Scintille per Taiwan. Il premier giapponese rivendica pace e stabilità nell’isola: «In caso di attacco, reagiremo». Ira del governo cinese: convocato l’ambasciatore.
La tensione tra Cina e Giappone è tornata a livelli di allerta dopo una settimana segnata da scambi durissimi, affondi retorici e richiami diplomatici incrociati. Pechino ha infatti avvertito Tokyo del rischio di una «sconfitta militare devastante» qualora il governo giapponese decidesse di intervenire con la forza nella crisi di Taiwan, accompagnando il monito con un invito ufficiale ai cittadini cinesi a evitare viaggi in Giappone «nel prossimo futuro».
Una mossa che certifica il rapido deterioramento dei rapporti bilaterali. A complicare ulteriormente il quadro si aggiunge una valutazione proveniente dagli Stati Uniti. Secondo fonti di Washington, il leader cinese Xi Jinping avrebbe ordinato alle forze armate della Repubblica popolare di essere «operative per un’azione entro il 2027». Le stesse fonti precisano, tuttavia, che «operative» non significa «preparate a lanciare con certezza un’invasione entro quella data», ma indica piuttosto la volontà di Xi di dotare l’Esercito popolare di liberazione di una capacità d’intervento pienamente funzionante nello scenario taiwanese. Una prospettiva che si intreccia con l’attuale escalation verbale tra Pechino e Tokyo.
Venerdì il governo giapponese ha convocato l’ambasciatore cinese per contestare un post incendiario diffuso da un importante diplomatico di Pechino a Osaka contro il primo ministro giapponese Sanae Takaichi. La crisi è esplosa dopo che Takaichi, intervenendo in Parlamento la settimana precedente, aveva definito un eventuale attacco cinese a Taiwan come una «minaccia diretta alla sopravvivenza nazionale», affermazione che Pechino ha interpretato come un via libera a un possibile intervento armato giapponese in difesa dell’isola.
La risposta cinese non si è fatta attendere. Xue Jian, console generale a Osaka, ha ricondiviso un articolo su X commentando con la frase «il collo sporco va reciso», parole poi cancellate ma ritenute da Tokyo «inaccettabili e gravemente offensive». Alcuni commentatori sono andati ancora più in là: un influente analista cinese ha bollato Takaichi come «strega malefica». L’indignazione nipponica ha portato alla convocazione dell’ambasciatore cinese, mentre un gruppo di parlamentari giapponesi ha persino invocato l’«espulsione immediata» di Xue dal Paese.
Finora, il governo si è limitato a chiedere che Pechino adotti «misure adeguate», senza chiarire quali. Il portavoce della Difesa cinese, Jiang Bin, ha rilanciato accusando Takaichi di aver espresso posizioni «temerarie e destabilizzanti». Jiang ha ammonito Tokyo sostenendo che qualsiasi interferenza del Giappone nella «questione interna» di Taiwan porterebbe il Paese a una «pesante disfatta militare» contro un Esercito popolare di liberazione «determinato e dotato di ferrea volontà».
Parole che hanno ulteriormente alzato i toni. Giovedì scorso Pechino ha compiuto un gesto senza precedenti negli ultimi due anni, convocando l’ambasciatore giapponese in Cina per presentare una «protesta formale» contro le posizioni del premier giapponese. L’ultimo richiamo risaliva all’agosto 2023, dopo la decisione del Giappone di disperdere in mare le acque trattate della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Il ministero degli Esteri cinese ha espresso «profonda preoccupazione» per l’evoluzione della politica di sicurezza giapponese, criticando l’ambiguità di Tokyo sul possibile acquisto di sottomarini nucleari, considerato da Pechino un «cambio di rotta negativo» per gli equilibri regionali. La Cina ha anche diffuso un avviso ai cittadini, sconsigliando viaggi in Giappone per i «rischi significativi» legati alle tensioni politiche. La stampa statale ha attaccato Takaichi, richiamando le ferite storiche e la sensibilità cinese su Taiwan, segnalando un orientamento ritenuto destabilizzante a poche settimane dell’incontro Xi-Takaichi.
La produzione di energia alternativa è una priorità per il Giappone. Tokio, infatti, prevede che entro il 2030 il 36-38% della fornitura elettrica provenga dalle rinnovabili e che le emissioni di gas serra si ridurranno del 46%. Ora il nuovo obiettivo è aumentare la fornitura annuale a 12 milioni di tonnellate entro il 2040.
La produzione di energia alternativa è una priorità per il Giappone. Tokio, infatti, prevede che entro il 2030 il 36-38% della fornitura elettrica provenga dalle rinnovabili e che le emissioni di gas serra si ridurranno del 46%. Diverse le strategie adottate: nel sud del Paese è stato costruito un parco eolico offshore su larga scala per sfruttare il fatto che si tratta di una delle zone più colpite da tifoni. Entrerà in funzione all’inizio del 2024. A prendere la scena però, e anche la maggior parte degli investimenti, è sicuramente l’idrogeno. Il Giappone è all’avanguardia sul tema tanto che nel 2017 fu uno dei primi Paesi a sviluppare una strategia in questa direzione. Il primo vettore di idrogeno liquefatto al mondo si trova nel porto di Kobe. L'idrogeno viene prodotto in Australia e spedito in Giappone via mare, congelato a meno 253 gradi Celsius e compresso in un liquido. Kawasaki Heavy Industries ha sviluppato una catena completa di approvvigionamento di idrogeno a Kobe, fornendo calore ed elettricità all'area urbana.
