2024-10-04
Finalmente c’è chi si sveglia dalla sbornia sul green e sui soldi infiniti all’Ucraina
Gli industriali teutonici e il governo francese silurano le favolette di Bruxelles. I conti in rosso sono la realtà, non l’ideologia ambientalista o una causa ormai quasi persa.L’Europa s’è desta e inizia a capire che, dopo anni di sbornia green, l’unica cosa certa è che di questo passo rimarrà al verde. E anche sulla guerra in Ucraina, dopo anni di dichiarazioni bellicose, comincia ad aprire occhi e chiudere il borsellino. È un risveglio leggero, appena accennato, che al momento non coinvolge Bruxelles e gli occhiuti euroburocrati che vigilano sul rispetto di norme che da anni complicano la vita ai cittadini. Ma anche senza che a riscuotersi dal torpore siano funzionari preposti al rispetto dell’ideologia ambientalista o devoti al sostegno di quella che sembra sempre di più una causa persa, le voci di chi invita a guardare in faccia la realtà sono sempre di più.Tanto per cominciare, a Berlino l’associazione degli industriali tedeschi ha presentato il suo «piano Draghi», mettendo a fuoco quali sono le principali sfide che la Germania ha davanti a sé. Dopo anni di rigore e di politiche green, gli imprenditori spiegano alla politica e soprattutto al governo semaforo di Olaf Scholz che, senza un’inversione di rotta, il Paese rischia la deindustrializzazione, con una generale moria o fuga di imprese. Il 20% del valore aggiunto industriale tedesco sarebbe a rischio. E il motivo principale, secondo l’equivalente tedesco della Confindustria, è che l’energia in Germania costa troppo e ostacola la competitività. Sono lontani i bei tempi in cui, grazie a Gerhard Schröder e per effetto delle aperture di Angela Merkel, Berlino poteva beneficiare di gas a basso prezzo per far funzionare le proprie fabbriche. Oggi anche quella che era considerata la locomotiva d’Europa deve fare i conti con gli effetti delle sanzioni contro la Russia. Dunque, secondo lo studio degli industriali (elaborato con la collaborazione di Boston consulting) servono più di 400 miliardi di euro per permettere al Paese di abbassare il costo dell’energia.Una cifra monstre, cui dovrebbero però esserne aggiunte altre se si vuole evitare il declino della Germania. Nella lista della spesa ci sono 164 miliardi per le infrastrutture, 93 miliardi per la digitalizzazione del Paese, 173 miliardi per sostenere la domanda di prodotto green – che altrimenti nessuno acquisterebbe –, 130 miliardi per la ricerca e lo sviluppo, 112 per sussidi e incentivi, in gran parte destinati all’auto elettrica. In altre parole, bisogna mettere sul tavolo più di mille miliardi di euro se si vuole evitare che la barca tedesca, ma soprattutto la sua industria, affondi. Di questi, una parte potrebbero essere fondi privati, ma i restanti li dovrebbe mettere la mano pubblica. E qui viene il bello, perché per reperire le risorse, anche l’austera Germania dovrebbe aumentare il deficit pubblico, mandando in pensione i rigorosissimi parametri che da anni costringono in Paesi che fanno parte della Ue a tirare la cinghia. Insomma, il prezzo da pagare per mantenere in vita l’industria teutonica è, secondo l’associazione delle aziende tedesche, la morte dei parametri di Maastricht. Il dossier degli imprenditori è di fatto un appello a pensionare gli ultimi vent’anni di regole europee pena, se non fosse raccolto, il declino industriale del Paese e più in generale dell’Europa.Ad aprire gli occhi non sono però solo le imprese di Berlino, ma anche a Parigi qualcuno si risveglia dal torpore di questi anni. Il nuovo governo, mentre sta predisponendo una manovra lacrime e sangue allo scopo di risollevare le condizioni di finanza pubblica, ha anche dato un colpo di freno all’uso dei fondi europei a favore dell’Ucraina. Ovviamente, non è in discussione il sostegno a Kiev, che anche i francesi continuano a ripetere come se fosse un mantra. Però, prima di aprire il portafogli a quanto pare Michel Barnier vuole vederci chiaro. Dunque, alla volta di Bruxelles è partito un messaggio chiaro, che punta a limitare la libertà di manovra della Commissione europea.Insomma, basta spese al buio e bonifici senza rendiconto. Durante il meeting diplomatico di questa settimana, la Francia avrebbe richiesto maggiori controlli sulla distribuzione di 35 miliardi che dovevano essere erogati nelle prossime settimane. Detta in altre parole, con Volodymyr Zelensky ogni volta sono baci e abbracci ma, soprattutto, soldi e in un Paese in crisi come la Francia si comincia a pensare che è finito il tempo delle spese. Se i soldi ci sono, ora vanno destinati ai francesi e non per comprare armi. Per Emmanuel Macron, che pensava di incoronarsi imperatore d’Europa per gli importanti meriti ottenuti come statista, è la fine di un sogno. Per l’Ucraina (ma anche per i Paesi Ue) un brusco risveglio.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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