«Spea sapeva. Il ponte andava chiuso». L'inchiesta della procura di Genova sul ponte Morandi ieri ha fatto registrare importanti novità. L'ingegnere Carmelo Gentile, docente di Tecnica delle costruzioni al Politecnico di Milano, è stato interrogato dal pm Massimo Terrile, come persona informata dei fatti, e ha lanciato pesanti accuse nei confronti di Spea, la società del gruppo Atlantia, la stessa che controlla Autostrade per l'Italia, incaricata dei monitoraggi sul ponte Morandi. Spea, così come Autostrade per l'Italia, è sotto inchiesta per responsabilità amministrative. Sono 21, invece, le persone indagate tra i dirigenti di ministero dei trasporti e delle infrastrutture, Provveditorato alle opere pubbliche, Autostrade e Spea. L'ultimo ad aver ricevuto ieri l'avviso di garanzia è stato Giovanni Proietti, direttore della divisione Analisi investimenti del Mit. Ma torniamo alle accuse di Gentile: «Il progettista ha fatto delle valutazioni improprie, ma anche con quelle valutazioni improprie il ponte era da chiudere. Spea sapeva, aveva calcolato il livello di efficienza che era sotto uno e con quel dato il ponte andava chiuso. A me, però, non diedero tutta la documentazione, altrimenti lo avrei detto anche io». Gentile ha firmato, insieme al collega Antonello Ruoccolo (anche lui sentito dai pm come teste) su commissione di Autostrade, una relazione sulle condizioni del ponte, nella quale si evidenziavano, nella pila 9, quella crollata, «deformazioni non conformi alle attese degli stralli che meritano approfondimenti». Gentile ha aggiunto di essere «molto addolorato per la tragedia» e di «non riuscire più a tornare sul ponte». Ha parlato pure con i cronisti: «Con un monitoraggio interpretato da chi è capace di farlo, non so se si sarebbe riusciti ad evitare il crollo, ma, è una mia idea personale di cui mi assumo la responsabilità, molto probabilmente si sarebbe evitata la tragedia». Ci fu una sottovalutazione da parte di Spea? «Lo dicono i fatti, non io. Se uno mi fa una richiesta vuol dire che in qualche modo è cosciente della necessità di fare un monitoraggio». Replica Spea: «La società precisa che il mandato al professor Gentile era unicamente relativo all'analisi dinamica degli stralli e alla progettazione del sistema di monitoraggio. Le lievi differenze dei modi di vibrazione degli stralli verificati dal Politecnico tra i due sistemi bilanciati 9 e 10 hanno ricevuto puntuale riscontro da parte dei progettisti Spea, che hanno dimostrato che non era presente alcuna criticità sul viadotto, dandone pronto riscontro al Politecnico stesso. Tutte le informazioni necessarie per espletare l'incarico erano state rese disponibili fin dall'inizio al professor Gentile». Ieri è iniziato il sopralluogo dei consulenti e periti degli indagati, del gip e delle parti civili nell'hangar dove sono custoditi i reperti del ponte Morandi. Si tratta del primo atto concreto dell'incidente probatorio che si concluderà tra due mesi. Nessuna novità, invece, sulla nomina del commissario straordinario per la ricostruzione. «Ritengo di essere ancora in pista», ha detto ieri il manager di Fincantieri Claudio Gemme, uno dei nomi in corsa. Ma i problemi per il ministro Danilo Toninelli non sembrano essere finiti qui. Ieri alla Camera il viceministro Edoardo Rixi, rispondendo a un'interrogazione del deputato di Fi Giorgio Mulè, ha dovuto spiegare i motivi per cui fosse stato nominato tra gli esperti del Mit incaricati di valutare costi benefici delle grandi opere il manager calabrese Gaetano Intrieri, condannato nel 2017 in via definitiva per bancarotta fraudolenta. Rixi, in commissione Ambiente ha letto uno sbrigativo comunicato: «Circa la posizione del professor Intrieri informo che dal curriculum e dalle dichiarazioni rese dallo stesso (…) e dalla dichiarazione di insussistenza di cause di incompatibilità e inconferibilità sottoscritta (…) non risultava quanto segnalato», ossia la condanna. Peccato che lo stesso Intrieri avesse dichiarato urbi et orbi cose molto diverse. Il 14 settembre, a chi gli ricordava che per il M5s «avere una condanna è un problema», aveva risposto su Twitter: «Beh non direi, il ministro mi ha detto che se me ne vado viene a prendermi sino a casa. Forse a