso, ultima direttrice del Cnesps, che lo scongiurò di evitare lo smantellamento del centro e «dell’enorme patrimonio di competenze di singoli ricercatori e tecnici», compreso il modello matematico-organizzativo creato nel novembre 2006 «per attuare, in caso di pandemia, gli interventi medici e sociali necessari a fronteggiare l’emergenza».
Quanto sarebbe stato utile, nella sgangherata gestione della pandemia da Covid. «Guai se la politica interferisce con la scienza», ammoniva Ricciardi dalle pagine del Corriere della Sera nel gennaio 2019, perché «ci rimettono i cittadini». Un mese fa, invece, ricorderà: «Sono stati anni difficili, soprattutto i primi mesi molto difficili, da parte nostra - gli scienziati - per far capire alla politica che bisognava agire con decisione, anche con decisioni inaudite, come il lockdown. Ma sono stati anni anche di grande soddisfazione, perché nel nostro Paese i governi hanno seguito l’evidenza scientifica, a volte un po’ lentamente ma l’hanno sempre fatto». Davvero Azione e Italia viva credono che gli italiani possano accettare un compagno di Walter Ricciardi, del Terzo Polo, alla guida della commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid nel nostro Paese?
Shanghai 2022, ovvero l’inferno sulla terra. Il catalogo è impressionante: lockdown praticato in versione estrema e sostanzialmente carceraria; 26 milioni di abitanti forzatamente reclusi in casa con spesso la materiale impossibilità di procurarsi cibo e medicinali; scontri tra polizia e cittadini; arresti di massa e indiscriminati; separazione dei bimbi «infetti» dai loro genitori «sani»; soppressione di cani, gatti e animali da compagnia lasciati soli dai padroni positivi; trasferimento dei positivi in megastrutture trasformate in lazzaretti del ventunesimo secolo; e infine, stretta sui social da parte del regime per evitare che siano visibili gli hashtag sulla carenza di cibo e sulle violenze.
Ed è perfino superfluo immaginare il bilancio che dovrà essere stilato alla fine di questo incubo: con un numero enorme di anziani, disabili, persone sole e fragili che inevitabilmente risulteranno morti: non di Covid ma di semi-detenzione. Tutti evidentemente ritenuti «sacrificabili». Che tutto ciò esprima la teoria e la prassi di un regime autoritario e intrinsecamente concentrazionario come quello cinese è fin troppo chiaro. Né - diciamo - servono particolari commenti su quanto queste misure siano radicalmente incompatibili con qualunque anche pallida idea di libertà, rispetto della persona, stato di diritto.
Visto che su questo punto non può esserci discussione, allora vale la pena di mettere meglio a fuoco il lato «sanitario» della questione: la Cina continua a praticare (e lo fa, ovviamente, nella forma violenta e intollerante che abbiamo visto) la strategia del «Covid zero». Continua cioè a ritenere che il coronavirus debba essere «eradicato», ridotto all’inesistenza, e che nessuna convivenza sia possibile con un livello controllato e gestibile di circolazione del virus. Questa idea paranoide e allucinata, combinata con l’attitudine poliziesca del regime, produce le politiche che abbiamo elencato.
Attenzione, però, a chi - qui in Italia - fischietta e finge di parlar d’altro, come a dire: «Quella è la vera dittatura sanitaria, mica come da noi…». Eh no, troppo comodo: quella è esattamente la linea «Covid zero» che si è cercato di applicare anche qui, naturalmente senza la mancanza di freni inibitori che invece caratterizza una dittatura tout court.
Da questo punto di vista, resterà ai lettori una legittima curiosità. Sul tema ha qualcosa da dire il consulente del ministro Roberto Speranza, Walter Ricciardi, che a più riprese, in questi due anni, si era riferito alla Cina come modello?
Ricciardi, sia pure implicitamente, è stato chiamato in causa in modo molto limpido e netto da Matteo Bassetti, sentito dall’AdnKronos: «Ora vorrei che in Italia chi, anche vicino al ministro della Salute, ha sostenuto che anche da noi dovevamo imporre la strategia zero Covid facesse un mea culpa pubblico».