Ora il nuovo obiettivo è aumentare la fornitura annuale a 12 milioni di tonnellate entro il 2040. Lo ha stabilito il gabinetto giapponese che è pronto a fare squadra con altri Paesi asiatici e l’Australia e i paesi asiatici per competere con gli Stati Uniti. Nel concreto il documento rivede il piano delineato nel 2017 dal Governo Abe, per accelerare lo sviluppo delle catene di approvvigionamento. Quindi il Piano del Giappone per l’Idrogeno si arricchisce di un altro obiettivo intermedio: circa 12 milioni di tonnellate nel 2040 in base alle prospettive della potenziale domanda. Ma il documento agisce su altri due fronti. Da un lato si preoccupa di impostare un obiettivo di produzione tramite elettrolisi dell’acqua puntando ad attivare circa 15 GW di elettrolizzatori nel 2030, in patria e all’estero.
Dall’altro lato punta a rafforzare la futura catena di approvvigionamento affinché sia ampia e resiliente in collaborazione con l’Australia, il Medio Oriente e alcuni paesi dell’Asia-Pacifico. Non solo. “Al momento, stiamo valutando un piano di investimenti per la supply chain di 15mila miliardi di yen (circa 110 mld di dollari) in 15 anni per il settore pubblico e privato”, si legge del testo pubblicato. Un capitolo a parte sarà dedicato inoltre alla formulazione di standard globali per l’idrogeno pulito.
Attualmente l’ostacolo più grande per l’utilizzo di questa fonte energetica risiede naturalmente nei costi di produzione e trasporto. Molto più costosa rispetto ai combustibili fossili. Tokio quindi punta alla costruzione “di una catena di fornitura per l’idrogeno in Asia e nell’Indo-Pacifico espandendo ulteriormente la relativa tecnologia giapponese”.
E si comincia subito perché poche settimane fa il premier Fumio Kishida si è recato in Medio Oriente per una visita che ha posto al centro proprio il tema dell’energia. Ha siglato una serie di accordi per studi e progetti che spera possano incoraggiare i paesi chiave della regione a diventare partner dell'idrogeno di Tokyo. Il premier ha girato Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar con i rappresentanti di 40 aziende giapponesi al seguito. I mercati pensavano che si trattasse di un viaggio teso a stringere nuove intese su petrolio e Gnl, tutt’altro. L'obiettivo era quello di promuovere la cooperazione nel campo delle rinnovabili. La zona è considerata ideale per avviare un centro di produzione di energia verde grazie ai bassi costi di produzione di energia solare. Un accordo chiave tra Giappone e Arabia Saudita è chiamato Lighthouse. Il piano mira a sviluppare progetti di energia pulita relativi all'idrogeno, all'ammoniaca e al riciclaggio del carbonio. Inoltre durante il viaggio sono stati firmati sette memorandum d'intesa tra aziende giapponesi e mediorientali.
Tokio intende sfruttare l’idrogeno per decarbonizzare le industrie (dalla produzione automobilistica alle centrali elettriche) che attualmente funzionano principalmente con combustibili fossili come carbone, petrolio e Gnl. L'idrogeno, inoltre, è l'elemento fondamentale per la produzione di ammoniaca, che il Giappone vuole utilizzare nel suo mix di combustibili per prolungare la vita delle centrali a carbone.
Il compositore Cornelius, al secolo Keigo Oyamada (Getty Images)
Cornelius paga le vessazioni a un compagno più di 30 anni fa. Si allunga la lista di big fatti fuori dal tribunale della morale.
La pallavolista gender fluid Paola Egonu porterà il vessillo del Cio all'inaugurazione dell'evento.
Lo speciale contiene due articoli.
Persino il Sol Levante diventa calante al cospetto delle diatribe sul politicamente corretto, soltanto l'ultimo dei guai che attanagliano le Olimpiadi di Tokyo 2020, nate sotto una cattiva stella, allestite nell'incertezza e oggi, a due giorni dall'inaugurazione - si dovrebbe cominciare venerdì 23 luglio - addirittura a rischio cancellazione per gli alti numeri da Covid-19 e un'opinione pubblica diffidente nei confronti della riuscita della manifestazione. Ma procediamo con ordine.
L'ultima mazzata reputazionale all'evento nipponico l'hanno data i social, che hanno chiesto a gran voce la cancellazione di una canzone inclusa nello show inaugurale, 4 minuti di musica elettro-pop composta da un membro dello staff creativo. L'artista in questione si chiama Cornelius, al secolo Keigo Oyamada, cinquantaduenne polistrumentista, dj e produttore tra i più popolari in Giappone. A leggere la notizia, si potrebbe ipotizzare che il suo pezzo fosse inascoltabile, magari frutto di qualche plagio, cose così. Invece la radiazione di Oyamada ha radici nel suo passato di adolescente turbolento. Qualcuno ha scartabellato nella vita del personaggio, capello corvino a caschetto, aria tormentata da esistenzialista, precursore dello stile musicale Shibuya-kei - di gran rilevanza sulla scena internazionale fin dalla fine degli anni Novanta - individuando un episodio non proprio lusinghiero, risalente a circa 40 anni fa.