qualcosa il mio lavoro serve». In una lettera aperta al direttore della Verità, Maurizio Belpietro, era stato altrettanto esplicito: «Peccato che il sottoscritto condannato non ha mai nascosto a nessuno, e sottolineo a nessuno, questa condanna (…)». Il 15 settembre, sempre sul nostro quotidiano, il manager era andato anche oltre: «Toninelli conosceva la storia della mia condanna per bancarotta, anche perché uno prima di entrare in un ministero deve firmare una dichiarazione e non è che certe cose si possano tenere nascoste». Ma ora il ministero ci informa di essere stato tenuto all'oscuro da Intrieri e che, «considerato il breve lasso di tempo dall'avvio del procedimento di conferimento dell'incarico», il Mit «non aveva ancora avviato i controlli» previsti dalla legge e che il decreto di nomina dei 14 esperti «è tuttora all'esame dei competenti organi di controllo». Una risposta che ha scatenato l'ira di Mulè, il quale, chiedendo le dimissioni di Toninelli, ha dichiarato: «Oggi è stata data dal ministero una risposta stupefacente sul professor Gaetano Intrieri. Questi ha sempre dichiarato di “non aver mai nascosto a nessuno e sottolineo nessuno questa condanna". Mai il ministero lo ha smentito affermando che Intrieri non ha mai segnalato di essere stato condannato per bancarotta: siamo oltre il ridicolo, perché Intrieri ha sempre rivendicato (mai smentito, ancora una volta) di aver informato Toninelli della sua situazione giudiziaria. La dimostrazione che il ministro si è tenuto volutamente al fianco uno spregiudicato bancarottiere è nel fatto che non lo ha rimosso: Intrieri, abbiamo appreso oggi, si è infatti dimesso volontariamente il 27 settembre». Cioè 13 giorni dopo che La Verità aveva pubblicato un articolo dal titolo inequivocabile: «Toninelli si sceglie l'esperto condannato per bancarotta».
Alla fine Gaetano Francesco Intrieri ha lasciato per davvero il suo posto da esperto nella struttura di missione del ministero delle Infrastrutture. Negli uffici di Porta Pia i ben informati definiscono le dimissioni «spintanee», anziché spontanee. In pratica lo staff del ministro Danilo Toninelli avrebbe agevolato l'uscita di scena del consulente dopo le polemiche innescate da alcune sue scivolate: una condanna per bancarotta (rivelata dalla Verità), un cv contestato e alcuni commenti sessisti sui social. Una scia di errori e gaffe contro la quale non sono riusciti a fargli da scudo neppure i suoi più acritici sostenitori, come la senatrice 5 stelle Giulia Lupo. La resa è arrivata dopo che Intrieri ha duellato per giorni sui media con giornalisti e presunti mandanti degli articoli che lo riguardavano. Domenica sera su Twitter, a chi gli chiedeva quando sarebbe tornato a occuparsi del Milan (la sua grande passione) Intrieri ha risposto: «Da domani amico mio fine tutto e tornare Gaetano il super tifoso ah ah». Non preoccupatevi non avete letto male, Intrieri scrive così, di botto e senza badare agli strafalcioni. Tanto che qualcuno gli ha suggerito di prendersi un ghostwriter con una «solida licenza media». Essì perché sui suoi titoli accademici si è dibattuto a lungo e lui ha annunciato che porterà in tribunale chi li ha messi in dubbio. Comunque l'«economista» specializzato in «trasporto aereo», dopo aver lavorato per un mese «13 ore al giorno» al Mit, lunedì ha deciso di uscire di scena da par suo, utilizzando i contenuti dei dossier a cui stava lavorando. Compresi quelli sul cosiddetto Air Force Renzi e sul contratto di programma per l'aeroporto di Fiumicino, gestito dal gruppo Atlantia della famiglia Benetton. «Buongiorno sen. Matteo Renzi», ha twittato il 23 settembre, rivolgendosi all'ex premier con intenzioni non proprio amichevoli. Infatti il saluto non preludeva a un invito a cena: «Le vorrei far vedere alcuni documenti in mio possesso sull'ex aereo di Stato A340/500. Sa ci ho lavorato molto e prima di lasciare il ministero mi piacerebbe farle vedere alcune cose nel nome del popolo italiano». Su Facebook, Intrieri ha spiegato, come aveva anticipato il 15 settembre con La Verità, che l'aereo che doveva costare 160 milioni di euro allo Stato, sul mercato non ne varrebbe più di 7. «Ci troviamo di fronte a un danno erariale di notevole entità, all'interno del