Pontida 2024 era molto attesa non solo per la presenza di Orbán, ma soprattutto per l’arrivo del generale Roberto Vannacci, che alle elezioni europee del 9 giugno ha preso una valanga di preferenze. (Ho fatto i conti con lui: 189.000 nel Nord Ovest, 143.000 nel Nord Est, 117.000 nel Centro, 73.000 nel Sud, 35.000 nelle Isole. Totale 557.000.) Prima di Pontida - e, per la verità, anche dopo - se ne son dette di tutti i colori. Vannacci fa il partito. Vannacci scala la Lega. Vannacci al posto di Salvini, e così via. Chiedo a Salvini se, per lui, Vannacci sia un’opportunità o un rischio. «È un bicchiere mezzo pieno per entrambi» risponde. «C’è chi candida Ilaria Salis e chi Roberto Vannacci. Fate voi…» Come vi siete incontrati? «L’ho cercato dopo i primi dieci giorni di massacro mediatico all’uscita del libro Il mondo al contrario. Siamo entrati subito in sintonia e abbiamo convenuto che si candidasse mesi prima delle elezioni». (A proposito dell’incredibile risultato editoriale ottenuto, il generale ricorda sempre nelle preghiere serali Paolo Berizzi, il giornalista della Repubblica autore di una violentissima campagna contro il libro: un modo infallibile per portarlo al successo.) Vannacci farà un suo partito? «Non lo farà…» mi risponde senza incertezze Salvini. E la freddezza dei «colonnelli» della Lega? «Abbracci e baci nel retropalco senza telecamere…» Con il generale Vannacci celiamo sul fatto che lui non esclude mai nulla, nemmeno di tornare in servizio. «Ho 56 anni, alla fine del mandato europeo potrei andare in pensione a 61, ma se fossi promosso generale di corpo d’armata, avrei tempo fino a 63. Andare in pensione mi converrebbe: cumulerei il vitalizio con l’assegno parlamentare. Ma sono ancora troppo legato alla famiglia militare per farlo. E non sono certo l’unico soldato ad aver chiesto l’aspettativa parlamentare: ci furono i generali Mauro Del Vecchio e Domenico Rossi, c’è un ufficiale di marina che fa il consigliere regionale. E poi non mi piace che siano dei giornalisti a dirmi cosa devo fare della mia vita». Anche Vannacci nega che ci sia freddezza nei suoi confronti da parte dei dirigenti della Lega. «Ho avuto scambi cordiali con Zaia, con Fedriga, e con Calderoli ho mangiato un panino nel retropalco. Sono una persona nuova, capisco che non vengano ad abbracciarmi». E nega di voler fare concorrenza a Salvini: «Tra noi c’è un’intesa perfetta anche senza sentirci». Presenterà una mozione al congresso della Lega?, gli domando. «Dopo aver fatto per 37 anni un altro lavoro, all’inizio non avevo capito. Poi mi hanno spiegato che le mozioni si fanno quando ci sono le correnti. E nella Lega non ci sono. Eppoi senta: per aspirare alla segreteria di un partito servono capacità ed esperienza che, al momento, non credo di avere». E aggiunge: «Io voglio cambiare l’Italia e l’Europa. Il partito è lo strumento più difficile e in salita per farlo. Pur non escludendolo, non è quella la strada principale». Però, gli faccio notare, il tenente colonnello Fabio Filomeni, suo istruttore ai tempi del reggimento Col Moschin, ha messo in piedi una macchina da guerra. Ha costituito sezioni del movimento Il mondo al contrario in tutte le circoscrizioni delle elezioni europee… «Filomeni ha fatto tutto da solo e io poco c’entro» precisa. «Si è limitato a mandarmi un documento che era un’elaborazione intellettuale, destinata a trasformare presto un’associazione culturale in associazione politica». E il Movimento Europa sovrana e indipendente? «Non è un movimento» replica Vannacci. (Dal sito europasovranaeindipendente.eu: «Il Comitato politico “Europa sovrana e indipendente” nasce all’inizio del 2024 per iniziativa del tenente colonnello Fabio Filomeni, che riunisce attorno a sé esperti di geopolitica, diplomatici e professionisti nel campo giuridico e sociale per proporre un’idea politica di Europa, idonea a rispondere alle sfide della nuova situazione internazionale»). «È stato tolto spazio vitale alla Russia». Lei pensa a un’Italia fuori dalla Nato?, chiedo a Vannacci. «Assolutamente no. Essere sovrani non significa uscire da un’organizzazione che ha garantito la pace per più di cinquant’anni. Un’alleanza politica e militare