La desegretazione dei contenuti dell’audizione in commissione Covid di Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministro della Salute Roberto Speranza per le relazioni con le istituzioni sanitarie internazionali, è forse la più attesa da parte di chi vuole ancora conoscere la verità sulla gestione della pandemia tra il 2020 e il 2021. Il deposito dello stenografico dovrebbe avvenire a breve, ma intanto le indiscrezioni che filtrano dai corridoi di Palazzo San Macuto sembrano confermare che il racconto di Ricciardi ai componenti della Commissione è destinato a scatenare nuove polemiche. A partire dalle rivelazioni sull’introduzione del Green pass, un’idea che Ricciardi ha sempre rivendicato ma che, secondo quanto avrebbe raccontato l’8 luglio scorso alla Commissione presieduta da Marco Lisei (Fdi), non sarebbe nata né da lui né dalla pletora di esperti che, anche attraverso il Cts, ruotavano intorno al ministero della Salute. Il suggerimento del lasciapassare sanitario, introdotto in Italia tramite il Dpcm del 17 giugno 2021, diventando ufficialmente operativo il 6 agosto 2021, sarebbe infatti arrivato al governo Draghi dalla Francia. Come detto, lo stenografico dell’audizione dell’ex consigliere di Speranza non è ancora stato reso pubblico, quindi i dettagli sul dialogo con i cugini d’Oltralpe legato al green pass non sono ancora chiari. Ma il fatto che la Francia fosse un modello per le restrizioni introdotte durante l’estate del 2021 era già emerso il 12 luglio di quell’anno, quando l’allora commissario per l’Emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo, durante un intervento a Tg2 Post, aveva commentato la decisione presa in Francia di utilizzare il green pass anche per ristoranti e trasporti. «Quella di utilizzare il green pass per vari tipi di eventi, così come in Francia», aveva detto Figliuolo, potrebbe essere una soluzione per una spinta» ai vaccini. «Poi per chi non l’avrà», aveva concluso, «c’è anche il tampone, bisogna comunque rispettare la Costituzione». Una settimana dopo, era stato proprio Ricciardi a tornare sull’idea di copiare il modello francese: «Il green pass non solo deve diventare obbligatorio per i ristoranti al chiuso, ma anche per i mezzi di trasporto pubblico come autobus e metropolitana. Dal punto di vista tecnologico, non è impossibile applicare questa necessaria misura». E in effetti, il decreto legge approvato dal governo Draghi il 22 luglio 2021 ricalcava più che abbondantemente il modello francese decantato da Figliuolo e Speranza. Il decreto introduceva infatti l’obbligo di esibire il lasciapassare sanitario tra gli altri per palestre, piscine, teatri, musei, cinema, mostre, spettacoli, stadi, fiere, convegni, congressi, parchi tematici, parchi divertimento, sale gioco, ristoranti e bar, traghetti, aerei, treni, trasporto locale e regionale, soggiorni in alberghi, banche, poste, uffici pubblici, attività commerciali (eccetto quelle essenziali come i supermercati). Un elenco pressoché sconfinato, che andava ben oltre le disposizioni attuate in Francia. Giustificato da Ricciardi anche mettendo in campo il ruolo della partita Atalanta-Valencia nella diffusione del virus nella Bergamasca («un momento esplosivo», aveva dichiarato nell’agosto del 2020 all’Eco di Bergamo). Davanti ai commissari Ricciardi avrebbe anche elogiato il lavoro svolto all’epoca insieme a Speranza, ma ammettendo di fatto che nei primi due mesi del 2020 il pericolo derivante dalla circolazione del Covid in Cina sarebbe stato sottovalutato da tutti, lui compreso. L’ex consigliere di Speranza avrebbe infatti ammesso di aver appreso della gravità della situazione legata al virus solo a fine febbraio e che durante un incontro con l’accademia delle scienze cinesi gli fu suggerito cosa fare per gestire la situazione. Anche su questo punto i dettagli delle sue dichiarazioni non sono ancora noti. Ma in effetti, il 25 febbraio del 2020, in un’intervista al quotidiano romano Il Messaggero, Ricciardi aveva lanciato un allarme inaspettato sul Covid-19: «Non è come una normale influenza, ha un tasso di letalità più alto. E soprattutto, se non la fermiamo rapidamente, rischia di richiedere un numero di posti di terapia intensiva superiore a quelli che ci sono nei nostri