quale vi sono molti lati oscuri da chiarire, primo fra tutti il fatto che l'operazione di leasing dell'aeromobile viene a essere perfezionata nel giugno 2016, pressappoco in coincidenza con l'emissione da parte di Alitalia di una obbligazione di 217 milioni di euro interamente sottoscritta dalla stessa Etihad che a un'attenta lettura degli accadimenti economico finanziari di quel tempo appare essere molto più di una semplice coincidenza». Intrieri trova «inquietante» che sia stata chiamata la stessa Alitalia, con la scusa della manutenzione, a fare da «intermediaria» dell'operazione di leasing tra il ministero della Difesa e la compagnia emiratina. Per l'esperto quei lavori sull'aereo li avrebbe potuti realizzare la stessa Difesa con la sua organizzazione interna (Armaereo) «se solo l'aeroplano fosse stato registrato con marche militari, come del resto sarebbe stato logico considerandone l'utilizzo». Ma sembra, continua Intrieri, «che la presidenza del Consiglio del tempo (guidata da Renzi, ndr) non fosse dell'idea e fu così che i generali della Difesa, dovettero obbedire a ordini illogici e contro gli interessi dello Stato».
L'ex consulente ha inviato un messaggio in bottiglia anche a un altro ex premier: «Buongiorno sen. Monti sarebbe opportuno che Lei insieme al dottor Corrado Passera spiegasse agli italiani il perché un'ora prima delle Sue dimissioni abbia firmato ad Aeroporti di Roma (gruppo Atlantia) il contratto di programma più capestro della storia di questo Paese».
Secondo Intrieri, grazie al decreto Monti, le tariffe aeroportuali dello scalo di Fiumicino «negli ultimi 5 anni sono cresciute sino a superare 40 euro per passeggero imbarcato», un importo senza precedenti, soprattutto se si considera il lasso di tempo in cui tale maggiorazione è avvenuta e che ha consentito ad Aeroporti di Roma di aumentare in modo esponenziale il profitto per i propri azionisti passando da 134 milioni di euro del 2012, ai 401 del 2017».
Infine l'esperto dimissionario, il 23 settembre, ha pubblicato sul suo blog un articolo in due parti intitolato: «L'ala spezzata». Nel testo alcune chicche del dossier sul fallimento di Alitalia, anche questo anticipato dal nostro giornale. Secondo Intrieri, Alitalia avrebbe «"regalato" […] al vorace salvatore arabo (Etihad, ndr) 5 coppie di diritti di atterraggio sul più importante aeroporto europeo ovvero 5 coppie di slot su Londra Heathrow». Etihad pagò 60 milioni complessivi, mentre «si sarebbero potuti comodamente vendere a 350 milioni». Non basta. Intrieri mette online copia di «una delle tante fatture emesse da Ethiad ad Alitalia riferite all'affitto di quegli stessi slot alla modica cifra di oltre 300.000 euro al mese». Un pessimo affare che si aggiungerebbe ai 160 milioni di leasing dell'Air Force Renzi e alle rate da «500.000 dollari al mese per ognuno dei due Airbus A330 di Etihad che ancora oggi compongono la flotta di Alitalia (valore di mercato 350.000 dollari)». L'ex consulente del Mit ricorda anche che la nostra vecchia compagnia di bandiera «pagò il trasferimento da Roma a Londra della casetta giocattolo del figlio di un dirigente Etihad in forza ad Alitalia» e pubblica «una delle tante fatture» emesse dalla compagnia svizzera Darwin airlines che operava per conto di Alitalia su alcune tratte regionali. «Era uno dei tanti modi con cui venivano drenati i soldi da Alitalia attraverso prestazioni sovrafatturate per servizi inutili e senza logica industriale». E a chi apparteneva la Darwin? «Era di fatto di Etihad, che ne deteneva ufficialmente il 49% per non superare il limite del controllo imposto dalla comunità europea». Non pago, l'esperto scornato esibisce la ricevuta di pagamento da quasi 1.300 euro per un buffet leggero e il «coffee break pomeridiano» di dieci membri del vecchio cda di Alitalia. Questo l'acido commento: «Certo, capisco! Nello stress della situazione prefallimentare, per il dottor Luca Cordero di Montezemolo (ex presidente Alitalia, ndr), Mister Hogan (James, numero uno di Etihad, ndr) e i loro straordinari strateghi, andare a prendersi un panino da 3 euro e 50 sarebbe stata un'operazione assolutamente incoerente e ingloriosa visto il momento e la famosa compagnia sexy». Sexy, come la sognava Hogan.