Oyamada, da liceale, avrebbe maltrattato un compagno disabile sottoponendolo a scherzi da caserma, costringendo il malcapitato, pare, a mangiare le proprie feci, a masturbarsi di fronte ai compagni e legandolo a una sedia mentre gli gettava sulla testa polvere di gesso. La vicenda, non certo commendevole per la biografia del musicista, è ascrivibile a un episodio di ijime, fenomeno sociale giapponese più o meno assimilabile al bullismo scolastico d'occidente. A nulla sono valse le scuse dell'artista: «Mi pento dal profondo del cuore per aver suscitato ricordi dolorosi in molti. Ho rassegnato le mie dimissioni. Voglio riflettere sul mio comportamento e i miei pensieri. Con dolore ho capito che accettare di partecipare all'ideazione della colonna sonora olimpica sarebbe stata una mancanza di rispetto verso molte persone». La pressione degli utenti sui social ha convinto il comitato organizzativo a cacciare Oyamada e a cancellarne la canzone.
Riproponendo una disputa assai attuale, quella sul green pass, in questo caso non il salvacondotto per i vaccinati dal covid, ma il lasciapassare etico capace di decidere della carriera e del futuro di chiunque, persino su episodi molto lontani nel tempo. Al netto della gravità del fatto specifico, è la riproposizione in salsa olimpica delle sovrapposizioni dogmatiche care a un certo pensiero ultraliberal: o la vita privata di un personaggio pubblico è immacolata e rispetta determinati standard di livellamento linguistico e comportamentale, o gli verrà preclusa ogni possibilità di carriera, in barba al talento, alla contingenza, alla propria autosufficienza morale. Ma la girandola di dimissioni olimpiche non finisce qui.
Qualche giorno prima è toccato a Yoshiro Mori, presidente del comitato olimpico, a essere messo nelle condizioni di andarsene. Durante una riunione sul web, gli sarebbe scappato un commento impertinente sulle colleghe femmine. Mori avrebbe detto che «parlano troppo», scavandosi la fossa professionale. Stessa sorte è toccata a Hiroshi Sasaki, direttore creativo di Tokyo 2020: avrebbe proposto a Naomi Watanabe, attrice comica molto nota in patria e dalla corporatura non accostabile a una silfide, di esibirsi durante lo spettacolo inaugurale indossando orecchie da porcellina, aggiungendo commenti poco cortesi sulla massa ponderale della ragazza al cospetto della bilancia. «In occasione delle Olimpiadi, potresti esibirti come Olympig», avrebbe detto, giocando sul termine «pig», che significa porcello, appunto.
Un caso classico di body shaming, letteralmente «derisione del corpo», che ha innescato un prevedibile vespaio. Fino alla beffa definitiva. Le Olimpiadi potrebbero addirittura saltare a causa del covid. «Ci siamo riuniti, ripromettendoci di monitorare la situazione» - ha annunciato il presidente del comitato organizzativo Toshiro Muto rispondendo a chi gli chiedeva se fosse ipotizzabile una cancellazione o un ulteriore rinvio. «Non possiamo prevedere che cosa accadrà con i casi di coronavirus, ma se l'infezione si dovesse diffondere ulteriormente, dovremo consultarci ancora». Forse non è un caso che l'accorta dirigenza Toyota, potentissimo marchio nazionale, abbia ritirato i propri video promozionali dalla manifestazione. Considerati gli auspici non certo tonitruanti, potrebbe non avere del tutto torto.
La schiacciata buonista va a segno. Alla fine la Egonu sarà portabandiera
Portabandiera doveva essere e portabandiera sarà: ma non del tricolore, bensì del vessillo olimpico. Qualcuno dirà che alla pallavolista Paola Egonu - che sarà una degli atleti a reggere la bandiera coi cinque cerchi alla cerimonia d'apertura di Tokyo 2020 - sia quindi andata meglio del previsto. Già, perché i rumors di metà maggio la indicavano come portabandiera dell'Italia, ipotesi che la diretta interessata aveva accolto con giubilo, non senza affibbiare immediatamente alla cosa significato politico.
«Mi piacerebbe prendermi sulle spalle questa responsabilità, davvero», erano state infatti le parole dell'atleta, che aveva tenuto subito a ribadir la sua identità multiculturale: «Io, di colore, italiana e la bandiera. L'ignoranza e certe cose del passato hanno bisogno di un taglio netto. Sono pronta. Facciamola, bum, questa rivoluzione!».
La «rivoluzione» contro «l'ignoranza» era stata però stoppata da un cavillo. Tradizione vuole infatti che i portabandiera siano gente reduce da vittorie olimpiche, requisito di cui la pur talentuosa schiacciatrice del 1998, nata a Cittadella da genitori di nazionalità nigeriana, è priva. Non a caso il tricolore sarà portato da Jessica Rossi, oro nel tiro al volo nel 2012, ed Elia Viviani, oro nel ciclismo su pista nel 2016.
Tuttavia, siccome la «rivoluzione» di Egonu era troppo bella per esser rinviata - specie dopo che la nazionale di Roberto Mancini ha osato trionfare agli Europei di calcio senza neppure un giocatore di colore - ecco che quel che era uscito dalla porta è rientrato dalla finestra. Finestra si fa per dire dato che Egonu sarà in pole position addirittura all'apertura delle olimpiadi.
