2022-06-24
L’Europa dà il contentino all’Ucraina ma s’incaglia su Albania e Macedonia
Il premier albanese, Edi Rama e Mario Draghi (Ansa)
Il vertice sull’allargamento ai Balcani concede lo status di candidati nell’Ue a Kiev e Moldavia. Il veto bulgaro, dopo la crisi di governo, blocca Skopje e Tirana, su cui pesano la corruzione e la diffusione dei gruppi jihadisti.Ieri il Parlamento europeo ha approvato con 529 a favore 45 contrari e 14 astenuti la relazione nella quale si chiedeva di concedere immediatamente lo status di Paese candidato Unione europea (Ue) all’Ucraina e alla Moldavia, mentre per quanto riguarda la Georgia si indica la volontà di concedere lo status «una volta completate le riforme necessarie». Nel documento i deputati ritengono che «nel contesto della brutale guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, tale scelta sarebbe prova di leadership, determinazione e lungimiranza» anche se viene specificato che «non esiste una procedura accelerata per l’adesione all’Ue e che questa rimane un processo strutturato e basato sul merito». Andriy Yermak, capo dell’amministrazione presidenziale ucraina ha così commentato: «L’obiettivo chiaro è la piena adesione all’Ue», tuttavia, questo non è che il primo passo di un percorso, lungo, complicato e pieno di insidie che il governo di Kiev dovrà fare in termini di riforme, con una particolare attenzione al tema della corruzione. L’accelerazione con la quale Bruxelles ha portato avanti la richiesta di adesione di Ucraina e Moldavia all’Ue ha creato una frattura con Albania, Macedonia del Nord e Serbia, che da anni sono in attesa di essere prese in considerazione. Tra i più arrabbiati c’è il presidente serbo Aleksander Vučić, molto vicino a Mosca e in ottimi rapporti con Pechino, che già il 22 giugno, sentita l’aria che tirava, aveva dichiarato che per protesta, insieme ai suoi omologhi albanesi e macedoni del Nord, non avrebbe preso parte all’incontro con i capi di Stato e di governo dell’Ue. Se per Ucraina e Moldavia si apre la porta di un possibile ingresso nell’Ue, per Serbia, Albania e Macedonia del Nord nemmeno stavolta c’è stato il via libera, a causa della Bulgaria, che blocca l’avvio dei negoziati di adesione di Albania e Macedonia del Nord per delle controversie linguistiche, storiche e culturali con Skopje, mentre Tirana, nello stesso pacchetto della Macedonia del Nord, ne segue l’iter burocratico.Al termine del summit sui Balcani occidentali di ieri, il premier albanese, Edi Rama, è esploso: «È una vergogna che un Paese Nato, la Bulgaria, prenda in ostaggio altri due Paesi Nato, la Nord Macedonia e l’Albania, nel pieno di una guerra nel nostro cortile di casa e che altri 26 Paesi restano fermi e impotenti»; poi Rama ha continuato come un fiume in piena: «Non cambiamo la rotta, costruire l’Europa in casa nostra, perché non c’è altra opzione al percorso d’integrazione. È cosa buona dare lo status di candidato all’Ucraina ma spero che il popolo ucraino non si faccia troppe illusioni. È un nuovo giorno in Europa ma non in Bulgaria! Che vergogna per l’Europa questa vicenda bulgara!». Furibondo anche il premier della Macedonia del Nord, Dimitar Kovacevskis, che ha ricordato che la Macedonia del Nord «è candidata da quasi 18 anni. Abbiamo firmato l’accordo di associazione 21 anni fa. Nel marzo 2020 il Consiglio europeo ha deciso per l’avvio incondizionato dei negoziati tra la Macedonia del Nord e l’Unione europea. Ma siamo qui e i negoziati non sono ancora partiti. Ciò che succede ora è un problema serio per la credibilità dell’Ue. Stiamo perdendo tempo prezioso che non abbiamo a disposizione. Non dobbiamo permettere che problemi bilaterali diventi multilaterali». Per l’Alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell, quanto accaduto ieri «è un problema che dovremo cercare di risolvere e questo mostra che l’unanimità è un problema, non si può andare avanti con un Paese che blocca tutto. Oggi non è una bella giornata». Tra coloro che però non sono dispiaciuti di quanto accaduto ieri ci sono le agenzie di intelligence europee che guardano con preoccupazione all’ingresso nell’Ue di Macedonia del Nord e Albania, che al pari di altri Paesi balcanici, si confrontano con la progressiva islamizzazione della società e i fenomeni jihadisti a essi collegata, senza contare le problematiche legate alle organizzazioni criminali. Se albanesi e macedoni piangono, a Sofia le cose non vanno molto bene, visto che il governo del primo ministro Kiril Petkov, alla vigilia del vertice di Bruxelles, non è sopravvissuto al voto di sfiducia richiesto dall’opposizione, che è passato con 123 voti a favore e 116 contrari. L’operazione contro l’esecutivo porta la firma del partito politico dell’ex premier, Boyko Borisov, che accusa l’ormai ex premier «di aver fatto fallire la politica finanziaria nazionale». Petkov, liberale e filoccidentale, leader del partito Continuiamo il cambiamento, che sognava di ripulire la Bulgaria dalla dilagante corruzione, dopo il voto di sfiducia ha accusato le opposizioni di aver giocato di sponda con gli interessi russi nel Paese: «Non riusciranno a prendersi il Paese, un giorno avremo una Bulgaria senza accordi illeciti e senza mafie, e sarà un paese europeo di successo» e ha fatto intendere che un ruolo in questa vicenda lo abbia giocato anche l’ambasciatrice della Russia a Sofia, Eleonora Mitrofanova. Il voto di sfiducia è arrivato dopo settimane di tensione creata dalle manifestazioni di piazza dei sostenitori del governo e di quelli delle opposizioni, un clima che ha richiesto la presenza massiccia di reparti di polizia in assetto antisommossa. Ora, se non si riuscirà a creare una nuova maggioranza, la Bulgaria andrà a nuove elezioni anticipate, con Vladimir Putin spettatore non certo disinteressato.
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 12 settembre 2025. Il capogruppo del M5s in commissione Difesa, Marco Pellegrini, ci parla degli ultimi sviluppi delle guerre in corso a Gaza e in Ucraina.