Il M5s gli aveva chiesto di tacere. Ma Gaetano Francesco Intrieri, l'esperto calabrese scelto dal ministro Danilo Toninelli, non ce l'ha fatta e ha esondato ancora una volta sui social. Su Facebook ha vergato un post «in nome del popolo italiano (sic)» e ha messo in guardia «i giornalisti che tanto si interessano a me su mandato dei potenti uomini della comunicazione»: «Tra poco lascerò il ministero, quindi inutile continuare a scrivere scrivere scrivere, ormai tutti sanno che sono un bancarottiere (è stato condannato nel 2017 a 2 anni e 4 mesi in via definitiva, ndr) pieno di difetti, per cui, giusto il tempo di tentare di mettere a posto qualche centinaio di dipendenti Sardi di Air Italy e di aiutare un ministro straordinariamente per bene e pieno di amore per il proprio Paese su due o tre cosucce e me ne andrò sicuro di fare un favore a tanti». Il nostro ha denunciato «una campagna di “sputtanamento" molto costosa per le tasche di chi l'ha ordita ed organizzata» e l'ha collegata ai dossier pesanti di cui si starebbe occupando, da quello sull'Air force Renzi, a quello su Alitalia, Anas e Benetton (anticipati domenica scorsa sulla Verità).
Su Twitter Intrieri se l'è presa pure con il docente pavese che ha messo in dubbio il suo master a Boston: «Essere attaccato da questo signore che me ne darà conto in Tribunale insieme ai suoi sodali è davvero una medaglia». Il professore gli ha chiesto di tirare fuori il famoso attestato del Mit («Non è difficile, non faccia il timido»), ma lui non ha scoperto le carte, lasciando molti dubbi anche tra i suoi sostenitori: «Se non lo faccio ho i miei motivi (…) al momento opportuno lo vedrete tutti». Su Facebook, oltre ad annunciare l'addio, ha propinato agli internauti una sorta di autobiografia: «Non sono un Santo né un eroe, ma semplicemente uno che da qualche mese si è messo a lavorare 15 ore al giorno a fianco di una idea (…) Non sono un attivista del M5s, la mia cultura di vecchio romantico comunista con nel cuore Berlinguer e il Che, mi impedisce da circa un trentennio di esprimere alcuna preferenza politica, mi ritrovo al ministero solo per delle coincidenze, perché occorre dirlo, che piaccia o no, con questi giovani ministri armati di passione e di amore infinito verso lo Stato può anche accadere che ti entusiasmi ed inizi a sognare di poter finalmente cambiare le cose».
Tutto sarebbe iniziato quando 2 anni fa scrisse un articolo sul bilancio di Alitalia, facendo un'analisi, «che puntualmente si concretizzò nel giro di sei mesi. Fu così che iniziai ad aiutare M5s nella stesura di molti documenti relativi ad interrogazioni parlamentari e denunce per fatti essenzialmente connessi al mio settore, ma anche contribuii nella stesura di un'interrogazione parlamentare riguardante l'acquisizione di Ac Milan con relativi 500 milioni transitati in Italia da paradisi fiscali di primaria importanza». Ed eccoci al calcio, l'altra passione divorante di Intrieri, insieme all'aeronautica. E ne ha anche per la Juve: per lui la dirigenza bianconera fa parte «della categoria dei bari» e rappresenta una «vera lobby politico affaristica nel calcio». Quando scrive, Intrieri, spesso perde il controllo della lingua italiana, ma non solo di quella. Minaccia «shit storm» internettiane contro chi lo contesta e non si fa mancare neppure gli insulti sessisti, come ha scoperto due giorni fa il sito del Fatto Quotidiano, suscitando l'indignazione dell'esperto di Toninelli. Il 12 agosto scorso, la malcapitata Mariagrazia provò a smontare la sicumera del professore invitandolo a farsi «meno canne». E incassò questa elegante risposta: «E tu fai meno pompini». La poveretta ha provato a replicare, dandogli del maleducato. Ma la controreplica del novello monsignor Giovanni Della Casa non si è fatta attendere: «Quindi io mi faccio le canne e lei non può fare i pompini? Mi faccia capire lei può offendere e poi si arrabbia se qualcuno le risponde a brutto muso? Ottimo allora si metta a gambe aperte».