A dare la notizia alla pallavolista ci ha pensato il presidente del Coni, Giovanni Malagò. Informata dall'onore che le sarà concesso venerdì prossimo, Egonu non ha trattenuto lacrime d'emozione. «Sono molto onorata per l'incarico che mi è stato dato a far parte del Cio per portare la bandiera olimpica», è stato il suo commento. «Mi ritrovo a rappresentare gli atleti di tutto il mondo», ha aggiunto, «ed è una grossa responsabilità: attraverso me esprimerò e sfilerò per ogni atleta di questo pianeta». Dunque la «rivoluzione» che rischiava di saltare per ragioni di protocollo non solo avrà luogo, ma avrà più visibilità che mai.
Beninteso, Paola Egonu è atleta di prima grandezza, e non solo per il suo metro e 93 di statura: ancora nel 2015 era nella nazionale under 18 vincitrice della medaglia d'oro al campionato mondiale, ove si aggiudicò pure il premio Mpv, che sta per Most valuable player. Suo pure il record, pari a 47 punti, di una giocatrice in una singola partita di serie A1. Sul valore della stella dell'Imoco Volley, insomma, non si discute. Ciò tuttavia non attenua l'impressione che aver scelto come portabandiera olimpica la Egonu - che non è certo la sola azzurra di carnagione non bianca, si pensi a Yeman Crippa, nostro mezzofondista che macina record su record - abbia riflessi politici.
«Tricolore, nera e arcobaleno», titolava infatti ieri Open, sottolineando che, oltre al colore della pelle, a caratterizzare l'atleta c'è pure l'identità gender fluid. «Mi ero innamorata di una collega», aveva infatti spiegato tempo fa la pallavolista al Corriere della Sera, «ma non significa che non potrei innamorami di un ragazzo, o di un'altra donna». La sensazione che Egonu sia stata scelta come emblema d'una più ampia «rivoluzione» poggia pure su altri elementi.
Per esempio, lo scorso anno è stata chiamata a doppiare la voce di un personaggio nel film d'animazione Soul diDisney e Pixar, e ad aprile la rivista Forbes l'ha inclusa nientemeno che tra gli under 30 più influenti d'Europa. Nessuno dunque discute i numeri della Egonu, ma è indubbio che ci si stia industriando per farne un personaggio. Lavori in corso.
Nella seconda fase del pacchetto per affrontare la crisi da Covid 19, non appena l'ondata del virus si sarà attenuata, verranno attivate misure di incoraggiamento ai consumi, in particolare nel settore dei viaggi e del turismo.
I giapponesi «resuscitano» Amabie, la creatura soprannaturale che sconfigge le pandemie. L'ultima volta era apparsa nel periodo Edo per sconfiggere la peste. Per i meno credenti, invece, ecco Quaran: la mascotte ufficiale della quarantena realizzata dal ministero della Salute nipponico.
Dai musei cittandini all'icrocio si Shibuya passando per un tour tra i più bei sakura del Paese. Per chi ha dovuto cancellare il proprio viaggio ecco un elenco di luoghi da visitare direttamente da casa.
L'emiliano Marco Ferrari vive dal 2005 a Osaka. È il primo italiano ad aver fondato un'agenzia di viaggi in Giappone. Con le attività ferme a causa della chiusura delle frontiere continua a far sognare il Sol Levante agli italiani attraverso i suoi social.
Olimpiadi a rischio anche nel 2021. Il presidente del Cio, Thomas Bach, boccia l'ipotesi di un ulteriore rinvio al 2022: «Impensabile. I Giochi non si possono spostare ancora».
Lo speciale comprende cinque articoli, video esclusivi e gallery fotografiche.
Quasi un trilione di dollari. Cifra impressionante: tradotta in modo meno criptico, è un uno seguito ben dodici zeri, mille miliardi, la metà del Pil annuale italiano. È quanto il Giappone ha deciso di stanziare (naturalmente in yen, ma per comodità useremo il riferimento al dollaro) per famiglie e imprese come risposta-choc all'emergenza Coronavirus, il più grande pacchetto di stimolo mai pensato e realizzato nella storia economica giapponese.
In particolare, a ciascuna famiglia il cui reddito sia sceso a causa della crisi andrà l'equivalente di 2.750 dollari. L'annuncio (insieme con il poderoso stanziamento) è venuto la scorsa settimana dal governo: ora sono in corso di definizione i criteri di assegnazione. Stanziamenti ulteriori sono previsti in generale per le famiglie con bambini, mentre in particolare per le famiglie con più bimbi, che già ricevono assegni e indennità (che in genere si aggirano sui 100 dollari mensili per ciascun bimbo sotto i 15 anni di età), saranno previsti una sola volta ulteriori 100 dollari per ogni figlio.
Quanto alle microimprese, andranno (non in prestito, ma come sussidio) l'equivalente di 18.000 dollari, più un consistente rinvio delle scadenze fiscali (solo quest'ultima voce avrà una "cubatura" superiore ai 200 miliardi di dollari, mentre per il cash alle famiglie lo stanziamento – a sua volta enorme – è circa equivalente alla metà, 100 miliardi di dollari). Alle imprese sarà in particolare richiesto, come contropartita, di non licenziare, e quindi di mantenere positivamente basso il livello di disoccupazione nel Paese. Questo per ciò che riguarda la primissima fase di emergenza.