che ha funzionato bene, anche se andrebbe rivisitata». E come, allora? «Incrementando la cooperazione con l’Unione europea e facendola tornare a essere un’alleanza prettamente difensiva, perché con il termine “difesa preventiva” si è forse esagerato compiendo operazioni - come i bombardamenti in Libia durante le primavere arabe - che hanno fornito pessimi risultati. Inoltre, la Nato dovrebbe anche tenere conto degli interessi europei e non solo dei soci di maggioranza». Di qui la simpatia del generale (e della Lega) per l’America di Donald Trump. «America First vuole limitare gli interventi Nato a tutto campo. Trump ha sempre auspicato una Nato meno ingerente negli affari dell’Unione europea e un’Europa con maggiore voce in capitolo nella Nato». E che ne pensa di un esercito europeo? «Non può esistere la cessione di parti di sovranità nazionale. Gli eserciti devono rimanere nazionali come espressione della sovranità dello Stato. A livello europeo è giusto creare sinergie a livello industriale e capacitivo e piena interoperabilità fra le truppe. La Ue dovrebbe fungere da soggetto importante di diritto internazionale, fornendo la base giuridica per un eventuale intervento. L’intervento armato dovrebbe poi essere fisicamente compiuto da quelle nazioni che più sono interessate territorialmente e dal punto di vista degli interessi nazionali. Gli interessi europei sono talmente frammentari che l’esercito danese non avrebbe convenienza a intervenire nel Mediterraneo».
Il gong del sistema a orologeria della giustizia italiana è scoccato ieri: il generale Roberto Vannacci, che, fresco di elezione, è riuscito a malapena a sedersi sul suo scranno al Parlamento europeo, nelle prossime settimane potrebbe ricevere una convocazione come persona indagata dai pubblici ministeri di Roma che l’hanno iscritto per falso in atto pubblico in relazione alle spese effettuate nel periodo in cui era in servizio a Mosca. Fatti sui quali ha già aperto un fascicolo anche la Procura militare nel febbraio 2024. Tra le irregolarità contestate spiccano indennità di servizio percepite in modo illecito per i familiari (perché moglie e figlie non sarebbero state a Mosca nel periodo considerato o, almeno, le date dei visti di ingresso e di uscita dalla Federazione russa non coinciderebbero con quelle indicate nelle richieste di rimborso), una spesa da 9.000 euro legata all’auto di servizio che non sarebbe stata autorizzata (su questa contestazione c’è anche una segnalazione alla Procura della Corte dei conti) e rimborsi per eventi e cene che non sarebbero mai avvenuti.
Il periodo preso in esame dagli ispettori ministeriali è quello compreso tra febbraio 2021 e maggio 2022. Poi Vannacci venne espulso dal Cremlino insieme con altri 23 diplomatici e militari italiani in risposta all’analoga mossa dal governo Draghi dopo l’invasione dell’Ucraina. Una delle cene contestate si sarebbe svolta nell’alloggio di servizio il 23 maggio 2022, quindi, secondo gli ispettori ministeriali, il giorno seguente rispetto alla decisione di Mosca di espellere i militari italiani. La stessa data in cui risulterebbe eseguito il trasloco dei mobili e delle masserizie dall’abitazione indicata per la cena.
E, così, Vannacci si trova al centro di un ennesimo procedimento giudiziario, dopo quelli aperti sui contenuti del suo libro Il mondo al contrario che è al centro di due fascicoli (uno della Procura militare, che si è vista rigettare una richiesta di archiviazione dal gip, e uno dei pm di Piazzale Clodio) per istigazione all’odio razziale (la notizia, coincidenza, uscì proprio dopo le indiscrezioni pubblicate dalla stampa su una sua possibile candidatura con la Lega). Dopo la pubblicazione del libro, che su Amazon è diventato un bestseller, il generale fu trasferito, poi sospeso dall’impiego «per gravi violazioni disciplinari» e infine destituito dal comando. Il militare ha poi dovuto affrontare un procedimento penale per una querela sporta nei suoi confronti dalla pallavolista Paola Egonu che era citata nel libro: il gip ha mandato in archivio il fascicolo ritenendo il passaggio sulla Egonu «inopportuno ma non denigrante». E dopo l’elezione è arrivata la nuova tegola.