A quel punto un amico ha provato ad arginarlo: «Professore le donne si rispettano lo stesso, siamo superiori noi, non scendiamo al loro livello». Ottenendo questa perla di saggezza: «Io amo le donne ed è per quello che amo i pompini, per me non è un'offesa». E ancora: «È lo zimbello che si scopa quella gran puttana di tua mamma». L'ultimo post è una minaccia da brivido: «Ti combino che quella troia di tua madre non ti riconoscerà».
Intrieri sui social è incontenibile: insulta, dando loro degli ignoranti e degli incompetenti, tutti quelli che non la pensano come lui e che mettono in dubbio le sue dichiarazioni apodittiche o la sua formazione. Su Twitter, rispondendo a un'onorevole del Pd, è arrivato a sostenere che «chi ha secretato in stile Sud America i contratti di concessione fatti con i Benetton è un assassino». A marzo quando qualcuno pronosticava l'arrivo al Milan del fondo Elliott lui rispose irridente «ma di che finanziamento parliamo ma cosa è questo fondo Elliott dai su (tutto senza punteggiatura, ndr)», salvo poi presentarsi come una specie di portavoce della creatura di Paul Singer. Su Twitter scrisse pure che il suo nemico giurato, l'ex ad del Milan Marco Fassone, avrebbe passato una velina a una giornalista del Corriere della Sera, Arianna Ravelli: «E bravo dottor Fassone. Ma ricorda che Elliott ha un servizio di controspionaggio niente male». Una minaccia a cui ha risposto la stessa Ravelli in queste ore: «Divertente che il consulente del ministro dei Trasporti parlasse di controspionaggio di Elliott e si occupasse delle mie telefonate. Glielo avranno detto al Mit?».
Nelle sue battaglie il «vecchio comunista» Intrieri sembra sostenuto dalla cugina Marilina, ex fondatrice dei Ds e deputata dell'Ulivo, passata poi con l'Udeur: «Caro Nuccio, conosco bene le aggressioni di certa stampa prezzolata da chi non vuole essere infastidito da azioni di governo per propri interessi. Il bravo ministro con il quale collabori è fortemente contrastato nelle sue azioni di cambiamento che toccano interessi pesantissimi. Schiena dritta e avanti come sempre, come ci hanno insegnato i nostri genitori». Quello che sorprende è che il ministro Toninelli, intervistato dal programma radiofonico Zelig, a una domanda sui precedenti penali di Intrieri, abbia azzardato questa risposta: «La condanna è per un fatto che ha salvato la società e quindi potrebbe essere equiparabile a un atto di coraggio fatto per non aver fatto andare in mezzo a una strada dipendenti e familiari di questi dipendenti». Peccato che tre gradi di giudizio abbiano raccontato tutta un'altra storia: la compagnia aerea Gandalf è fallita lo stesso, mentre Intrieri ha distratto quasi mezzo milione di euro per pagare propri debiti personali con Banca Intesa. A confessarlo, come abbiamo scritto, è stato lo stesso Intrieri in due diversi ed esaustivi interrogatori davanti al magistrato. Ma Toninelli sembra far finta di non saperlo.
Per ora resiste. L'esperto scelto dal ministro Danilo Toninelli non pare intenzionato ad abbandonare la sua postazione nella struttura di missione del dicastero delle Infrastrutture e dei trasporti, anche se ieri, al Corriere della Sera, ha dichiarato: «Sto pensando di dimettermi, per tornare a essere una persona normale». Però troppo «normale» non deve sentirsi, visto il prosieguo del suo ragionamento: «Io non sono un attivista del Movimento, sono solo un tecnico e sto lavorando per il Paese, al di là delle ideologie. Io sono il guru dell'aviazione e invece mi stanno trattando da delinquente (…) E se devo dirla tutta, dopo due mesi al ministero, avrei già dei sassolini da togliermi dalle scarpe...». Chi deve intendere, intenda.
Quello che Intrieri non dice è che quasi nessuna delle sue passate iniziative professionali ha avuto particolare fortuna. A partire dal crac della compagnia aerea Gandalf, di cui è stato amministratore per 5 mesi. A causa di quell'esperienza ha subìto una condanna a 2 anni e 4 mesi per bancarotta fraudolenta patrimoniale per aver distratto quasi mezzo milione di euro a fini personali.
