Ammettere nell’Unione il Paese aggredito è un gesto di alto valore morale. Tuttavia, con gli Usa in ritirata, il conto lo pagherà l’Ue. Ovvero Italia, Francia e Germania.
Bruxelles ha avviato la pratica per l’ingresso di Kiev tra i 27: un rapporto interno dell’Ue, però, fornisce stime da salasso. A cui vanno aggiunte le enormi somme già spese in aiuti militari e in sussidi stanziati per tamponare la crisi energetica.
Il premier albanese, Edi Rama e Mario Draghi (Ansa)
Il vertice sull’allargamento ai Balcani concede lo status di candidati nell’Ue a Kiev e Moldavia. Il veto bulgaro, dopo la crisi di governo, blocca Skopje e Tirana, su cui pesano la corruzione e la diffusione dei gruppi jihadisti.
Il premier liquida Palazzo Madama con un discorso di 20 minuti. Non parla di missili, ma insiste sull’ingresso del Paese invaso nell’Ue. «Le sanzioni alla Russia funzionano», assicura. Poi promette che cercherà la pace, «purché sia concordata con Kiev».
Nonostante gli avvertimenti sul delicato passaggio del premier in Senato di oggi, il Movimento si limita a chiedere un coinvolgimento maggiore delle Camere. E rinuncia a una risoluzione separata. Inutile il pressing nella maggioranza, l’unica sponda è quella di Leu. Intanto secondo un sondaggio di Termometro politico, il 51% degli italiani interpellati sull’eventualità di un nuovo incarico come premier per Mario Draghi, hanno risposto in modo assolutamente negativo.
Carlo Bonomi dal presidente ucraino. Charles Michel invita i leader ad aprire le porte dell’Ue a Kiev.