Scatterà poi una seconda fase del pacchetto di stimolo, non appena l'ondata del virus si sarà attenuata, e che si concretizzerà in un incoraggiamento ai consumi, in particolare nel settore dei viaggi e del turismo. Sarà un'operazione di massa, con coupon di valore assai elevato (fino a 180 dollari a notte) per chi farà prenotazioni attraverso agenti di viaggio, e altre forme di incoraggiamento per chi prenoterà online. Il comparto turistico – va detto – è stato particolarmente colpito dal Coronavirus, con già 42 aziende fallite dopo l'inevitabile decisione di chiudere i confini e le conseguenti cancellazioni. Naturalmente, per questo secondo pacchetto, è incerta la tempistica: il governo vuole fare di tutto per evitare seconde ondate del virus, con i relativi effetti sanitari ed economici.
Va considerato che, oltre al turismo, è stato massicciamente colpito anche l'export giapponese, e un'altra dura mazzata (insieme economica, di immagine e psicologica) è stata rappresentata dal rinvio delle attesissime Olimpiadi.
C'è anche un aspetto di geopolitica nel complesso delle misure annunciate da Tokyo: l'equivalente di 2 miliardi di dollari sono stati infatti specificamente destinati alle aziende che avevano delocalizzato in Cina e che decideranno di riportare le produzioni in Giappone.
Conclusivamente, va detto che l'obiettivo complessivo del pacchetto di stimolo è quello di evitare che la recessione abbia i ben noti caratteri "a L" (quelli per cui il Pil crolla e resta a terra molto a lungo), ma abbia un più rassicurante andamento "a V": una rapida discesa seguita però da una risalita altrettanto veloce.
Un'ultima ma decisiva notazione: tutto questo sforzo (a somiglianza di quanto accade in Usa con la Fed e nel Regno Unito con la Bank of England) è reso possibile dal ruolo di una vera banca centrale, la Bank of Japan, che può agire come autentica prestatrice di ultima istanza.
Daniele Capezzone
Daniela Savatteri iStock
I giapponesi «resuscitano» Amabie, la creatura soprannaturale che sconfigge le pandemie
Tra sacro e profano.
In Giappone lo stato di emergenza è stato annunciato solo poche settimane fa. Da fine marzo, però, sui social network è iniziato a comparire Amabie una creatura simile a una sirena con i capelli lunghi, un becco e tre gambe. Secondo la leggenda, nell'Ottocento, lo yokai (un qualche cosa simile a uno spettro, a un mostriciattolo, ndr.) apparve al largo delle coste di Kumamoto, in Giappone. Secondo la storia, nella metà di maggio del 1846, un funzionario della città oggi situata sull'isola di Kyushu, scese in mare per indagare sulle segnalazioni di luci incandescenti. Lì incontrò una strana creatura simile a una sirena. «Io sono Amabie che vive nel mare», disse. «Per i prossimi sei anni, ci saranno abbondanti raccolti in tutta la terra, ma ci saranno anche epidemie. Mostra la mia foto alla gente appena puoi». Poi Amabie se ne andò.
La storia circolò sui giornali, divenne una vera e propria leggenda. Amabie venne rappresentata, negli anni a seguire nelle storie del maestro Shigeru Mizuki, fumettista ed esperto di demoni e yokai. Sebbene Mizuki sia morto nel 2015, la sua casa di produzione ha twittato il 17 marzo il suo disegno di Amabie con le parole: “Che l'epidemia moderna scompaia». Questo semplice messaggio ha fatto esplodere su Twitter, Instagram e Facebook due hashtag: #amabiechallenge e #amabieforeveryone. Mentre alcuni utenti, tra cui artisti manga come Mari Okazaki, hanno condiviso dipinti e disegni di Amabie, altri utenti di Twitter sono stati più creativi, pubblicando immagini di ricami, ciotole di udon (spaghetti di grano denso) e cestini da pranzo bento, tutti ispirati dall'apparizione. Alcuni si sono persino travestiti (o hanno agghindato i loro animali domestici) come Amabie e hanno twittato le foto insieme ai loro messaggi di speranza.
Il richiamo al folklore nipponico è stato così forte che ora il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare giapponese ha arruolato Amabie per un volantino di sensibilizzazione in cui il demone esorta tutti a «fermare la diffusione dell'infezione».
Per i più giovani e i meno amanti delle storie di fantasmi e spettri giapponesi, il governo ha invece pensato a creare un piccolo supereroe cicciottello che invita tutti a rispettare la quarantena. Quaran, questo il nome della mascotte, è un animaletto (un misto tra un orso e un folletto) con tanto di ali, occhialoni a mascherina e uno scudo per respingere il coronavirus. La sua missione, come ha sottolineato il Ministero della Salute giapponese, sarà quello di essere presente in aree come gli arrivi degli aeroporti del Paese o le stazioni per sensibilizzare il popolo e invitarlo a rispettare le norme governative.
Marianna Baroli
I viaggi diventano virtuali: i sakura si ammirano su Google e i musei si visitano grazie alle tecnologie a 360 gradi
Tra marzo e aprile in Giappone è una vera e propria esplosione della natura. I sakura, ovvero i fiori di ciliegio, sono uno degli spettacoli della natura più apprezzati dai turisti che ogni anno si riversano in ogni angolo del Paese del Sol Levante alla ricerca della fioritura perfetta.
Quest'anno, il governo si è ritrovato costretto a chiudere, in misura cautelativa, fin dalla metà del mese di marzo, ogni tipo di attività o festa correlata alla fioritura. Con l'esplosione della pandemia, sono state migliaia le persone che hanno quindi visto svanire la possibilità di ammirare di persona questo fenomeno che dura di solito poco meno di una decina di giorni.