«Non abbiamo notizia formale della chiusura dell’inchiesta amministrativa militare», ha replicato ieri l’avvocato Giorgio Carta, che difende Vannacci, aggiungendo: «E non abbiamo ricevuto alcuna notifica formale da parte della Procura ordinaria, quindi nemmeno conosciamo quali sarebbero le condotte eventualmente ancora contestate. Possiamo però dire che le accuse apparse a suo tempo sulla stampa erano infondate e abbiamo già dimostrato che tutte le irregolarità di cui si era parlato non erano tali». «Sono serenissimo, siamo davanti a chiacchiere da bar», ha affermato Vannacci, che ha liquidato la questione precisando che «non ci sono notifiche e non c’è nulla di nuovo dal punto di vista formale. A fine febbraio era uscita la stessa notizia, ma a noi non è arrivato nulla».
L’aitante Roberto Vannacci mura anche Paola Egonu. La pallavolista della nazionale italiana aveva denunciato per diffamazione il neo eurodeputato della Lega perché si sentiva offesa da un passaggio del suo bestseller, ma il gip di Lucca, accogliendo la richiesta della Procura, ha archiviato l’accusa. Nessun insulto e nessuna denigrazione da parte del generale, si legge nella sentenza, ma al massimo una frase che «può ben essere valutata come impropria e inopportuna». Insomma, per una volta vince la libertà di pensiero, al di là del fatto che un concetto possa essere valutato più o meno elegante, raffinato o in linea con mode e contesti. I reati penali sono altra cosa, ma le denunce infondate per diffamazione sono ormai una forma di intimidazione.
La pallavolista si era sentita offesa per un paio di passaggi del Mondo al contrario, dedicati direttamente a lei, che al festival di Sanremo dell’anno scorso aveva accusato l’Italia di essere un Paese razzista. «Anche se è italiana di cittadinanza, è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità», regola i conti Vannacci. Fattuale, ma non esattamente il tipo di sottolineatura che a una cena verrebbe ritenuto educato.
Al generale tuttavia non manca il coraggio e sempre nel suo pamphlet spiega: «Quando vedo una persona che ha la pelle scura non la identifico immediatamente come appartenente all’etnia italiana non perché sono razzista, ma perché da 8.000 anni l’italiano stereotipato è bianco». E qui davvero ce ne voleva per vedere un insulto, anche perché Vannacci al massimo ha detto una banalità sul riconoscere «immediatamente» un italiano e poi perché l’aggettivo «stereotipato» non è esattamente né un complimento né un richiamo a presunte superiorità.
In estate, però, la Egonu aveva denunciato per diffamazione Vannacci. Il pm ha chiesto l’archiviazione e ieri il gip Alessandro Dal Torrione ha emesso un provvedimento di due pagine con cui accoglie la richiesta. Il giudice di Lucca osserva che la frase sulla «non italianità» di Egonu «può ben essere valutata come impropria o inopportuna», tuttavia «non risulta emergere un superamento del limite della continenza che possa dirsi indicativo della volontà, da parte dell’indagato, di offendere gratuitamente la reputazione» di Egonu, «di denigrarla, di sminuirne il valore, di portare un attacco indebito alla persona». Insomma, Vannacci aveva tutti i diritti di scrivere quello che ha scritto nel suo libro, esattamente come ognuno ha diritto di comprarlo o non comprarlo, di apprezzarlo, o di ritenerlo brutto e sbagliato.
«È la vittoria della libertà di opinione», ha commentato l’avvocato Massimiliano Manzo, legale dell’ex generale della Folgore, soddisfatto «dell’esito del procedimento e di aver trovato un giudice che ha ascoltato le nostre ragioni». Simone Facchinetti, che tutela Egonu, parla invece di «archiviazione inaspettata e decisione inaccettabile». Appena riuscirà a mettersi in contatto con la sua assistita, all’estero con la Nazionale, deciderà eventuali altre azioni legali.
Va ricordato che Vannacci, il 13 maggio, aveva pubblicato una lettera con la quale aveva chiarito il suo pensiero sul caso Egonu, nella quale aveva anche scritto di essere orgoglioso che lei giochi in nazionale. «Sono personalmente e continuamente fiero che lei rappresenti il nostro tricolore, con la sua eccellenza sportiva», assicurava il generale, «ma questo non può celare visivamente la sua origine di cui sono convinto, lei stessa vada fiera». Del resto, per lui la battaglia è un po’ più ampia e infatti aggiungeva che «senza alcuna intenzione offensiva, ritengo che le diversità e le differenze di religione, di cultura, di origini, di etnia rappresentino una ricchezza per la società e non vadano travisate con la discriminazione». Anche in quell’occasione, di fronte alle diversità, ci fu un politico che non perse l’occasione per soffiare sul fuoco, ovvero Alessandro Zan. L’esponente del Pd svelenò via X: «Vannacci continua a sputare odio. Sostenere che “omosessuali non si nasce” apre la strada alle terapie riparative, una tortura già vietata in molti Paesi che ha spinto tanti al suicidio. Dopo Egonu, chieda scusa alle persone Lgbtqia+, o l’ha fatto solo per paura della querela?». L’aspetto ulteriormente comico è che Vannacci si era limitato a fornire «un’interpretazione autentica» delle proprie parole e non s’era minimamente scusato di alcunchè. Oggi, con una sentenza di assoluzione sul tavolo, forse si può dire sommessamente che anche questa moda del «doversi scusare» nel dibattito pubblico è assolutamente ridicola e non è meno incivile e violenta dell’obbligo di dissociarsi quando qualcuno che la pensa come noi si macchia di un reato.
