2022-06-22
Draghi tira dritto sulle armi all’Ucraina
Mario Draghi e Volodymyr Zelensky (Ansa)
Il premier liquida Palazzo Madama con un discorso di 20 minuti. Non parla di missili, ma insiste sull’ingresso del Paese invaso nell’Ue. «Le sanzioni alla Russia funzionano», assicura. Poi promette che cercherà la pace, «purché sia concordata con Kiev».La testa al conflitto in Ucraina, certo, ma un occhio anche alla legislatura. Mario Draghi fa il suo ingresso a Palazzo Madama circondato dai cronisti che gli chiedono un parere sull’estenuante balletto sulla risoluzione di maggioranza. Nel suo stile, simula distacco con un «non so, vediamo», ma quando prenderà la parola nell’emiciclo e la terrà per una ventina di minuti, farà attenzione ad assecondare il teatrino di un M5s che negli stessi istanti prendeva atto della scissione di Luigi Di Maio e del definitivo sventramento dei gruppi parlamentari, oltre che del Movimento stesso. È stato, per la verità, un Draghi cauto ma non ecumenico, quello che ha inaugurato la due giorni parlamentare che lo vede impegnato nelle comunicazioni alle Camere sull’evoluzione della guerra e sulla linea del nostro Paese in vista dell’imminente Consiglio Ue. Questo atteggiamento prudente, benché il rischio reale dell’incidente in Aula fosse minimo, se non altro ha ottenuto l’obiettivo di non introdurre ulteriori tossine nella maggioranza che lo sostiene, divisa più che mai su una serie di dossier che presto dovranno affrontare il vaglio parlamentare. Però, sul fatto che decide lui come procedere e cosa dire nei consessi internazionali, al netto di qualche parola a effetto, non ha certo derogato, e lo si è capito dal reiterato riferimento al decreto Ucraina, quello che a suo avviso gli ha fornito la delega a inizio guerra. Non può essere un caso che il premier abbia distribuito con generosità i termini «pace» e «Parlamento», mentre non sono mai state pronunciate le parole «armi», «militare» e «Nato», nemmeno quando ha parlato di sostegno al popolo ucraino, anche perché da Leu e dai grillini, i più riottosi a firmare la prima bozza della risoluzione fin da lunedì, era arrivata la richiesta di ascoltare le parole di Draghi in Aula prima di prendere ogni decisione. Si può dire, dunque, che il discorso dell’ex numero uno della Bce sia stato morbido nella forma ma fermo nella sostanza, a partire dall’incipit in cui ha prima chiarito che «il governo italiano intende continuare a sostenere l’Ucraina», per poi aggiungere che ciò avverrà «così come questo Parlamento ci ha dato mandato di fare». Un enunciato che apparentemente tiene conto delle insistenze pentastellate per un riconoscimento, da parte di Palazzo Chigi, del ruolo del Parlamento prima delle decisioni più importanti ma che in realtà guarda al già citato dl Ucraina.«A Kiev», ha detto Draghi, «ho visto da vicino le devastazioni della guerra e constatato la determinazione degli ucraini nel difendere il loro Paese. Ci avviciniamo al quarto mese dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina e Mosca continua ad aggredire militarmente nel tentativo di espandere il controllo sul territorio e rafforzare la propria posizione. Al 20 giugno», ha aggiunto, «sono 4.569 civili morti, 5.691 quelli feriti secondo le nazioni unite. Ma il numero reale probabilmente è molto, molto più alto. Continueremo a cercare la pace, una pace concordata e non solo subita». Una pace, ha però ribadito Draghi, che dovrà essere quella che gli ucraini riterranno giusta. «Solo una pace concordata e non subita», ha spiegato, «può essere davvero duratura. La strategia dell’Italia si muove su due fronti: sosteniamo l’Ucraina», incluso il suo ingresso nell’Ue, «e le sanzioni alla Russia affinché Mosca accetti di sedersi al tavolo». Proprio sulle sanzioni, il premier ha voluto insistere per smentire quanti - anche dentro la maggioranza - nutrono più di un dubbio sulla loro efficacia: «Le sanzioni funzionano, l’Fmi prevede che inciderà per 8,5 punti di Pil sull’economia russa. Il tempo ha rivelato che queste misure sono sempre più efficaci. Ma i nostri canali di dialogo rimangono aperti, non smetteremo di cercare la pace, nei termini che sceglierà l’Ucraina. Anche dei miei colloqui col presidente Putin», ha aggiunto, «ho più volte ribadito la necessità di porre fine all’aggressione e parlare di pace, di definirne concretamente i termini e i tempi».Sulle conseguenze economiche, sia globali sia nazionali, della guerra, Draghi si è soffermato quando ha sottolineato che «il conflitto in atto ha causato una crisi umanitaria di dimensione straordinaria», che ha messo «a rischio le forniture di grano nei Paesi più poveri». «Nei porti ucraini sono bloccati milioni di tonnellate del raccolto precedente», ed è per questo che occorre «liberare le scorte che sono in magazzino per sbloccare le forniture e fare spazio al nuovo raccolto che arriverà a settembre». «Nell’immediato dobbiamo realizzare lo sminamento dei porti e garantire l’uscita in sicurezza delle navi, ma dopo vari tentativi falliti», ha osservato, «non vedo alternativa all’adozione di una risoluzione delle Nazioni Unite dove l’Onu garantisce l’operazione sotto la sua egida». La situazione è preoccupante anche dal punto di vista energetico, poiché «negli ultimi giorni la Russia ha ridotto le forniture di gas». Ma secondo il presidente del Consiglio, «già dall’anno prossimo potremmo ridurre la dipendenza dal gas russo». Nella fase contingente, però, occorre introdurre un tetto al prezzo del gas, una misura «diventata ancora più urgente alla luce della riduzione delle forniture da parte di Mosca, con le difficoltà dell’Europa che aumentano vertiginosamente». Concludendo il suo intervento, Draghi si è ricollegato all’inizio dello stesso, affermando che «ricercare la pace, superare la crisi è il mandato ricevuto dal Parlamento, da voi: questa è la guida della nostra azione». Infine, nella brevissima replica ha voluto ringraziare i senatori: «L’unità è essenziale in questi momenti le decisioni che si devono prendere sono molto complesse, profonde, che hanno risvolti anche morali. Per cui avere il sostegno del Senato nel prendere queste decisioni è molto, molto importante per me.
Francesca Albanese (Ansa)
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