ospedali». Insomma, il tanto decantato modello italiano per la gestione della pandemia sarebbe in realtà figlio di una serie di indicazioni arrivate dall’estero. In attesa che i dettagli delle sue dichiarazioni in Commissione diventino pubblici, l’ex rappresentante dell’Italia (per il triennio 2017-2020) nel consiglio di amministrazione dell’Organizzazione mondiale della Sanità continua a rilasciare dichiarazioni. E a chiamare in causa Paesi stranieri rispetto alla Sanità italiana. Sul Corriere della Sera di ieri, un testo firmato da Ricciardi e dal ricercatore Giuseppe Remuzzi lancia l’allarme sulla «deriva americanizzante» del nostro sistema sanitario, facendo riferimento alle parole di Luca Antonini, vicepresidente della Corte costituzionale, autore, insieme a Stefano Zamagni, del volume Pensare la sanità. Secondo Ricciardi e Remuzzi, però, «è la stessa Corte Costituzionale (e non Antonini, ndr) a parlare di “deriva americanizzante” e lo fa negli stessi giorni in cui il New England Journal of Medicine scrive “in America nessun settore di quelli che orbitano attorno alla salute è immune dalla smodata ricerca del profitto”». Una ricostruzione che non tiene conto minimamente del fatto che la richiesta all’Italia di tagli alla spesa pubblica, iniziati in modo massiccio durante il governo guidato da Mario Monti, è arrivata dall’Unione europea. Pena, il rischio di ritrovarsi con la Troika in casa, come successo alla Grecia. E da allora i tagli alla Sanità si sono susseguiti con tutti i governi. E non all’America di Donald Trump, che però viene vista dai grand commis della Sanità di tutti i Paesi come il nemico pubblico numero uno. Trump, infatti, oltre a portare avanti una linea di rottura rispetto a quella dell’Oms sull’argomento vaccini, ha anche annunciato l’addio degli Usa all’organizzazione. Alla quale, nel solo biennio 2022-2023 Washington ha versato 1,28 miliardi di dollari. Nello stesso periodo la Cina, citata dallo stesso Trump per motivare la sua decisione, ha versato 156 milioni di dollari, l’Unione europea 468, l’Italia 73. Cifre che rendono facile capire il motivo dell’ostilità verso Trump da parte del mondo della Sanità internazionale, ma che nulla hanno a che vedere con l’origine dei tagli applicati in Italia nel settore.
Dalle messe al Mes, l’ossessione non cambia. Fu Walter Ricciardi, ex consulente di Roberto Speranza, a suggerire all’ex ministro della Salute la sciagurata idea di impedire le celebrazioni liturgiche durante la pandemia, lasciando i fedeli orfani della Chiesa nel silenzio complice della Cei. Adesso, il docente di igiene all’Università Cattolica di Roma protesta «perché non è stato preso il Mes Salute». Concentrato nel ruolo di responsabile sanità di Azione, il partito di Carlo Calenda, il professore strepita per quel no «all’unica fonte di finanziamento certo, senza stigma, che ci veniva dato per garantire la copertura delle spese». Poco importa se gli italiani finirebbero con l’indebitarsi. D’altra parte, Ricciardi li avrebbe voluti in lockdown continuo, e quando dichiara «dobbiamo investire in salute», c’è da rabbrividire pensando all’idea che ne ha. Grande sostenitore della strategia «zero Covid», sempre pronto a guardare con ammirazione le assurde chiusure imposte dalla Cina ai suoi abitanti, il 9 marzo 2020 annunciava: «Sarà una guerra lunga. Solo abbassando in modo cospicuo le possibilità di contagio, e questo può avvenire esclusivamente con il contenimento dei contatti sociali, si azzererà la diffusione del virus». Un concetto sempre ribadito, anche quando la stragrande maggioranza degli italiani era ormai vaccinata e le conseguenze della variante Omicron risultavano lievi oltre che di breve durata. «Se guardo a ritroso non mi sembra di aver fatto errori», dichiarò nel gennaio dello scorso anno. Compare poco, negli atti della Procura di Bergamo. Appare defilato, come quando sulla omessa istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano, alla domanda se Speranza avesse parlato con lui dell’incontro del 26 febbraio, nel quale Cts e ministro convenivano che non c’erano le condizioni per estendere ad altre aree le zone rosse, Ricciardi risponde: «Sulle decisioni interne sono entrato poco, salve le mie competenze specifiche come professore di igiene».