In effetti il record di Ricciardi, su questo argomento, fa impressione. Ancora nelle ultime settimane e mesi, attacchi scomposti al Regno Unito («Sono ammattiti, l’Inghilterra è un Paese da non prendere in considerazione», a Coffee Break su La7), e riferimenti elogiativi a Pechino in una serie di dichiarazioni e interviste: «Dobbiamo individuare e isolare gli infetti come ha fatto la Cina. […]. In otto giorni saremmo fuori dall’emergenza. […] Bisognerebbe fare i tamponi alla stragrande maggioranza degli italiani. È un’operazione che tutti dicono sia impossibile ma i cinesi per un caso testano 10 milioni di persone. Noi con 200.000 potremmo ben testare 60 milioni di italiani».
Risalendo al 2020, appare perfino clamoroso il doppio standard di Ricciardi, che lo ha portato a essere implacabile verso le democrazie occidentali e decisamente più comprensivo verso Pechino (prima responsabile della pandemia, non dimentichiamolo mai). Il 17 marzo 2020, criticando aggressivamente l’appello del ministro della Salute britannico Matt Hancock ai produttori nazionali per aumentare la disponibilità di respiratori, Ricciardi twittava così, suscitando sui social reazioni molto vivaci: «Questo è l’incredibile modo con cui il governo inglese sta affrontando il problema della carenza di respiratori, viva l’Italia, viva l’Unione Europea, grazie Cina». Avete letto bene: «Grazie Cina», probabilmente - non ne siamo certi - riferendosi ai materiali (ventilatori e mascherine) che il governo di Pechino, anche per alimentare la propaganda di regime, si era premurato di farci arrivare. Il 25 giugno dello stesso anno, ospite di Agorà su Rai 3, Ricciardi spiegava che per la riapertura delle scuole in sicurezza bisognava «fare come in Cina».
Al contrario, il 17 aprile 2020, lo stesso Ricciardi, su Twitter, se l’era presa con gli Usa di Trump, e contro (sic) «il popolo» che «vota avventurieri populisti e sovranisti». Un paio di giorni dopo, l’ineffabile Ricciardi, anziché rallentare, aveva perfino accelerato, ritwittando (salvo poi cancellare e tentare acrobaticamente di dare giustificazioni improbabili) un video con gente che colpiva a pugni e calci sagome e fantocci con il viso di Trump. Bravata tale da suscitare un’imbarazzata presa di distanza da parte della stessa Oms.
Eppure, oggi, nessuno gli chiede conto di quelle prese di posizione. Anzi, l’altro ieri sul Messaggero, preannunciando nuove sciagure, il prof ha perfino lasciato a verbale che «un 10% di bambini si è ammalato in modo grave». Sarà: eppure, secondo i dati Iss, da inizio pandemia, considerando la popolazione italiana da 0 a 19 anni, su circa 3 milioni e 400.000 casi, risultano solo 16.690 ospedalizzazioni e 371 ricoveri in terapia intensiva. Come si arriva al 10%?
Non contento di averci rovinato le vacanze di Natale del 2020, con previsioni apocalittiche che annunciavano 40.000 morti di Covid nel solo mese di febbraio, e non pago di averci mandato in ferie nel 2021 con premonizioni agghiaccianti in vista del nostro rientro al lavoro, la Cassandra nazionale, al secolo Walter Ricciardi, consulente di quell’altro menagramo che risponde al nome di Roberto Speranza, ha preparato per tutti noi una sorpresa nell’uovo di Pasqua.
