2023-02-17
Uno spazzacamino, l’ex presidente, Macbeth: ogni Paese ha il suo venerdì 17
Oggi è il giorno che, in Italia, porta tradizionalmente sfortuna. Ma le superstizioni nel mondo sono infinite. Così come i rimedi.Un numero romano, le lettere lette sulla base di un anagramma, la paura che possano farsi ancor più minacciose se riferite al giorno della settimana in cui morì Gesù. Venerdì 17 non è un giorno qualsiasi, non in Italia. È un presagio funesto, qui, il giorno da temere di quel timore che non è razionalità, ma agitazione antica. «Vixi», tuona il numero, così come l’avrebbero scritto i romani. «Sono vissuto». «Sono morto», perciò. E il venerdì, poi, il giorno che le Sacre Scritture dicono aver decretato la morte di Gesù. Venerdì 17 è la sfortuna fatta a calendario, è malaugurio e superstizione. Lo è in Italia, perché altrove sono spazzacamini e cuscini e letti disposti a Nord, vecchi presidenti e numeri letti con la pronuncia sbagliata ad evocare la cattiva sorte. In Portogallo, si dice sia sufficiente fare qualche passo all’indietro, camminare così come fanno i gamberi, per incappare nelle trame del Maligno. Satana ha infinite capacità e basta poco perché percepisca la strada di chi si muova a ritroso, perché la veda e decida di disseminarvi i propri ostacoli. Camminare all’indietro, fosse anche per cedere qualche centimetro di un vagone affollato ad un altro passeggero, significa morte, in Portogallo. A Cuba, è la dicitura «L’ultimo» a fare altrettanto. Interrompere una serata con un morigerato «Questo è l’ultimo» («El ultimo», in spagnolo), darsi un rigore o imporsi di rinunciare a qualcosa, per i cubani equivale a sfidare la sorte: una provocazione cui le stelle e il destino potrebbero reagire menando morte e sfortune. Le stesse che, in Argentina, vengono evocate dal nome di Carlos Menem. Il politico, presidente dell’Argentina per due mandati, dall’8 luglio 1989 al 10 dicembre 1999, è diventato sinonimo di fallimenti e tragedie. Troppa corruzione, nel corso della sua presidenza, troppa disoccupazione, una forbice sempre più ampia tra la minoranza ricca e la maggioranza povera del Paese, un debito estero in crescita, tassi di interesse fuori scala. Carlos Menem, in Argentina, è diventato un porta-sfortuna ed è sufficiente nominarlo perché la malasorte torni a colpire. Toccare ferro, o parti private del proprio corpo, può essere d’antidoto a Menem e a chi ne senta pronunciare il nome. Ma la reazione deve essere subitanea, come subitanea in Romania deve essere la risposta di chi vede uno spazzacamino. Lo spazzacamino è una figura ormai anacronistica. Non c’è più nessuno che lavori come spazzacamino. Eppure, in Romania si dice che vederne uno possa portare fortuna. Possa, però. Perché la «magia» può compiersi solo a patto che chi avvista uno spazzacamino si deve affrettare a toccare un bottone. Uno qualsiasi. Non toccarlo è presagio orrendo. Sfortune, piccole tragedie, grandi rogne. La mancata reazione, in Romania, equivale alla distrazione che, in Cina, può verificarsi al momento del pasto. Diverse superstizioni riempiono la tavola dei cinesi. Si dice, infatti, che le bacchette possano essere presagio di morte. Possono esserlo se incrociate accanto al piatto. Possono esserlo se infilate in verticale all’interno di una ciotola di riso colloso. Allora, le bacchette, che incrociandosi formerebbero una X, simbolo della dipartita, sarebbero foriere di un ricordo macabro: l’incenso, dritto e sottile, bruciato per accompagnare la morte di un parente. Ed è anche il 4, in Cina, ad evocare la morte. La pronuncia di quel numero considerato disgraziato è simile, troppo, alla pronuncia usare per indicare l’estremo addio. «Molte società hanno sviluppato, nei secoli, un proprio inventario di superstizioni, la cui analisi può rivelare aspetti interessanti della loro storia», ha provato a spiegare Gianluca Pedrotti, principal learning content editor di Babbel, piattaforma dedicata allo studio delle lingue. «Lo studio di alcuni gesti scaramantici e formule propiziatorie, ad esempio, può rivelare la presenza di stratificazioni culturali altrimenti difficilmente percepibili: emergono, così, paure, nemici e visioni del mondo vari e diversificati», ha detto ancora Pedrotti, che con Babbel ha elencato altre superstizioni, altre dicerie. È «Bloody Mary», non Maria I Tudor, ma uno spirito maligno, a portare sfortuna in Inghilterra, dove è bene non ripetere quel nome davanti ad uno specchio, come è bene evitare di pronunciare «Macbeth» all’interno di un teatro. Orrori e fallimenti si abbatterebbero su chi dovesse dimenticarsene, sbadato nel modo pericoloso in cui nelle Filippine potrebbe essere chi si trovasse ad attraversare un cimitero senza scusarsi con le lapidi. «Tabi tabi po», «Mi scusi», deve dire chi passi attraverso un luogo che possa essere considerato infestato. Così e così soltanto, potrebbe placare gli spiriti e assicurarsi che questi non lo inseguano né tormentino. «Imparare a conoscere» queste superstizioni «permette, a chi si avvicina a lingue e culture diverse dalla propria, di evitare spiacevoli fraintendimenti, favorendo così la comprensione reciproca», ha detto ancora Pedrotti, raccontando di usanze vicine e di altre lontane. Se in Italia si usa incrociare le dita per propiziare buona fortuna, un gesto che deriva dal passato, dall’epoca in cui i cristiani perseguitati cercavano di ricreare con il proprio corpo la croce di Gesù, in Germania è necessario, invece, chiudere le mani a pugno e nascondere il pollice, in Svezia toccare legno. Sempre, di più quando ci si è appena persi in un auto-elogio. «Peppar, peppar, tra i trä», sarebbe bene recitare per scongiurare eventuali ritorsioni del destino, «Pepe, pepe, tocca legno».
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo