2018-09-18
L’esperto di Toninelli davanti al pm: «Ho detto soltanto delle cazzate»
Gaetano Francesco Intrieri, l'uomo per cui parte del M5s sta facendo le barricate, è stato condannato per bancarotta. Nella vicenda massoneria, banche svizzere e documenti falsi. In un interrogatorio ammise di aver mentito.Le Fiamme gialle acquisiscono computer e cellulari al Politecnico, cui fu richiesto uno studio sul ponte Morandi. A Genova aprono scuole e Salone Nautico: è allarme traffico.Lo speciale contiene due articoli. Si è vantato di essere l'uomo che ha scoperchiato le magagne dell'Air force Renzi. Ma viste le bugie che ha raccontato e sta raccontando a magistrati, giornalisti e politici (nel M5s c'è chi fa le barricate per lui) viene il dubbio che non sia tutto oro quello che denuncia. Stiamo parlando del professor Gaetano Francesco Intrieri, l'esperto scelto dal ministro Danilo Toninelli per la struttura di missione del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti. La Verità nei giorni scorsi ha svelato che Intrieri è stato condannato definitivamente nel 2017 per bancarotta fraudolenta patrimoniale, avendo distratto dalle casse di un'azienda in difficoltà circa 480.000 euro (in tre tranche) per pagare dei debiti personali. Ma ai cronisti e ai grillini ha subito offerto una versione autoassolutoria che fa decisamente a pugni con le sentenze, i verbali e le informative della Guardia di finanza.Nel 2004 Intrieri, quando venne arrestato, non solo non ammise il reato, ma provò a farla franca in maniera goffa, proponendo agli inquirenti una patacca che fece di lui un indagato poco credibile. L'esperto calabrese (anche se è nato a Messina) nel 2003 era stato, per cinque mesi, l'amministratore delegato della Gandalf spa, una compagnia aerea in difficoltà. La riportò in Borsa, ma subito dopo lui e il presidente Giovanni Laterza si dimisero «per irregolarità dovute ad alcune operazioni da loro effettuate». Nel 2004 Intrieri, per giustificare l'incasso di due assegni della Gandalf (rispettivamente da 221.080 e 208.412 euro), si difese così: quel denaro serviva a pagare delle commissioni alla società americana Aviation world services inc e la transazione sarebbe avvenuta tramite una società elvetica. Ecco la ricostruzione del manager, come risulta dal verbale d'interrogatorio: «A questo proposito ho interpellato la Soft one sa con sede a Roveredo (Svizzera), la quale ha eseguito per mio conto le transazioni pari all'importo di 449.000 euro (…) Per i pagamenti sopra citati non furono fatti dei bonifici in quanto l'Aws, nella persona di Bryan Johnston, ha preteso i pagamenti “estero su estero"». A questo punto Intrieri ha esibito davanti al giudice «copia della documentazione comprovante l'operazione», ossia un attestato notarile di avvenuta transazione verso la Aws da parte della società anonima Soft one, copia dell'estratto conto intestato alla Soft one con l'indicazione dei bonifici effettuati, copia del passaporto del rappresentate legale della società fiduciaria (il signor Francesco F.). Per Intrieri la Soft one gli doveva 386.000 euro «già maturati» e 62.000 «maturandi». Ebbene, sembra che questa arzigogolata spiegazione non fosse altro che una gigantesca panzana. Infatti la Guardia di finanzia inizia a cercare i riscontri e viene a sapere dalla Polizia cantonale svizzera che «la società Soft one sa era stata messa in liquidazione e in data 3 settembre 1999 era stata radiata (quattro anni prima delle presunte transazioni, ndr)»; «che il signor Francesco F. risulta fortemente indebitato e ha avuto altre cinque società che attualmente sono in liquidazione o fallimento e altre due in attività»; la polizia cantonale ha informato i finanzieri di aver ricevuto nel settembre 