Per chi non è potuto partire o ha semplicemente nostalgia delle meraviglie del Giappone, una magra consolazione la si trova nella tecnologia.
Google, per esempio, ha inserito su Google Earth, nella collezione Local Guides, il tour virtuale "Cherry Blossoms Around the World" (Fiori di ciliegio in giro per il mondo) per permettere agli utenti di vedere alcuni dei siti di fiori di ciliegio più panoramici. Dieci luoghi selezionatissimi, dagli Stati Uniti alla Corea del Sud partendo, ovviamente, dal Giappone. Il viaggio inizia da dove sono nati i fiori di ciliegio in Giappone, portando direttamente sul vivace lungomare vicino al fiume Meguro a Tokyo. La strada è famosa per essere il punto migliore per godere dei sakura nella capitale giapponese perché permette di camminare sotto 800 alberi coperti di petali rosa. La seconda tappa si questo viaggio è invece pià a Nord, nella città di Miharu dove i cittadini si prendono cura di un ciliegio millenario noto con il nome di Takizakura.
Se invece siete curiosi di vedere come è cambiata la vita nel cuore di Tokyo potete collegarvi, a qualsiasi ora del giorno e della notte, con la webcam puntata sull'incrocio più famoso del mondo: il Shibuya crossing. Noto per le sue strisce pedonali, una delle quali attraversa in diagonale il centro stesso dell'incrocio, è uno dei luoghi più caotici della città. Basti pensare che da qui, si stima, passino ogni giorno circa 2 milioni di persone. Le immagini (che potete osservare anche nel video in diretta in apertura di questo articolo, ndr.) mostrano oggi un'area più tranquilla. Il confronto con le foto che pubblichiamo qui sotto è senza dubbio incredibile.
Per chi avesse voglia di fare una passeggiata, basta accendere il pc e connettersi al sito di Hokuriku X Tokyo: qui è possibile trascorre ore alla scoperta delle bellezze di Tokyo e di Hokuriku, la regione a nord del Giappone, scegliendo tra varie angolature e diverse stagioni. I video panoramici a 360 gradi in realtà virtuale offrono un'esperienza visiva senza precedenti, che trasporta gli utenti tra le strade e gli scorci più belli della capitale del Sol Levante. L'emozione di ammirare la fioritura dei ciliegi da una barca sul fiume Meguro o dal giardino giapponese dell'Hotel New Otani Tokyo è assicurata. Per conoscere un lato più insolito della città, un'altra esperienza immersiva è disponibile QUI, su un portale dedicato alla zona di Tama e alle isole di Tokyo: un traghetto virtuale conduce i viaggiatori all scoperta di un paesaggio tropicale inaspettato, in cui l'intenso blu dell'oceano si unisce a una leggera brezza marina. I video presenti sul sito rappresentano l'evasione perfetta per chi sogna già l'estate.
Per chi vuole invece visitare i musei tokyoti, Google Arts & Culture offre l'opportunità di ammirare le collezioni d'arte di alcuni dei più importanti musei della città, scegliendo tra diverse epoche e correnti artistiche. Tra questi, imperdibili il Tokyo National Museum, il più antico museo del Giappone situato all'interno del suggestivo parco di Ueno, che offre una vasta collezione di opere d'arte e reperti archeologici giapponesi e di altri paesi asiatici e il National Museum of Modern Art, conosciuto anche come MOMAT, che non si rivolge solo agli appassionati di arte, ma offre anche un'immersione nella cultura giapponese. Tra le sue esposizioni si trovano le opere dei principali pittori e artisti giapponesi da fine Ottocento ai giorni nostri, a cui si affiancano grandi nomi internazionali da Picasso a Mirò e da Kandinsky a Modigliani.
Marianna Baroli
L'ìincrocio di Shibuya
Parla Marco Ferrari, il primo italiano ad aver fondato un'agenzia di viaggi in Giappone. Alle 16 la diretta su Instagram per parlare della situazione attuale nel Paese del Sol Levante
È il primo italiano ad aver creato una vera e propria agenzia di viaggio in Giappone. Marco Ferrari, emiliano doc, vive a Osaka dal 2005. Dopo alcune esperienze lavorative nel Paese del Sol Levante ha scelto di aprire la sua agenzia di viaggi. La prima, l'unica, nata dalla volontà di un italiano residente a 10.000 chilometri dal suo Paese natio e dedicata a chi ha intenzione di scoprire il mondo nipponico dal punto di vista di chi, la vita lì, la vive ogni giorno. Marco sui social è conosciuto come MarchinoinGiappone e oggi pomeriggio, dalle 16 (orario italiano) sarà in diretta sulla pagina Instagram della Verità Per commentare l'attuale situazione in Giappone.
In quello che doveva essere il grande anno del Giappone, grazie soprattutto alla spinta data dalle Olimpiadi, le previsioni per chi lavora nel settore del turismo non sembrano essere per nulla serene. Anzi. L'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile ha stimato che le perdite del turismo giapponese, per effetto del coronavirus, nei primi tre mesi del 2020 (con le rinunce già monitorate di marzo), si possono valutare intorno a 1,3 miliardi di dollari. Ad incidere sono stati soprattutto i mancati flussi di turisti cinesi che sul territorio nipponico rappresentano una fetta significativa del 30% dell'intero mercato del Sol Levante.
I dubbi su come si viaggerà in futuro e soprattutto su quando si potrà tornare a muoversi liberamente per il mondo, non conoscono ancora alcuna risposta certa.