In Calabria, sua terra d'origine, lo ricordano impegnato nella pallavolo e nel calcio. Avventure sportive finite senza gloria. Anzi con denunce e accuse. Intrieri atterrò nel mondo del pallone sponsorizzato dal sindaco dei Ds Eva Catizzone. In fondo era cugino di uno dei fondatori dei Democratici di sinistra, quella Marilina Intrieri che nel 2006 approderà in Parlamento sotto le insegne dell'Ulivo. Mentre era presidente Intrieri denunciò un agguato: «Stavo facendo ritorno a Cosenza, quando sono stato affiancato da un'auto che mi ha costretto a fermarmi. Alcune persone sono scese dalla vettura e mi hanno minacciato. Uno di loro aveva una pistola. Dopo avermi strattonato e strappato la camicia mi hanno detto che se non cedo il Cosenza a costo zero, mi faranno fuori. Questa è mafia. Ci sono poteri forti che stanno cercando di mandarmi via. C'è gente che ha interessi sul Cosenza ma non vuole comprarlo: pretenderebbe che glielo regalassi».
Alla fine cedette le quote all'imprenditore Mauro Nucaro e questi poi ne restituì il 50% a Intrieri. «Lo feci perché nei bilanci trovai cose poco chiare», ci spiega al telefono l'allora acquirente. Il quale, però, precisa: «Intrieri è una persona perbene». Eppure i due all'epoca si scambiarono accuse e i magistrati misero sotto intercettazione Nucaro, scoperchiando un giro di presunte mazzette legate all'energia eolica che coinvolgeva alcuni papaveri dei Ds. Il pm che istruì il procedimento, Eugenio Facciolla, oggi procuratore a Castrovillari, ricorda: «Tra Nucaro e Intrieri non so chi fosse il migliore o il meno peggio. All'epoca né l'uno né l'altro avevano grandi disponibilità economiche. Erano soggetti che facevano muovere altri soggetti, erano molto legati alla politica locale. Tanto è vero che la stessa ascesa di Intrieri fu dettata da indicazioni politiche dell'allora sindaco di Cosenza».
L'esperto del ministero, su Internet, ammette solo di essersi avvicinato al Cosenza «per pura amicizia verso chi mi ha chiesto di farlo e per amore verso la mia terra di origine (…) giocando anche contro la criminalità organizzata che ci perseguitava».
Il suo vecchio avvocato Giancarlo Pittelli lo difende: «Intrieri è una persona onesta e preparata che conosce bene il suo mestiere. Certo ha un ego un po' ipertrofico». Che potrebbe averlo fatto scivolare sul curriculum.
Secondo Il Foglio il cv conterrebbe diverse imprecisioni. Il professor Riccardo Puglisi, economista all'università di Pavia e «cacciatore di titoli accademici gonfiati», avrebbe cercato di verificare il conseguimento di un master al Mit di Boston da parte di Intrieri, scoprendo che il nome del manager «non risulta nei registri» dell'ateneo statunitense, anche se, va detto, stiamo parlando di quasi 30 anni fa. In ogni caso pure il cursus honorum da salvatore di compagnie aeree avrebbe più di una lacuna. Dopo l'esperienza in Alitalia e nella statunitense North West, il consulente del ministero ha amministrato solo piccole aerolinee: Club Air, Italia Tour Airlines (sorta dalle ceneri di Club Air, ndr), It Ali Airlines ed Eagles Airlines. «Tutte fallite» sottolinea il sito specializzato Aeropolis.it. Con la Club Air Intrieri si candidò persino per il salvataggio di Alitalia. Quindi passò all'It Ali, a cui l'Enac sospese la licenza di trasporto aereo, e da lì si trasferì all'Eagles, che verrà ribattezzata «Prima aerotrasporti italiani» alla vigilia della chiusura dei battenti. Per il predecessore di Intrieri, Mauro Calvano, non c'erano margini per salvare la Eagles: «Mancavano i capitali per garantire lo sviluppo (…) e anche i soldi per pagare i fornitori (…) ero stanco di avere i creditori che continuavano a chiedermi ragione dei ritardi». Intrieri ci provò lo stesso. Senza risultati. Ma a chi gli fa notare questi insuccessi professionali, l'esperto di Toninelli replica piccato: «Al mio arrivo la Gandalf aveva 61.000.0000 di euro debiti, alle mie dimissioni ne aveva 42.500.000». E per quanto riguarda Club Air, il commissario scelto dal Tribunale fallimentare avrebbe riconosciuto a Intrieri «di aver risanato per quanto possibile l'azienda agendo secondo i criteri del buon padre di famiglia, attribuendo alle precedenti gestioni le cause del dissesto». C'è chi gli rinfaccia persino la chiusura di un «mozzarellificio» a Catanzaro e lui, pure in questo frangente, non lascia invendicata l'onta: «Ho avuto, in partecipazione con alcuni miei familiari, un piccolo caseificio per hobby che abbiamo venduto nel 2006, fra l'altro rimettendoci i nostri pochi soldini». Quindi il fallimento del caseificio, avvenuto nel 2008, non sarebbe colpa del suo casato. Rimane il dato statistico: le aziende per cui ha operato Intrieri, nella quasi totalità dei casi, non hanno fatto una bella fine.