1998 «una richiesta di informazioni da parte dell'Interpol di Roma sul conto della Soft one sa» e nel 2001 «una richiesta da parte dell'Interpol tedesca sul conto del signor Francesco F., il quale era sospettato di furto d'auto e di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina». Successivamente i finanzieri scopriranno che «i documenti a supporto del presunto pagamento alla Aws erano falsi» e «che la banca svizzera asseritamente utilizzata per il pagamento non era più esistente». Il 13 maggio 2005 Intrieri, smascherato dagli investigatori, decide di collaborare con i magistrati. Il pm di Parma (sede della Gandalf) Pietro Errede domanda: «Come l'ha pagata Aws, tramite Francesco F.?». Intrieri: «No, non c'entrava niente». In tutta questa storia non poteva mancare una spruzzata di massoneria. Infatti a suggerire a Intrieri questa versione e a mettere in piedi il «marchingegno» sarebbe stato l'avvocato d'affari cosentino Domenico L.. gran maestro della Serenissima Gran Loggia d'Italia («In sonno» precisa il diretto interessato), con studio legale a La Valletta (Malta). Ai magistrati Intrieri disse di avergli girato per il disturbo quattro assegni da 5.000 euro l'uno. Con La Verità, ma anche con gli inquirenti, Domenico L. ha negato tutto: «Intrieri è diventato esperto di Toninelli? In che mondo siamo finiti! Io avevo rapporti con lui quando era uno dei soci del Pascolo, un caseificio di Catanzaro (fallito nel 2008, ndr). Nella vicenda Gandalf non c'entro nulla. Gli investigatori mi convocarono per un confronto all'americana a Como con Intrieri e lo svizzero, ma mi presentai solo io». Ritorniamo ai verbali d'interrogatorio. Nel 2005 il pm incalza il manager: «Quindi non è vera quella circostanza che (…) aveva un credito nei confronti di Francesco F.?». Intrieri: «No, tutto quello che ho detto su Francesco F. le altre volte sono tutte cazzate». Pm: «Ma lei si rende conto che una delle esigenze cautelari che mi hanno portato a chiedere la sua cattura è l'inquinamento delle prove? Le si dà la possibilità di difendersi tranquillamente e lei racconta balle al pm mettendo altra carne al fuoco». A questo punto Intrieri ammette che i soldi che aveva incassato non sono serviti per la Aws, ma per appianare un suo debito personale con Banca Intesa e che non ci fu nessun pagamento «estero su estero». Un anno dopo l'indagato è ancora più esplicito. Pm: «Lei mi ha detto nel secondo interrogatorio, quando poi si è illuminato, che questi famosi 429.000 euro in realtà non sono mai giunti nelle tasche di Bryan Johnston (…) Che destinazione ha dato a questi denari?». Intrieri: «Li ho usati per fini miei, ero debitore di Banca Intesa». Pm: «Lei è sicuro di ricordare che i soldi sono serviti per delle sue esigenze?». Intrieri: «Sì, sì assolutamente (…) i soldi agli americani non arrivarono mai». Pm: «Ma lei chiese agli americani di fare delle certificazioni? Delle quietanze?». Intrieri: «Sì, poi le chiesi, secondo me anche sbagliando perché poi io e Laterza litigammo con gran parte del consiglio d'amministrazione, per cui cercai a quel punto, in qualche modo, di mettere a posto la situazione (…) Laterza sapeva che quei soldi li avrei girati agli americani, si fidava di me e sapeva questo». In un altro passaggio, il pubblico ministero chiede in cambio di che cosa Johnston della Aws gli avrebbe fatto avere le certificazioni e Intrieri risponde: «In cambio di nulla, io avevo detto a lui che comunque (…) gli avrei dato dei soldi, poi però non glieli diedi anche perché ci fu l'esposto». Denuncia che innescò l'inchiesta e che venne presentata da un gruppo di azionisti truffati (difesi dagli avvocati Francesco Verri e Vincenzo Cardone). Infine il pm pone il quesito delle cento pistole: «Lei non aveva dunque un rapporto di credito con la Aws?». E Intrieri fa venire giù tutto il castello (di bugie): «No, quella cosa lì me la sono inventata». Quattordici anni e una condanna dopo, la verità sta tornando a galla. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lesperto-di-toninelli-davanti-al-pm-ho-detto-soltanto-delle-cazzate-2605745970.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ponte-morandi-sequestri-a-milano" data-post-id="2605745970" data-published-at="1758066411" data-use-pagination="False"> Ponte Morandi, sequestri a Milano Nel giorno in cui riaprono le scuole Genova si risveglia in un grande ingorgo. Il ponte Morandi che non c'è più complica tutto, il tempo trascorso nel traffico è più che raddoppiato ma la paralisi assoluta è stata scongiurata. Anche perché le famiglie hanno accolto l'appello del Comune a non accompagnare i figli con l'auto. Corriere, treni, metropolitana e scuolabus sono stati potenziati mentre domani aprirà la strada interna all'area delle Acciaierie dove sarà convogliato tutto il traffico pesante diretto in porto. Sgravando così la viabilità ordinaria, soprattutto in vista del Salone Nautico che debutterà dopodomani portando in città migliaia di persone. È una corsa contro il tempo per trovare una soluzione: c'è infatti un'ordinanza che vieta il passaggio ai mezzi superiori a 7,5 tonnellate sul viadotto «in stato di degrado» di via Pionieri e Aviatori d'Italia, che conduce alla via interna all'Ilva. Tuttavia il sindaco, Marco Bucci, ha dichiarato di avere già approntato una viabilità alternativa per consentire l'accesso ai camion. Nello stesso giorno del suono della campanella per 90.000 studenti ci sono però altre notizie sul viadotto del Polcevera, dove il 14 agosto hanno perso la vita 43 persone. La prima riguarda l'inchiesta giudiziaria: ieri la guardia di finanza ha perquisito gli uffici del Politecnico di Milano, del Cesi e la Edin di Roma. Nell'ottobre del 2017 la società Spea, per conto di Autostrade, aveva commissionato al Politecnico lo studio dei piloni 9 e 10 del viadotto. E aveva chiesto il progetto di un sistema di monitoraggio permanente. Ma il gestore rimandò e, forse, se fosse stato installato e gestito, avrebbe consentito di evitare la strage. Le fiamme gialle hanno comunque sequestrato materiale cartaceo e informatico, memorie di 15 telefonini e altrettanti computer (tra le figure di spicco oggetto di sequestri Fabrizio Gatti del Cesi e Carmelo Gentile dell'ateneo milanese). La perquisizione avrebbe lo scopo di verificare quanto finora dichiarato dai testimoni sentiti dalla magistratura, ovvero che «nessuno aveva mai segnalato rischi concreti sulle condizioni della struttura». Altra notizia riguarda invece gli sfollati dalle case che si trovano sotto il ponte e verranno demolite. E che, da domenica sera, sono presidiate dall'esercito per evitare episodi di sciacallaggio. Regione Liguria chiederà ad Autostrade di «quantificare un valore di stima degli immobili che sia almeno il doppio di quello commerciale previsto per la zona interessata». Questa sarà la richiesta del governatore, Giovanni Toti, che dopodomani incontrerà Comune e Società Autostrade per discutere gli indennizzi per i quasi 700 cittadini rimasti senza un tetto. La Regione chiederà inoltre all'amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, di intervenire sulle aziende «direttamente interferite» che dovranno essere delocalizzate perché possano continuare a lavorare. Una nota di speranza viene infine da Andrea Fortunato e Daniela Timoneri, due giovani sfollati da via Porro che ieri si sono comunque voluti sposare. Come ha detto don Stefano Olivastri, che ha officiato la cerimonia, «se c'è l'amore, il futuro non crolla».