Marco puoi raccontarci qualcosa di più sulla tua agenzia?
«L'agenzia è stata fondata nel 2016 ed è registrata nella provincia di Osaka siamo diventati Ltd (ovvero una S.r.l, ndr) a Marzo. In tutto siamo tre persone, io e un altro socio di maggioranza e uno di minoranza, 2 italiani e 1 giapponese. Noi fondamentalmente svolgiamo tutti i servizi che offre un'agenzia in loco: creiamo tour su misura, gestiamo le prenotazioni di alloggi tradizionali (ryokan, minshuku, shukubo, agriturismi e alberghi diffusi) e offriamo anche un servizio di guide giapponesi, con licenza, che parlano anche in italiano».
Come è stato l'impatto con il coronavirus nella tua vita lavorativa?
«Subito forte perché lavorando nel settore turistico ci siamo trovati davanti una situazione dove avevamo a che fare con clienti che stavano per venire e altri che stavano per prenotare la loro vacanza che sognavano da tanto. Abbiamo dovuto gestire tantissime domande su come era la situazione, se si poteva viaggiare, specialmente all'inizio quando ancora non si pensava che il virus arrivasse in Italia. Poi quando la Farnesina ha messo lo stop per viaggiare è stato tutto molto più facile gestire le richieste e le cancellazioni. Per quanto riguarda la mia vita di tutti i giorni ero abituato a incontrare sempre i clienti e quindi sempre in giro, ora sono sempre in ufficio e casa».
Ora anche il governo giapponese ha dichiarato lo stato di emergenza. È cambiato ancora qualcosa?
«Qui la situazione è in continua evoluzione. Fino a ora sono state prese decisione di restrizione non in tutti settori, per esempio mia figlia che è in 4 elementare non può andare a scuola ma mio figlio che è un seconda elementare si. Una contraddizione dal punto di vista mio e di mia moglie e per questo abbiamo preferito che anche lui stesse a casa con noi. Io e mia moglie invece ci alterniamo: per me lavorare da casa è complicato, quindi il pomeriggio cerco di passare qualche ora in ufficio alternandomi con mia moglie visto che l'azienda per cui lavora ha iniziato da questa settimana uno smart working parziale alternando tre giorni alla settimana di lavoro in ufficio e due a casa».
Il popolo giapponese è noto per rispettare le regole. Ma la quarantena giapponese non è una vera quarantena. È un invito a stare a casa, evitare luoghi affollati, ecc. È davvero è così? Hai notato qualche differenza prima/dopo l'annuncio dello stato di emergenza?
«C'è sicuramente meno gente in giro però essendoci libertà, se qualcuno vuole andare a tagliarsi i capelli o al supermercato non si tira indietro. Le passeggiate e le corse non sono limitate. Poi di fatto, essendoci gli uffici, gli enti pubblici e alcune attività artigianali aperte, la gente si reca al lavoro quindi sommandosi con le persone che escono a fare due passi e spesa c'è sempre qualcuno in giro. Devo dire che la situazione cambia la sera, c'è molta meno gente per strada anche perché il governo ha specificato bene di non uscite e andare per locali o feste. Tra i divieti c'è quello di riunirsi in nomikai, ovvero le cene con i colleghi dopo aver finito il lavoro, un'attività molto popolare qui in Giappone».
Marianna Baroli
I Giochi di Tokyo sono a rischio anche per il 2021
Ansa
L'ultima indiscrezione, più che notizia, riguardo i Giochi della trentaduesima edizione delle Olimpiadi, che si sarebbero dovuti svolgere a Tokyo dal 24 luglio al 9 agosto 2020, prima del rinvio al 2021 a causa dell'emergenza coronavirus, è la possibilità di un ulteriore slittamento all'anno successivo, ovvero al 2022.
Un'eventualità immediatamente affrontata e smentita categoricamente dal numero uno del Comitato olimpico internazionale, Thomas Bach, che in un'intervista rilasciata il giorno di Pasqua al quotidiano tedesco Die Welt ha detto: «I nostri partner giapponesi e il Primo ministro mi hanno chiarito che il Giappone non può gestire un rinvio oltre la prossima estate. La disponibilità del villaggio olimpico deve essere garantita, così come tutti gli impianti sportivi. Non si può posticipare tutto ciò indefinitamente come si può fare con un torneo di tennis o una partita di calcio. Non esiste un piano di rinvio, ma sono molto fiducioso. L'Oms sostiene che la nostra scelta di rinviare tutto all'estate 2021 sia stata la migliore».
L'ipotesi dello spostamento al 2022 era già stata presa in considerazione un mese fa, quando ancora il Cio stava cercando di capire il da farsi e prendeva tempo, prima della decisione ufficiale del 24 marzo, giorno in cui è stato comunicato il rinvio al 2021. «Annullare o sospendere, c'erano solo queste due opzioni da prendere in considerazione. Alcuni hanno chiesto di annullare i Giochi, ma arrendersi a queste richieste emotive e cancellare le Olimpiadi avrebbe significato distruggere il sogno olimpico per 11.000 atleti provenienti da 206 comitati olimpici nazionali e dalla squadra olimpica» ha spiegato sempre Bach al Die Welt. Il presidente del Cio ha poi aggiunto: «La nostra squadra e l'Oms ci stanno guidando. L'Oms ha sostenuto la scelta dell'estate del 2021 come nuova data e ha assicurato al Primo ministro giapponese il suo aiuto nel rendere i Giochi un successo. La nostra priorità numero uno, ovviamente, rimane la salute degli atleti e di tutti gli altri coinvolti nei Giochi, oltre a contenere il virus».