In realtà, era l’uomo forse più ascoltato da Speranza. Nelle carte dell’inchiesta si legge che era stato lui ad aver «opposto assoluto divieto alle messe […] mettendomi in difficoltà il ministro perché con Conte avevamo aperto a forme intermedie (solo infrasettimanali)», scriveva in una chat Giuseppe Ruocco, componente del Cts, rivolgendosi a una sua confidente.
Era nota la sua influenza sull’allora ministro, ma non era circondato da grande considerazione. Il 24 marzo 2020 Danilo Cereda, epidemiologo della direzione generale Welfare lombarda, «chatta con tale Paola Garutti», scrivono gli investigatori. Forse era la ginecologa del Gisci, il Gruppo italiano screening del cervicocarcinoma, con il quale il professionista collaborava in qualità di esperti della SItI, la Società italiana d’igiene, medicina preventiva e sanità pubblica. «Finalmente Ricciardi ha detto che la Lombardia è un modello di eccellenze ospedaliera ma è carente la medicina pubblica territoriale. Ciò spiega perché la tragedia dell’eccessivo numero di casi in una regione così ricca!», dice la Garutti. Tagliente il commento di Cereda: «Mah, mi sembra un modo facile per fare il fenomeno». Aggiunge: «Quanto detto da lui è chiaramente una mancanza di analisi e una non conoscenza della catena dei fatti e delle decisioni». Come dire, parlava ma non sapeva.
Sempre nello stesso scambio di messaggi, il dirigente dell’unità organizzativa prevenzione della Regione Lombardia fa notare che «nel resto d’Europa c’è un Cdc in ogni nazione», riferendosi ai Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie, e si chiede dove sia quello in Italia, ricordando che dell’Istituto superiore di sanità il «professor Ricciardi è stato presidente per lungo tempo». Anche per operare tagli gravissimi, per la sanità pubblica. Basti pensare alla chiusura del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps), struttura interdipartimentale dell’Istituto superiore di sanità istituita nel 2005. Fu mandata al macero per decisione di Ricciardi, dopo che nel 2015 venne nominato commissario dell’Iss dal governo Renzi. Altro che, «il servizio sanitario nazionale sopravviverà fino a quando ci sarà qualcuno che lo difenderà», come ha detto due giorni fa l’ex consulente di Speranza.
Inutili risultarono le proteste e gli appelli di centinaia di medici e docenti, oltre che dell’epidemiologa Stefania Salmaso, ultima direttrice del Cnesps, che lo scongiurò di evitare lo smantellamento del centro e «dell’enorme patrimonio di competenze di singoli ricercatori e tecnici», compreso il modello matematico-organizzativo creato nel novembre 2006 «per attuare, in caso di pandemia, gli interventi medici e sociali necessari a fronteggiare l’emergenza».
Quanto sarebbe stato utile, nella sgangherata gestione della pandemia da Covid. «Guai se la politica interferisce con la scienza», ammoniva Ricciardi dalle pagine del Corriere della Sera nel gennaio 2019, perché «ci rimettono i cittadini». Un mese fa, invece, ricorderà: «Sono stati anni difficili, soprattutto i primi mesi molto difficili, da parte nostra - gli scienziati - per far capire alla politica che bisognava agire con decisione, anche con decisioni inaudite, come il lockdown. Ma sono stati anni anche di grande soddisfazione, perché nel nostro Paese i governi hanno seguito l’evidenza scientifica, a volte un po’ lentamente ma l’hanno sempre fatto». Davvero Azione e Italia viva credono che gli italiani possano accettare un compagno di Walter Ricciardi, del Terzo Polo, alla guida della commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid nel nostro Paese?
Con i pensieri appesantiti dall’elmetto calato a forza sulla testa, i più si sono dimenticati di quella che fino all’altro giorno era considerata l’emergenza più devastante di sempre, una minaccia a cui dedicare ogni briciolo di attenzione a costo di fare passare in secondo piano anche questioni di vita e di morte. Sì, abbiamo gettato il Covid nel cestino, seppellendo le intemerate dei virologi sotto un tappeto televisivo di servizi sul Grande Satana putiniano. Ma per fortuna c’è un uomo che non dimentica, un guerriero pandemico che non ha intenzione di deporre la spada e ancora veglia su tutti noi come un Guardiano della notte di Game of Thrones. È Walter Ricciardi, gran consigliere di Roberto Speranza. Ieri, al Messaggero, ha dichiarato che non bisogna «abbassare la guardia sul fronte del Covid anche se la guerra in Ucraina sembra aver tolto il virus dal nostro radar». Ah, grazie al cielo c’è lui a ricordarci ciò che tutti fingono non esista più. Peccato solo per un particolare: sembra che da queste parti ci si rammenti del virus soltanto quando si devono confermare le restrizioni.
