- La blanda ondatina estiva di Covid ha riportato in auge alcune delle vecchie misure: in varie Asl sono tornati i bavagli. A Genova hanno chiuso una casa di riposo. E le Regioni fanno incetta di dosi, anche per i più piccoli.
- Attivisti Lgbt furiosi col Piemonte che li considera a rischio. Però la Regione segue Iss, ministero, Oms, Ecdc e Cdc, che infatti consigliano l’immunizzazione a quelle categorie.
Lo speciale contiene due articoli
Da giorni, sui quotidiani, rimbalzano gli stantii titoli ansiogeni sul Covid: il virus che «rialza la testa», l’«incubo» che ritorna, il «mistero» dei novantenni morti. Per le testate, magari, questo è poco più che un tappabuchi per lo scarno notiziario estivo. I vertici della sanità, però, certi allarmi li prendono sul serio. E così, qua e là, sono rispuntati i feticci della pandemia: mascherine negli ospedali, case di riposo sigillate, incetta di vaccini.
Non è esente dalla mania profilattica nemmeno una Regione di centrodestra, il Veneto. Già a fine luglio, ad esempio, l’Aulss 6 Euganea, della provincia di Padova, aveva prorogato le misure precauzionali in vigore nei reparti, addirittura fino al 31 ottobre 2024. Il 6 agosto è stata la Aulss 8 Berica, che copre 59 Comuni nel Vicentino, a varare una stretta. «Alla luce dell’attuale contesto epidemiologico», si leggeva in una circolare, «si dispone l’estensione dell’obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie, a pazienti, visitatori, e personale operante all’interno di tutte le unità operative di degenza presso i presidi ospedalieri». Meno di un mese prima, la stessa azienda sanitaria aveva imposto l’impiego dei Dpi in alcuni reparti frequentati da malati fragili. Il giro di vite agostano ha complicato la permanenza in corsia: persino agli assistiti tocca coprirsi naso e bocca. Il sindacato ContiamoCi!, già un paio di settimane fa, ha inoltrato una lettera al ministro Orazio Schillaci, «perché intervenga evitando abusi a danno dei lavoratori».
Il problema è che proprio una sua circolare, datata primo luglio, aveva confermato che ogni Asl ha il potere di decidere per sé. Ai direttori sanitari spetta l’onere di «valutare l’opportunità di disporre l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie nei propri contesti, tenendo conto della diffusione dei virus a trasmissione aerea». «Dei virus», appunto. Mica solo del coronavirus. Era lo stesso ragionamento che il titolare del dicastero aveva cercato di far valere quando aveva dato un taglio al tamponificio coatto: se bisogna andare a caccia di positivi, è assurdo concentrarsi solamente su un patogeno. Perché il Covid sì, il resto no?
Fatto sta che, alla prima blanda recrudescenza del Sars-Cov-2, già in via di riassorbimento, le Asl hanno serrato i ranghi. I bollettini smentiscono le angosce: la curva dei decessi è pressoché piatta; quella dei casi, sia nell’estate 2023 sia nell’estate 2024, nonostante un lieve incremento dovuto forse ai viaggi, è rimasta sempre molto al di sotto dei picchi del 2022. Nulla che giustifichi la psicosi. Ma nei nosocomi non sentono ragioni. Due giorni prima di Ferragosto, era partito l’appello della Federazione medici pediatri: da settembre, chi viene in ambulatorio metta la mascherina. Per i bambini è inutile se hanno meno di 6 anni, ma un adulto che la indossa rende un servizio alla loro «educazione sanitaria». Siberiana?
Anche nelle case di riposo è ricominciata la giostra. A Pavia, per adesso, si sono limitati alle raccomandazioni, tipo quelle dei pediatri. Sulla Provincia, Giovanni Belloni, responsabile sanitario della Rsa Delfinoni di Casorate Primo, giovedì ha sottolineato che «indossare la mascherina quando si fa visita a un parente è una regola di buon senso per evitare di portare il virus all’interno delle strutture». In realtà, nel 2020, non riuscirono a fermarlo la distopia degli incontri da dietro il vetro, né gli spot dei figli che abbracciavano i genitori attraverso il cellofan. Sarà colpa di qualche parente sconsiderato se, nella struttura Le Palme di Sestri Levante, si è scatenato un focolaio? Ci sono 20 nonnini che le cronache definiscono «positivi al tampone». Si presume, pertanto, che non presentino sintomi gravi e che siano plurivaccinati. Nonostante questo, le visite in Rsa sono state sospese. Lo ha comunicato l’amministrazione comunale: «Si stanno seguendo in accordo con Asl 4 i protocolli previsti per questa nuova ondata di epidemia». Ma quale ondata?
L’incredibile tuffo all’indietro di quattro anni è stato contestato dalle opposizioni di centrodestra . Anche l’infettivologo Matteo Bassetti si è scandalizzato: «Sono senza parole», ha commentato su Facebook. «Meglio non aggiungere altro».
Qualcos’altro lo aggiungiamo noi. Al solito, politici e tecnici si comportano come se di vaccini non ne fossero stati iniettati a sufficienza. Proprio come nella casa di riposo ligure: le ripetute campagne di inoculazione non hanno garantito agli anziani il diritto di incontrare i loro figli e nipoti. Anziché concluderne che il farmaco a mRna non è la pozione dei miracoli, le Regioni si preparano a un ennesimo autunno di punturine. L’Emilia-Romagna, per la sesta dose, ha ordinato mezzo milione di medicinali Pfizer. Ed è in ottima compagnia: il Veneto, tanto per citare un altro ente locale del Nord Est, distribuirà nei punti di consegna 270.720 dosi nella terza settimana di settembre e 190.080 nella quarta. Sono già previste anche quelle da destinare alla «popolazione pediatrica»: 2.880 dosi per i bimbi da 5 a 11 anni e altrettante per quelli da 6 mesi a 4 anni. Se il vaccino fosse una canzone, sarebbe un pezzo di Lucio Dalla: Tu non mi basti mai.