È il primo italiano ad aver creato una vera e propria agenzia di viaggio in Giappone.
Marco Ferrari, emiliano doc, vive a Osaka dal 2005. Dopo alcune esperienze lavorative nel Paese del Sol Levante ha scelto di aprire la sua agenzia di viaggi. La prima, l'unica, nata dalla volontà di un italiano residente a 10.000 chilometri dal suo Paese natio e dedicata a chi ha intenzione di scoprire il mondo nipponico dal punto di vista di chi, la vita lì, la vive ogni giorno. Marco sui social è conosciuto come MarchinoinGiappone e oggi pomeriggio, dalle 16 (orario italiano) sarà in diretta sulla pagina Instagram della Verità Per commentare l'attuale situazione in Giappone.
In quello che doveva essere il grande anno del Giappone, grazie soprattutto alla spinta data dalle Olimpiadi, le previsioni per chi lavora nel settore del turismo non sembrano essere per nulla serene. Anzi. L'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile ha stimato che le perdite del turismo giapponese, per effetto del coronavirus, nei primi tre mesi del 2020 (con le rinunce già monitorate di marzo), si possono valutare intorno a 1,3 miliardi di dollari. Ad incidere sono stati soprattutto i mancati flussi di turisti cinesi che sul territorio nipponico rappresentano una fetta significativa del 30% dell'intero mercato del Sol Levante.
I dubbi su come si viaggerà in futuro e soprattutto su quando si potrà tornare a muoversi liberamente per il mondo, non conoscono ancora alcuna risposta certa.
Marco puoi raccontarci qualcosa di più sulla tua agenzia?
«L'agenzia è stata fondata nel 2016 ed è registrata nella provincia di Osaka siamo diventati Ltd (ovvero una S.r.l, ndr) a Marzo. In tutto siamo tre persone, io e un altro socio di maggioranza e uno di minoranza, 2 italiani e 1 giapponese. Noi fondamentalmente svolgiamo tutti i servizi che offre un'agenzia in loco: creiamo tour su misura, gestiamo le prenotazioni di alloggi tradizionali (ryokan, minshuku, shukubo, agriturismi e alberghi diffusi) e offriamo anche un servizio di guide giapponesi, con licenza, che parlano anche in italiano».
Come è stato l'impatto con il coronavirus nella tua vita lavorativa?
«Subito forte perché lavorando nel settore turistico ci siamo trovati davanti una situazione dove avevamo a che fare con clienti che stavano per venire e altri che stavano per prenotare la loro vacanza che sognavano da tanto. Abbiamo dovuto gestire tantissime domande su come era la situazione, se si poteva viaggiare, specialmente all'inizio quando ancora non si pensava che il virus arrivasse in Italia. Poi quando la Farnesina ha messo lo stop per viaggiare è stato tutto molto più facile gestire le richieste e le cancellazioni. Per quanto riguarda la mia vita di tutti i giorni ero abituato a incontrare sempre i clienti e quindi sempre in giro, ora sono sempre in ufficio e casa».
Ora anche il governo giapponese ha dichiarato lo stato di emergenza. È cambiato ancora qualcosa?
«Qui la situazione è in continua evoluzione. Fino a ora sono state prese decisione di restrizione non in tutti settori, per esempio mia figlia che è in 4 elementare non può andare a scuola ma mio figlio che è un seconda elementare si. Una contraddizione dal punto di vista mio e di mia moglie e per questo abbiamo preferito che anche lui stesse a casa con noi. Io e mia moglie invece ci alterniamo: per me lavorare da casa è complicato, quindi il pomeriggio cerco di passare qualche ora in ufficio alternandomi con mia moglie visto che l'azienda per cui lavora ha iniziato da questa settimana uno smart working parziale alternando tre giorni alla settimana di lavoro in ufficio e due a casa».
Il popolo giapponese è noto per rispettare le regole. Ma la quarantena giapponese non è una vera quarantena. È un invito a stare a casa, evitare luoghi affollati, ecc. È davvero è così? Hai notato qualche differenza prima/dopo l'annuncio dello stato di emergenza?
«C'è sicuramente meno gente in giro però essendoci libertà, se qualcuno vuole andare a tagliarsi i capelli o al supermercato non si tira indietro. Le passeggiate e le corse non sono limitate. Poi di fatto, essendoci gli uffici, gli enti pubblici e alcune attività artigianali aperte, la gente si reca al lavoro quindi sommandosi con le persone che escono a fare due passi e spesa c'è sempre qualcuno in giro. Devo dire che la situazione cambia la sera, c'è molta meno gente per strada anche perché il governo ha specificato bene di non uscite e andare per locali o feste. Tra i divieti c'è quello di riunirsi in nomikai, ovvero le cene con i colleghi dopo aver finito il lavoro, un'attività molto popolare qui in Giappone».
Nella seconda fase del pacchetto per affrontare la crisi da Covid 19, non appena l'ondata del virus si sarà attenuata, verranno attivate misure di incoraggiamento ai consumi, in particolare nel settore dei viaggi e del turismo.
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Olimpiadi a rischio anche nel 2021. Il presidente del Cio, Thomas Bach, boccia l'ipotesi di un ulteriore rinvio al 2022: «Impensabile. I Giochi non si possono spostare ancora».