In un’intervista al Messaggero infatti, ha annunciato che in autunno è attesa una nuova ondata di contagi e questo, per la gioia delle multinazionali del farmaco, renderà indispensabile la quarta dose di vaccino. Sì, neanche la guerra è riuscita a tacitare Ricciardi, il quale ha iniziato l’anno rassicurandoci con un presentimento: «C’è un rallentamento della curva epidemica in Italia, ma il numero dei morti continuerà a rimanere stabile o addirittura ad aumentare». Quindi, in piena invasione dell’Ucraina, ha proseguito con un sermone domenicale su Avvenire, in cui ci ammoniva per aver abbassato la guardia di fronte al Covid, mettendoci in allerta con un elenco di sciagure prossime venture che potrebbero colpire anziani cardiopatici e bambini, senza naturalmente dimenticare i profughi in arrivo da Kiev. Appollaiato sulle disgrazie nazionali provocate dal virus come un uccello del malaugurio, Ricciardi è tornato a far sentire la sua voce con i funesti pronostici che vado a riassumervi.
Primo: il Covid, anche se è sparito dalle prime pagine dei giornali e dai titoli di testa dei telegiornali, non è scomparso. Anzi, lotta sempre contro di noi e nemmeno i primi caldi riusciranno a fiaccarlo. Il messaggio è chiaro: non fatevi illusioni, se i virologi in tv sono stati sostituiti dai generali e al posto del commissario straordinario con le stellette ora ci toccano le stellette dei comandanti di corpo d’armata, i contagi restano alti. E se i dati dicono altro è solo perché sono sottostimati a causa dei pochi test effettuati.
Secondo: la sensazione che il virus sia diventato più buono, cioè causi meno morti, è sbagliata. In libertà ci sono ancora troppe persone non vaccinate o vaccinate male (per lui quelli che non hanno almeno tre dosi, e prossimamente quattro, sono tutti vaccinati male) e queste sono facile bersaglio del Covid e delle sue varianti.
Terzo: ci si prospetta un’estate con un crescendo di contagi e, ovviamente, di morti, ma peggio ancora andrà in autunno, con una nuova ondata. Le condizioni, spiega l’illustre scienziato, che grazie al cielo finora ha sbagliato la maggior parte dei suoi calcoli, ci sono tutte.
Quarto: l’unica barriera per fermare il Covid resta il vaccino per tutti. Anche in questo caso, il messaggio non lascia spazio a dubbi. Per il professore che sussurra a Speranza scenari luttuosi, bisognerebbe rendere obbligatorio il vaccino anche a quella minoranza di italiani che ancora non ha offerto il braccio alla patria. Come detto, fra i renitenti Ricciardi include anche coloro che si sono fermati solo alla seconda dose e, da quel che diremo in seguito, anche quelli che si sono sottoposti alla terza.
Già, perché Ricciardi ritiene che non si sia ancora arrivati al picco pandemico, e - decritto per i non esperti - questo significa che o ci rassegniamo a nuove iniezioni oppure, secondo lui, ci dobbiamo rassegnare a prendere il virus. «Ci stiamo confrontando con una variante del Covid estremamente contagiosa». Ma non ci avevano detto che con il booster potevamo dormire sonni tranquilli per cinque o dieci anni (parole affidate al Corriere della Sera da Sergio Abrignani, altro scienziato esperto in previsioni azzeccate)? Risposta: «La vaccinazione con tre dosi non protegge completamente dall’infezione, ma protegge dagli effetti gravi del Covid. Il nuovo richiamo permette ai fragili e agli over 80 di rafforzare le difese». Quindi si tratta di una protezione in più per le persone a rischio? No, qui viene il bello, cioè la sorpresa nell’uovo di Pasqua: «In autunno sarà necessaria una nuova dose per tutti».
Può bastare questo per farci andare di traverso la colomba domenicale? Eh no, troppo poco. Così il porta-jella rincara la dose. Indosseremo ancora la mascherina al chiuso? «Il ministro Speranza parlerà subito dopo Pasqua, guardando i dati. Ma è molto probabile che saranno proprio i dati a dirci di non togliere le mascherine, non solo al chiuso, ma anche all’aperto, in tutti i casi di assembramento».
Dopo aver letto l’intervista, resta una speranza, ovviamente con la minuscola e cioè che, come gli è capitato negli ultimi due anni, il portatore sano di disgrazie abbia torto. Visto quello che diceva a gennaio, quando invitava a seguire il modello cinese, e visto quel che sta succedendo in Cina, c’è solo da fare il contrario.