E a proposito di dibattito pubblico, il livello purtroppo non era molto più alto neppure prima del vituperato libro di Vannacci. Per esempio, in occasione del Festival Sanremo del febbraio 2023 salì sul palco anche Paola Egonu per un suo monologo. Poco prima, per infiammare lo share e attirare l’attenzione degli Zan di ogni varietà, la pallavolista in conferenza stampa disse la seguente sciocchezza: «L’Italia è un Paese razzista, ma non tutti sono razzisti o tutti cattivi… però se mi chiedete se c’è razzismo la risposta è sì. L’Italia sta migliorando da questo punto di vista e non voglio fare la vittima, ma dico come stanno le cose». Matteo Salvini provò a risponderle con il buon senso: «L’italiano è un popolo che accoglie, che allunga la mano a tutti. Mi auguro che gli italiani, che hanno già molti problemi, non si sentano colpevolizzati da chi usa la tv pubblica per fare la morale a qualcuno». Adesso comunque Vannacci se la deve vedere anche con la giustizia militare, sempre per le idee espresse nel suo libro, che lo indaga per odio razziale. Se anche fosse, non è un reato da codice penale militare, ma per far tacere una persona tutto fa brodo.
«Fuori la Lega da Milano» e «Via via la polizia» sono stati alcuni dei cori scanditi dai manifestanti per ostacolare il comizio elettorale di Matteo Salvini, che per la chiusura della campagna elettorale ha voluto accanto a sé il generale Roberto Vannacci, assieme ai ministri Roberto Calderoli, Giuseppe Valditara e Alessandra Locatelli, oltre ai governatori Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana e Luca Zaia. Gli antagonisti hanno provato ad avvicinarsi al gazebo della Lega dove si svolgeva l’incontro «Più Italia! Meno Europa», agitando cartelli con le scritte «Vannacci sei normale?» e «Del mio corpo decido io», ma le forze dell’ordine li hanno respinti.
«Io voglio un’Europa dove il diritto alla contestazione e alla manifestazione sia rispettoso delle regole dell’ordine pubblico; mi fanno rabbrividire i giovani manifestanti che sputano sui poliziotti e li prendono a calci», è stato il commento del generale quando ha preso la parola. Dopo l’apprezzamento per il numero di partecipanti al comizio, «siete tantissimi È come avere davanti una legione, la Decima legione», ha commentato insistendo con le provocazioni, il generale ha detto di volere un’Europa migliore. «Voglio un’Europa più sovrana perché la sovranità degli Stati è quella su cui si basa tutta la nostra identità», e un’Europa più sicura «anche qui a Milano, ogni donna dovrebbe essere libera di uscire e passeggiare». Una volta eletto, il suo impegno sarà «per continuare a combattere non sul campo di battaglia ma dagli scranni di Bruxelles» e «se ogni attività propositiva dovesse fallire, allora comincio con la mia specialità: il sabotaggio di qualsiasi iniziativa che dovesse distruggere le nostre tradizioni, la nostra famiglia, il nostro suolo e il nostro sangue».
La conclusione del messaggio elettorale di Vannacci è un riferimento al film Il Gladiatore: «L’8 e il 9 giugno sapete cosa fare: andate alle urne, votate per la Lega e scrivete il nome Vannacci sulla scheda. Al vostro segnale scateneremo l’inferno», ha promesso in un linguaggio caro ai leghisti.
«Un saluto a Elly Schlein che spero rimanga per 30 anni segretaria del Partito democratico. È una brava persona, la sua guida del Pd è garanzia che per 30 anni la Lega sarà al governo», ha detto dal palco Matteo Salvini, rivolgendo una frecciata alla candidata dem che nelle stesse ore teneva un comizio all’Arco della pace. Il leader della Lega ha fatto sapere che impegnerà il Parlamento a ripudiare la guerra. «Mai un soldato italiano a combattere e a morire in Ucraina, mai un missile italiano a spargere sangue e morte in Russia: chi sceglie la Lega sceglie la pace», è stato l’impegno preso da Salvini.