- Gaetano Francesco Intrieri, l'uomo per cui parte del M5s sta facendo le barricate, è stato condannato per bancarotta. Nella vicenda massoneria, banche svizzere e documenti falsi. In un interrogatorio ammise di aver mentito.
- Le Fiamme gialle acquisiscono computer e cellulari al Politecnico, cui fu richiesto uno studio sul ponte Morandi. A Genova aprono scuole e Salone Nautico: è allarme traffico.
Lo speciale contiene due articoli.
Si è vantato di essere l'uomo che ha scoperchiato le magagne dell'Air force Renzi. Ma viste le bugie che ha raccontato e sta raccontando a magistrati, giornalisti e politici (nel M5s c'è chi fa le barricate per lui) viene il dubbio che non sia tutto oro quello che denuncia. Stiamo parlando del professor Gaetano Francesco Intrieri, l'esperto scelto dal ministro Danilo Toninelli per la struttura di missione del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti. La Verità nei giorni scorsi ha svelato che Intrieri è stato condannato definitivamente nel 2017 per bancarotta fraudolenta patrimoniale, avendo distratto dalle casse di un'azienda in difficoltà circa 480.000 euro (in tre tranche) per pagare dei debiti personali. Ma ai cronisti e ai grillini ha subito offerto una versione autoassolutoria che fa decisamente a pugni con le sentenze, i verbali e le informative della Guardia di finanza.
Nel 2004 Intrieri, quando venne arrestato, non solo non ammise il reato, ma provò a farla franca in maniera goffa, proponendo agli inquirenti una patacca che fece di lui un indagato poco credibile.
L'esperto calabrese (anche se è nato a Messina) nel 2003 era stato, per cinque mesi, l'amministratore delegato della Gandalf spa, una compagnia aerea in difficoltà. La riportò in Borsa, ma subito dopo lui e il presidente Giovanni Laterza si dimisero «per irregolarità dovute ad alcune operazioni da loro effettuate». Nel 2004 Intrieri, per giustificare l'incasso di due assegni della Gandalf (rispettivamente da 221.080 e 208.412 euro), si difese così: quel denaro serviva a pagare delle commissioni alla società americana Aviation world services inc e la transazione sarebbe avvenuta tramite una società elvetica. Ecco la ricostruzione del manager, come risulta dal verbale d'interrogatorio: «A questo proposito ho interpellato la Soft one sa con sede a Roveredo (Svizzera), la quale ha eseguito per mio conto le transazioni pari all'importo di 449.000 euro (…) Per i pagamenti sopra citati non furono fatti dei bonifici in quanto l'Aws, nella persona di Bryan Johnston, ha preteso i pagamenti “estero su estero"». A questo punto Intrieri ha esibito davanti al giudice «copia della documentazione comprovante l'operazione», ossia un attestato notarile di avvenuta transazione verso la Aws da parte della società anonima Soft one, copia dell'estratto conto intestato alla Soft one con l'indicazione dei bonifici effettuati, copia del passaporto del rappresentate legale della società fiduciaria (il signor Francesco F.). Per Intrieri la Soft one gli doveva 386.000 euro «già maturati» e 62.000 «maturandi».
Ebbene, sembra che questa arzigogolata spiegazione non fosse altro che una gigantesca panzana.
