2023-06-15
La superiorità morale inventata per odiarlo
La sinistra detestava il Cav non perché ricco e potente ma perché lo riteneva inferiore. Poi questo disprezzo si è evoluto ed è toccato prima ai suoi successori, poi ai «populisti». E un filo rosso lo lega al rancore riservato a no vax, putiniani e «negazionisti» climatici.C’è un aspetto della articolata e complessa eredità che Silvio Berlusconi e il berlusconismo lasciano all’Italia meritevole di una profonda riflessione. Che nei confronti dell’uomo di Arcore si sia scatenato, nel corso degli anni, un odio feroce - di cui ancora, in queste ore, vediamo plurime manifestazioni - è piuttosto evidente e in fondo persino normale. I personaggi della politica suscitano da sempre passioni tumultuose e più sono imponenti più scaldano gli animi. Dunque, la costruzione del nemico non nasce certo con Silvio (il quale, pure, ne ha fatto largo uso), e nemmeno principia con lui - come qualcuno ha scritto - la stagione dell’odio politico, che aveva già abbondantemente avvelenato il secondo Dopoguerra negli anni della tensione.Con Berlusconi esplode un ordigno diverso. Parliamo di qualcosa che va oltre la valutazione politica del Cavaliere, qualcosa che, in fondo, prescinde dalle inchieste giudiziarie, dall’opinione sulla sua proposta ideologica e di costume. Si trattava, a ben vedere, di un sentimento prepolitico, che sarebbe probabilmente esistito anche se Silvio non avesse organizzato mezza cena elegante e non avesse subito mezzo processo. C’era, nei sui riguardi, una sorta di disprezzo antropologico che, a cascata, ricadeva sui suoi elettori o simpatizzanti. Un disprezzo alimentato, ripetiamo, più dai sorrisi e dalle barzellette che dalle vicende giudiziarie o dalle scelte di governo.Se la questione morale è esistita ben prima del Cav, con lui è deflagrata la superiorità morale della sinistra e persino di una certa fetta della cosiddetta destra, quella che si presentava come «buona» proprio per distinguersi al rialzo e che Gianfranco Fini tentò di trasformare in bacino politico (con il successo noto: inesistente). Berlusconi fu indicato come il corrotto e il corruttore, dunque tutto ciò che da lui promanava non poteva che essere marcio. La cultura che emergeva dal suo schieramento politico era considerata una «sottocultura», motivo per cui il centrodestra doveva per forza essere composto da sottouomini. Chi votata a destra, di conseguenza, non poteva che essere scemo (così proclamò Andrea Camilleri, nientemeno) o ignorante o cattivo.Intendiamoci: qui non stiamo vagheggiando un rispetto dell’avversario che, in realtà, non è mai esistito e certo non stiamo suggerendo che non si potesse pensar male del Cavaliere e del suo universo. Ma in quegli anni non si è trattato soltanto di opposizione particolarmente dura o di una ostilità più o meno violenta nei riguardi di un potente. Se così fosse, non ci sarebbe nulla da recriminare perché l’opposizione al potere in una democrazia dev’essere sempre concessa.No, c’è stato di più, c’è stato altro. Berlusconi non è stato odiato perché più ricco o più potente ma, anzi, perché inferiore. E quell’odio univa una parte del popolo della sinistra ai salotti in cui si accomodavano i cosiddetti «poteri forti». Silvio era troppo popolare, troppo terra terra, «parlava alla pancia», era disgustoso perché infimo. La sua figura riuscì a federare pure forme diverse di astio: quello antico contro la destra e, più in generale, contro il «fascista» quale archetipo mostruoso; quello contro i borghesi che aveva già arroventato gli anni di piombo; quello contro il popolino, a cui lui di certo sapeva parlare e di cui - piaccia o non piaccia - per un periodo ha saputo interpretare le istanze, avvicinandosi al proletariato più di quanto abbia saputo fare il post comunismo italico.La superiorità morale manifestatasi in quel periodo non si è più tolta di mezzo: si è semplicemente evoluta. A un certo punto ha addirittura smesso di concentrarsi su Berlusconi e si è estesa ai suoi successori politici, rispetto ai quali, addirittura, Silvio veniva presentato come «uno statista». Il disprezzo antiberlusconiano è divenuto disprezzo per i «populisti» e, in certi frangenti, ha toccato persino i Cinque stelle che sull’antiberlusconismo avevano edificato una specie di religione.In seguito, all’emergere di una destra di sicuro più educata e meno sguaiata di quella allevata dal Pdl, l’astio si è concentrato sui soliti vecchi fascisti, ma era solo l’ennesima variante del medesimo sentimento che ci ha accompagnato dal 1994 in poi.Non è una forzatura affermare che tra l’odio verso i berlusconiani e quello esibito nei riguardi dei no vax o dei putiniani o dei cosiddetti negazionisti climatici esiste un legame fortissimo. C’è un filo rosso che li mette in relazione ed è certo un paradosso che Forza Italia, dimentica del passato, si sia messa qualche tempo fa a capo del fronte inquisitorio che perseguiva i non inoculati.Ne siamo ben consapevoli: superficialmente, le ragioni dell’avversione per i non vaccinati sembrano radicalmente diversi da quelle su cui si fondava l’avversione per gli elettori del centrodestra. Ma è sufficiente scavare appena per comprendere che, in realtà, le accuse erano più o meno le stesse: ignoranti, stupidi, manipolati, inferiori. Forse, più di tutto, ciò che infastidiva del Cavaliere era proprio la sua capacità di intercettare gli umori della nazione, di esserle più connesso di quanto i suoi avversari non saranno mai disposti ad ammettere. Inutile negarlo: in qualche caso egli ne ha assecondato gli istinti deteriori, ne ha sfruttato i lati meno nobili e più oscuri e non sempre ha agito a beneficio del popolo. Però lo stesso si potrebbe dire di molti altri leader di ogni orientamento i quali, però, non sono stati altrettanto intimi con la carne della nazione.Emblematica, a tale proposito, è stata la fase ultima del berlusconismo. Il Cavaliere non è stato sconfitto alle elezioni, non subito almeno. È stato tolto di mezzo da un colpo di mano e sostituito da un rappresentante dei presunti superiori, cioè Mario Monti. Al quale immediatamente sono arrivati gli applausi della sinistra, dei salotti, dei circoli ristretti e pure della «destra buona» di cui sopra. L’ordine era stato in qualche modo ristabilito: l’aristocrazia era tornata al comando. Veniva eliminato un uomo ricco e potente ma «antropologicamente diverso» e, perciò, inaccettabile. Può darsi che lui, a differenza di altri su cui la scure si è abbattuta dopo, non fosse una vittima del tutto innocente. Ma il siluramento del Cav non si è basato sulle sue colpe (reali e immaginarie).Egli è stato, per un po’, il simbolo di un’Italia che andava rimessa in riga, rieducata, resa più obbediente. Un’Italia che qualcuno riteneva essere moralmente inferiore, a prescindere dall’orientamento politico. Un’Italia che esiste ancora e che forse non ha mai votato o amato Berlusconi, ma in larga parte ne ha condiviso la sorte amara.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)