«Vogliamo il centrodestra unito nei Comuni, nelle Regioni, a Roma e anche in Europa», dove la Lega non ha mai sostenuto e mai sosterrà Ursula Von Der Leyen, assicura il vicepremier. «E se qualcuno nel centrodestra dice che a Marine Le Pen preferisce il guerrafondaio Emmanuel Macron con le sue bombe», chiara frecciatina ad Antonio Tajani e a Forza Italia, «non fa un dispetto alla Lega, fa il male dell’Italia».
Roberto Vannacci è capolista della Lega per le Europee non solo al Centro, ma anche al Sud. Le liste sono state ufficializzate ieri sera al termine del Consiglio federale del Carroccio. Vannacci è candidato anche nelle altre tre circoscrizioni: nelle Isole è secondo in lista, dietro l’uscente Annalisa Tardino, mentre al Nordovest e al Nordest il generale, complice l’ordine alfabetico, è rispettivamente ultimo e penultimo. Una collocazione che vale più di mille retroscena: al Nord, tra l’elettorato e i dirigenti leghisti, la candidatura di Vannacci non ha entusiasmato (per usare un eufemismo), e quindi ben venga la fortuita circostanza che il suo cognome inizia con la V: solo il friulano Stefano Zannier si colloca dietro di lui.
Ieri a Roma, al Tempio di Adriano, Matteo Salvini ha presentato il suo libro, Controvento, proprio insieme a Vannacci. In platea, molti esponenti di primo piano della Lega: il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, il vicesegretario Andrea Crippa, il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon e una folta pattuglia di deputati e eurodeputati: Simonetta Matone, Antonio Angelucci, Andrea Barabotti, Laura Ravetto, Mara Bizzotto, Gianluca Cantalamessa, Giulio Centemero, Claudio Borghi, Maria Cristina Cantù, Giorgio Maria Bergesi. Presente anche la fidanzata di Salvini, Francesca Verdini.
«Per la sinistra», ha scherzato Salvini, «questa è un’accoppiata luciferina». Quella di ieri è stata la prima uscita pubblica dei due insieme. «Mi piace», ha argomentato Salvini, «avere un generale per parlare di pace: uno dei temi centrali del prossimo quinquennio. Qualche leader europeo parla sciaguratamente di mandare nostri soldati a combattere fuori dai nostri confini: mai nel nostro nome un solo soldato italiano, europeo, a combattere e morire fuori dai confini. E magari il generale dirà perché». Vannacci, da parte sua, ha ringraziato il leader della Lega «per l’opportunità di essere qui e di essere candidato come indipendente nell’ambito della Lega. Patria, confini, sicurezza, identità, sovranità nazionale sono i valori che intendo portare avanti. L’Europa ci sta offrendo un mondo al contrario, Non ci piace un’Europa in cui tutti siamo paccottiglia ci piace un’Europa forte», ha aggiunto, «che ci faccia sentire di essere fieri di essere europei e italiani, di farci sentire che vale la pena di morire per l’Italia e per l’Europa».
«Quanti immigrati», si è chiesto Vannacci, «potrà ancora accettare l’Europa? A un certo punto si raggiungerà il limite fisico e dovranno essere presi dei provvedimenti volti a limitare questo flusso incontrollato. Con Salvini abbiamo delle caratteristiche che sono comuni e nessuno ce le può togliere. Vorrei che un domani i nostri figli lo possano dire con grande libertà, senza avere la paura di essere accusati di aver violato chissà quale principio di farlocca inclusione, che nella realtà non esiste. Non dobbiamo vergognarci di quello che hanno fatto i nostri nonni», sottolinea. «Ho parlato di patria, di confini, di identità, di sicurezza e ritengo che questi valori siano sovrapponibili con quelli della Lega: per questo mi presento come candidato indipendente nell’ambito della Lega di Salvini».
«Con Vannacci», ha chiosato Salvini, «ho trovato sintonia umana e culturale e ora non vedo l’ora che arrivi domenica 9 giugno, perché gli italiani so che ci riserveranno una grande sorpresa».
Curiosità: solo al momento dell’ufficializzazione delle liste sapremo se Vannacci avrà accanto al suo nome e cognome la dicitura «detto generale», che permetterebbe di attribuirgli anche i voti di chi dovesse scrivere «generale» sulla scheda.