Infatti la Guardia di finanzia inizia a cercare i riscontri e viene a sapere dalla Polizia cantonale svizzera che «la società Soft one sa era stata messa in liquidazione e in data 3 settembre 1999 era stata radiata (quattro anni prima delle presunte transazioni, ndr)»; «che il signor Francesco F. risulta fortemente indebitato e ha avuto altre cinque società che attualmente sono in liquidazione o fallimento e altre due in attività»; la polizia cantonale ha informato i finanzieri di aver ricevuto nel settembre 1998 «una richiesta di informazioni da parte dell'Interpol di Roma sul conto della Soft one sa» e nel 2001 «una richiesta da parte dell'Interpol tedesca sul conto del signor Francesco F., il quale era sospettato di furto d'auto e di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina». Successivamente i finanzieri scopriranno che «i documenti a supporto del presunto pagamento alla Aws erano falsi» e «che la banca svizzera asseritamente utilizzata per il pagamento non era più esistente». Il 13 maggio 2005 Intrieri, smascherato dagli investigatori, decide di collaborare con i magistrati. Il pm di Parma (sede della Gandalf) Pietro Errede domanda: «Come l'ha pagata Aws, tramite Francesco F.?». Intrieri: «No, non c'entrava niente». In tutta questa storia non poteva mancare una spruzzata di massoneria. Infatti a suggerire a Intrieri questa versione e a mettere in piedi il «marchingegno» sarebbe stato l'avvocato d'affari cosentino Domenico L.. gran maestro della Serenissima Gran Loggia d'Italia («In sonno» precisa il diretto interessato), con studio legale a La Valletta (Malta). Ai magistrati Intrieri disse di avergli girato per il disturbo quattro assegni da 5.000 euro l'uno. Con La Verità, ma anche con gli inquirenti, Domenico L. ha negato tutto: «Intrieri è diventato esperto di Toninelli? In che mondo siamo finiti! Io avevo rapporti con lui quando era uno dei soci del Pascolo, un caseificio di Catanzaro (fallito nel 2008, ndr). Nella vicenda Gandalf non c'entro nulla. Gli investigatori mi convocarono per un confronto all'americana a Como con Intrieri e lo svizzero, ma mi presentai solo io».
Ritorniamo ai verbali d'interrogatorio. Nel 2005 il pm incalza il manager: «Quindi non è vera quella circostanza che (…) aveva un credito nei confronti di Francesco F.?». Intrieri: «No, tutto quello che ho detto su Francesco F. le altre volte sono tutte cazzate». Pm: «Ma lei si rende conto che una delle esigenze cautelari che mi hanno portato a chiedere la sua cattura è l'inquinamento delle prove? Le si dà la possibilità di difendersi tranquillamente e lei racconta balle al pm mettendo altra carne al fuoco». A questo punto Intrieri ammette che i soldi che aveva incassato non sono serviti per la Aws, ma per appianare un suo debito personale con Banca Intesa e che non ci fu nessun pagamento «estero su estero».
Un anno dopo l'indagato è ancora più esplicito. Pm: «Lei mi ha detto nel secondo interrogatorio, quando poi si è illuminato, che questi famosi 429.000 euro in realtà non sono mai giunti nelle tasche di Bryan Johnston (…) Che destinazione ha dato a questi denari?». Intrieri: «Li ho usati per fini miei, ero debitore di Banca Intesa». Pm: «Lei è sicuro di ricordare che i soldi sono serviti per delle sue esigenze?». Intrieri: «Sì, sì assolutamente (…) i soldi agli americani non arrivarono mai». Pm: «Ma lei chiese agli americani di fare delle certificazioni? Delle quietanze?». Intrieri: «Sì, poi le chiesi, secondo me anche sbagliando perché poi io e Laterza litigammo con gran parte del consiglio d'amministrazione, per cui cercai a quel punto, in qualche modo, di mettere a posto la situazione (…) Laterza sapeva che quei soldi li avrei girati agli americani, si fidava di me e sapeva questo». In un altro passaggio, il pubblico ministero chiede in cambio di che cosa Johnston della Aws gli avrebbe fatto avere le certificazioni e Intrieri risponde: «In cambio di nulla, io avevo detto a lui che comunque (…) gli avrei dato dei soldi, poi però non glieli diedi anche perché ci fu l'esposto». Denuncia che innescò l'inchiesta e che venne presentata da un gruppo di azionisti truffati (difesi dagli avvocati Francesco Verri e Vincenzo Cardone).
Infine il pm pone il quesito delle cento pistole: «Lei non aveva dunque un rapporto di credito con la Aws?». E Intrieri fa venire giù tutto il castello (di bugie): «No, quella cosa lì me la sono inventata». Quattordici anni e una condanna dopo, la verità sta tornando a galla.