A dire il vero, tutti saremmo ben felici di spedire la pandemia in soffitta e dedicarci ad altri e più stringenti affari. Per altro il conflitto ucraino ci sta mostrando quale differenza passi tra una guerra vera, combattuta sul campo (da altri, in questo caso) e una guerra immaginaria dichiarata alla malattia. Però non possiamo permetterci di comportarci come se il Covid non ci fosse più, e per un motivo molto semplice: ancora oggi sono in vigore restrizioni spietate che colpiscono una bella fetta di popolazione, che tolgono il lavoro a persone sane, impediscono ai bambini di praticare sport e continuano a lacerare la nazione. Tutta Europa ha eliminato divieti e barriere, noi no. Anzi, pare proprio che l’intenzione sia quella di non levarli più.
Ricciardi ieri è andato dritto al punto: «Capisco che sia popolare eliminare le restrizioni, ma sarebbe assurdo tornare a inseguire il virus con nuove restrizioni in autunno», ha detto. Che fare dunque? Facile: «Mantenere il green pass all’aperto non ha più molto senso ma al chiuso è bene restare vigili. Non solo per il certificato ma anche per le mascherine». Messaggio ricevuto? Bisogna che il green pass resti per tutta l’estate, almeno per i luoghi chiusi. Così, qualora in autunno i contagi dovessero risalire ulteriormente, la carta verde tornerà operativa a pieno regime. Insomma, il grande occhio della Cattedrale Sanitaria non intende chiudersi. In queste ore fior di giornalisti italiani indossano gli scarponi militari e non certo per scendere battaglia: li sfruttano per spedire altri a fare la guerra a calci nel sedere.
Ebbene, intanto che gli illustri colleghi belligeranti si dedicano a far rischiare la pelle agli ucraini in nome della libertà, qui la libertà vera resta un miraggio per molti. Non ci si può nemmeno azzardare a tirare fuori l’argomento, perché subito si viene zittiti: «Ma basta con queste storie! Non vedi che c’è la guerra?». Così tutto passa in cavalleria, la nuova normalità procede spedita dentro la nuova emergenza.
Rimane comunque interessante notare quali siano le argomentazioni con cui viene sostenuta la persistenza del green pass. Sentite Ricciardi: «Primo: i contagi sono ancora moltissimi e abbiamo 200 morti al giorno. Secondo: a causa della invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, in Europa è in corso una migrazione di milioni di persone poco vaccinate e senza protezioni. Terzo: in Africa solo il 5% delle persone è vaccinato. Dunque ci sono le premesse per una ripresa della pandemia e per l’arrivo di nuove varianti».
Davvero sublime. Si tratta dello stesso Ricciardi che nel 2020, mentre il sistema sanitario italiano era sulla via del collasso, firmava un appello per chiedere una sanatoria degli immigrati irregolari: «Dato che la regolarizzazione è innanzitutto per ragioni di salute pubblica, occorre rilasciare a tutti gli stranieri in condizioni di soggiorno illegale un permesso di soggiorno per asilo», recitava il documento sottoscritto dal nostro luminare. Ricciardi arrivò addirittura a proporre di introdurre una sorta di reddito di sostentamento per gli stranieri provati dalla pandemia.
Eppure adesso sostiene che dobbiamo mantenere le restrizioni proprio a causa dell’arrivo di migliaia di ucraini non vaccinati. Stando a quanto dichiarato dal sottosegretario Pierpaolo Sileri, anche i malcapitati profughi dovranno munirsi di green pass: se sfuggono alle bombe non potranno sfuggire a iniezioni e tamponi. Fatto curioso: quando, in epoca di lockdown, si faceva notare l’assurdità di chiudere in casa gli italiani mentre una marea di clandestini sbarcava sulle nostre coste, espertoni come Massimo Galli o Pier Luigi Lopalco facevano a gara per ribadire che «non sono i migranti a diffondere il virus». Ora che qualche geniaccio si fa scudo con i profughi per prolungare le restrizioni, pare che a tutti vada bene.
Dunque il green pass resta in vigore. E anche se potremmo ridare la libertà a milioni di italiani in un lampo, non lo facciamo. Perché siamo troppo occupati a mandare a morire gli ucraini in nome di una libertà che non otterranno.





