2025-10-15
Danni da vaccino, ministero punito
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Mentre Lopalco elogia l’operato suo e del governo durante la pandemia, il tribunale di Asti dispone un indennizzo a una donna colpita da mielite trasversa dopo l’anti Covid.A dispetto degli sterili «Rapporti sulla sorveglianza dei vaccini Covid-19» prodotti dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), i vaccini anti Covid hanno cambiato la vita, in negativo, a tanti cittadini sani. È il caso di una donna di 52 anni cui il Tribunale civile di Asti ha riconosciuto con sentenza di primo grado «il nesso di causa» tra la vaccinazione anti Covid e un grave danno neurologico che ha impedito per sempre alla donna di camminare. Il ministero della Salute - che in sede amministrativa aveva respinto la domanda di indennizzo - è stato condannato al riconoscimento della correlazione. Per carità, si tratta di un indennizzo di circa 3.000 euro al mese e non di un risarcimento (che presuppone un dolo), ma la sentenza apre forse uno spiraglio alle 593 (dati Aifa) persone colpite, come la donna, da mielite trasversa dopo la vaccinazione anti Covid e con la vita irrimediabilmente distrutta. Tragedie di vita che forse non sono mai giunte alle orecchie dell’esimio professor Pier Luigi Lopalco, ordinario di Igiene presso l’Università del Salento, che durante l’audizione in commissione Covid, discettando di «echo-chambers» e comunicazione pandemica, ha trovato perfino il modo di sentenziare che l’Italia si è comportata, a livello di servizio sanitario, meglio del Regno Unito, ma tant’è. Un’audizione spettacolare, va detto, nel senso che quello di Lopalco è stato un vero e proprio show conclusosi con il massimo gradimento dell’audito: «Audizione piacevolissima», ha chiosato. In effetti, le opposizioni non hanno serbato per l’ex consulente del governatore pugliese Michele Emiliano esattamente la stessa accoglienza riservata alla professoressa Maria Rita Gismondo, ascoltata immediatamente prima di lui. Anzi, il puntuto alter ego di Giuseppe Conte in commissione Covid, l’avvocato Alfonso Colucci, deputato dei 5 stelle, ha lasciato che il professore si rilassasse prodigandosi in domande decisamente scomode come «mi può illustrare il meccanismo dell’algoritmo che regola la valutazione del rischio di trasmissione del virus?». Per Lopalco, un invito a nozze: il professore dapprima ha potuto precisare che la campagna vaccinale contro l’influenza è stata un fallimento perché, per rassicurare la popolazione, si è tolto lo stimolo a vaccinarsi: «Se il governo comunica che l’influenza è una “normale influenza”, chi si vaccina più contro l’influenza?» (ergo, bisogna spaventare la popolazione, ndr). Poi ha scaricato su Emiliano tutte le responsabilità: «In Puglia avete avuto pressioni?», gli ha chiesto l’ineffabile Colucci. «Emiliano non ha mai fatto pressioni, anche perché le decisioni poi le prendeva lui. Lui era il commissario, lui era l’assessore alla Sanità, lui era il presidente. Decideva lui, quindi pressioni non ce ne sono mai state». E ti credo. In Puglia, poi, sono stati talmente bravi che «la gente ancora mi ferma per strada per ringraziarmi e dirmi che quando parlavo in pandemia trasmettevo serenità». Eppure, si tratta dello stesso Lopalco che promosse convintamente la chiusura delle scuole in Puglia - dove sostanzialmente gli studenti di alcuni cicli non sono mai tornati in presenza - registrando, sono numeri ufficiali Unesco, uno dei dati peggiori in Europa: peccato che nessuno glielo abbia ricordato. «A chi affiderebbe la comunicazione istituzionale?». «Anche a un antropologo: in Svezia la pandemia ha colpito molto la comunità somala perché ebbe un atteggiamento troppo liberale verso il lockdown», è stata la surreale risposta del prof pugliese. Ma come: le autorità svedesi non erano state criticate perché a tutti, e non solo «ai somali», era stato consentito di circolare? Ad ogni modo, l’abbiamo scampata bella: «Dovessero metter su un altro comitato tecnico scientifico, se mi chiamassero, io non ci andrei», ha rassicurato Lopalco, perché si dovrebbero fare valutazioni libere e «nel momento in cui si mette in mezzo la magistratura, nessuno si sentirebbe libero di dire quello che è andato male, perché significherebbe automaticamente accusare colleghi». Con buona pace dell’accountability.
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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